Rêverie, House/Battlestar Galactica...

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MelissaJo
view post Posted on 8/1/2007, 10:01




Brava Jade! continua.
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 11/1/2007, 13:16




Ciao Meli! Torna che ci manchi!

Il sorriso di tutti svanì in fretta come era apparso, non appena House venne dimesso e poté tornare al lavoro. Sebbene il dolore alla gamba fosse scomparso quasi del tutto, rimaneva lo stesso odioso misantropo bastardo di sempre. La ragione? Stava cercando di capire cosa avesse scatenato quella sequenza di sogni assurdi mentre era in coma. Potevano dipendere dalla ketamina, erano abbastanza confusi e insensati per esserlo, eppure aveva l’impressione che ci fosse qualcosa che ancora non afferrava. Come non afferrava il comportamento di Cameron e Wilson.
Wilson ultimamente parlava spesso a quattr’occhi con Cameron, e se questo gli sembrava strano, quando sentì distintamente i due usare i rispettivi nomi di battesimo decise che c’era qualcosa che non andava… altrimenti detto, qualcosa che non sapeva e che voleva dannatamente sapere.
Così, un giorno, decise di chiedere loro che diavolo stesse succedendo, usando le seguenti parole: ‘Per gli dei di Kobol, si può sapere che diavolo sta succedendo?’.
Cameron e Wilson lo squadrarono con l’aria più allibita possibile, lanciandosi una rapida occhiata che sicuramente pensavano lui non avesse visto, e dopo averlo distratto con una scusa avevano girato i tacchi e se l’erano svignata di corsa. Da quel momento in poi, non era più riuscito a beccarli da soli o in coppia.
Avrebbe voluto dire che questa fosse l’unica scocciatura che aveva, ma sfortunatamente tale ruolo era ancora ricoperto in modo eccelso dalla dottoressa Cuddy, che gli aveva imposto un programma di fisioterapia piuttosto serrato e una nuova fisioterapista che a quanto aveva sentito era tanto bella quanto sadica. Sapeva anche che, come lui, era stata scelta personalmente da Cuddy, zittendo il consiglio d’amministrazione con un curriculum di tutto rispetto.
A questo punto, mancava solo che si incontrassero. Ma se dipendeva da House, non si sarebbero incontrati mai. Fortunatamente invece dipendeva da Cuddy, quindi le presentazioni avvennero nel suo ufficio il giorno dopo la comunicazione che doveva fare fisioterapia, e dopo averlo attirato lì con l’unica esca che funzionava con lui, ovvero uno sconto sugli orari di clinica.
House era combattuto: se da un lato sospettava che fosse una trappola, dall’altro sapeva a cos’era disposta Cuddy per di vederlo a fare il suo lavoro in quel circo a tre piste che era l’ambulatorio del Princeton-Plainsboro.
E in presenza di certezze, i sospetti andavano in secondo piano… decise di tenere la guardia alta, e andò verso l’ufficio di Cuddy. Che non era lì, a sentire la sua nuova segretaria, che lo spedì nella sala adibita alla fisioterapia.
Si era preparato una battuta d’entrata fulminante per mettere subito a posto la fisioterapista, ma quando la vide in faccia rimase semplicemente basito. Di fronte a lei, in carne, ossa, e impeccabile tuta nera, c’era Numero Sei. Dopo aver speso giornate a convincersi che quella era la realtà… possibile che avesse preso una cantonata del genere?
“House, stai bene?” domandò Cuddy, vedendolo nel panico.
House aprì la bocca per parlare, ma fu battuto sul tempo dalla ragazza, che con un sorriso disse a Cuddy che non era il primo uomo che la fissava così.
“O sbavano, e so che ci proveranno entro la fine della fisioterapia, o tremano, e so che hanno chiesto in giro e si sono sentiti rispondere che sono una sadica. Oltre a essere soggetti chiaramente intimoriti da una figura dominante femminile.”
“Andiamo a casa mia e ti faccio vedere quanto sono intimorito.”
“D’accordo, ma la frusta preferisco farla schioccare in palestra. Sono più tradizionalista da altre parti.”
“Oh non me lo dire… fiori, appuntamento e preliminari infiniti?”
La ragazza fece finta di pensarci un attimo “No… fiori, appuntamento e deviazione nel parcheggio del ristorante. Credevo fossi infettivologo.”
“Lo sono.”
“Allora smettila di farmi un esame radiologico.”
“Tesoro, non hai niente che non abbia già visto.”
“Non si sarebbe detto da come mi stavi fissando le tette.”
“Cos’è, preferisci il richiamo dell’antitetanica?”
“Dipende da dove posso infilarti la siringa.”
“Scusate?” disse Cuddy, che aveva fissato lo scambio di battute come una partita di tennis. I due si voltarono a guardarla.
“Salve. Vedo che la conoscenza è andata bene. Perché non ti presenti?” disse poi alla dottoressa, con cui, House dedusse, doveva esserci un rapporto precedente all’assunzione.
“No, lasciamo l’alone di mistero per ancora…dieci minuti.”
“Ti chiami Petula, Cindy Lou o qualche nome del genere? Capirei se fosse così.”
“No. Se non lo sanno già, non dico mai il mio nome di battesimo ai miei pazienti alla prima seduta, così posso evitare che lo strillino diecimila volte al secondo in varie combinazioni di insulti.”
“Visto il soggetto che ti attende ti do ragione. A presto, tesoro.”
La ragazza sorrise e salutò con la mano, poi sorrise perfida e si mise me mani sui fianchi.
“Bene, Gregory, pronto a iniziare?”
House fece una smorfia di dolore intenso nel sentirsi chiamare così “Possiamo evitare? Solo mia madre e la prostituta che chiamo il venerdì sera mi chiamano così.”
“Mio mondo, mie regole.”
E sulle regole, la bionda non scherzava. Dopo avergli detto le cose di cui avrebbe dovuto fare a meno durante il lavoro con lei, House le disse che valeva la pena ucciderlo direttamente e anche che se ne andava.
“Beh, l’esperto sei tu” bofonchiò lei appena le ebbe voltato le spalle. House si girò subito.
“E questo che vuol dire?”
“Solo che tra me e te quello che ha avuto più esperienze di quasi morte sei tu.”
“Ma c’è qualcosa che la Cuddy non ti ha detto di me?”
“No, ma non è questo il punto. L’ultima me l’ha detta lei, ma la prima l’ho vista.”
House aggrottò le sopracciglia. La prima l’aveva vista?
Poi, tutto ebbe un senso.
La ragazza in rosso, la visione che credeva di aver avuto durante l’arresto cardiaco… era lei?!
“Vestito rosso, tacchi a spillo, cinque anni fa?”
“Caspita che memoria.”
“Stavo morendo per un attacco di cuore, ricordo perfino la sfumatura della camicia di Cuddy. Che diavolo facevi lì?”
La ragazza si morse il labbro, combattuta… poi disse che se sarebbe sopravissuto alla sessione, glielo avrebbe detto.
Fregato dalla sua curiosità, House capitolò. Ma si divertì parecchio in quell’ ora a trovare insulti nuovi per la fisioterapista. Aletto, per esempio. Megera. Figlia di Satana. Tisifone. E il suo preferito, nipote di Vogler.
Scoprì che anche quella ragazza non era certo una novizia in quel campo, anche se rimaneva sul tradizionale.
“Dai sempre del brutto idiota ai tuoi pazienti?”
“No, ma di norma non ho bambini di cinque anni come pazienti. Dovevo pur trovare un terreno comune. Senza contare che quando lo racconterò a Lisa si farà delle belle risate.”
“Rapporto privilegiato dottore paziente!”
“Infatti non le parlerò della terapia… cosa che tra l’altro già sa.”
“Sto iniziando a desiderare di farti...”
“Oh no, non dirlo. Non vorrei che la prostituta del venerdì si trovasse disoccupata per colpa mia!”
Dopo uno scambio di sorrisi molto sarcastici, la sessione di fisioterapia venne dichiarata finita. House ringraziò il cielo, e pretese di sapere che ci facesse in ospedale quella sera di cinque anni prima.
“Cinque anni fa, ero fidanzata. Ragazzo perfetto sotto ogni punto di vista, idolatrato perfino da mia sorella, il che era veramente tutto dire. Usciamo a cena in un ristorante di lusso per festeggiare la fine del suo dottorato di ricerca al MIT e la fine della nostra storia d’amore da pendolari. Decidiamo che la cosa merita di essere festeggiata a dovere, quindi ordiniamo cose che mai avevamo mangiato prima. In breve, crostacei e champagne francese. Mentre aspettiamo, mandiamo giù un paio di Apple Martini, lui tira fuori un anello di fidanzamento e mi chiede di sposarlo. Sono stata gloriosamente fidanzata all’uomo perfetto per altri dieci minuti, poi sono arrivate le portate…”
“Servite dalla sua ex che non aveva mai smesso d’amare. Sono fuggiti insieme lasciandoti il conto e tu sei finita in ospedale per un crollo nervoso e un’indigestione? Capita più spesso di quello che credi.”
“Giuro che l’avrei preferito. Al primo boccone, Gabriel inizia a tossire come se si stesse strozzando, ma non si stava strozzando. Shock anafilattico. Non sapeva di essere allergico ai crostacei, non avendoli mai mangiati in vita sua. È morto appena arrivato in ospedale. Io mi sono aggirata per l’ospedale in pieno shock per delle ore… e sono finita col buttare l’occhio nella tua camera.”
Prese un respiro profondo, sorrise, e disse che ora la sessione era ufficialmente finita, e di levarsi di torno perché aveva un altro paziente e il fisiatra suo capo era un vero rompiballe.
“Mi ricorda tanto qualcuno.”
“Ma che spiritosa.”
“Ah, a proposito” disse. “Non ti ho detto il mio nome.”
“Non sono sicuro di volerlo sapere. Megera poi ti sta così bene…”
“Come misantropo bastardo e di incredibile accidia sta bene a te, ma trovo che Gregory House come nome sia più presentabile.”
House non rispose, ormai vicino alla porta. Considerato come si sarebbe sentito una volta varcata, forse avrebbe seriamente fatto meglio a tenere la bocca chiusa, ma se c’era una cosa che non poteva tenere a freno era proprio la sua curiosità…
Dannata, dannata curiosità.
“E quale sarebbe, questo nome? Cinque secondi per dirmelo” disse già stringendo la maniglia e aprendo la porta.
“Sono Shelley. Shelley Godfrey.”
House annuì senza voltarsi e in silenzio se ne andò a casa.
L’espressione di shock passò più o meno dopo il quinto whisky.

Il dubbio lo tormentava. Non è che stesse ancora sognando?
Per esserne certo, il giorno dopo decise di ‘sovvertire l’ordine’, cosa che si era sempre ritorta contro di lui. Diede così un giorno libero a Cameron, evitò di fustigare Chase e diede ragione senza discutere a Foreman. Il terzetto, sconvolto, filò da Cuddy appena House girò lo sguardo, ma la donna si limitò a guardare l’orologio e a sogghignare, mandandoli poi via dicendo che doveva fare una telefonata. Passare anche da Wilson sembrò una cosa da non fare (a questo punto, avrebbe anche potuto strapparsi la camicia e mettersi a ballare scuotendo delle maracas), e così decisero di andare di nuovo da House, non contraddirlo, prendere il più velocemente possibile le cartelle dei pazienti che stavano seguendo, e sparire.
Si fermarono giusto in tempo per evitare di essere travolti dalla dottoressa Godfrey, vestita con una tuta grigia e una maglietta azzurro cielo e i capelli raccolti in una coda di cavallo, che entrò come una furia nell’ufficio di House che stava giocando con la Playstation.
“Se non fossero trent’anni di carcere ti sarei già saltata addosso!”
“So di essere affascinante, Cameron, ma addirittura questo… Ah, non sei Cameron. Ops. Offesa, Shelley?”
Godfrey, che odiava perder tempo con i pazienti indolenti solo pochissimo di più di quanto odiava essere presa in giro, strinse gli occhi in un modo che gli ricordò la sua versione immaginaria. Di norma a quel punto Six avrebbe preso un’espressione calma e poi lo avrebbe fatto cozzare col muro o col tavolo. Shelley… pure. Si avvicinò, gli si sedette sulla scrivania, fece un respiro profondo, e si scusò dicendo di aver reagito in maniera esagerata per una sessione di fisioterapia mancata, incolpando la sindrome premestruale e gli ormoni. House la guardò strano, e strinse più forte tra le mani il videogioco, come a dire che se lo voleva avrebbe dovuto strapparlo dalle gelide dita del suo cadavere. Shelley invece si lanciò in un discorso sul perché non avrebbe dovuto essere così incostante nella riabilitazione, gli ricordò la sessione successiva il giorno dopo, e se ne andò in un’aura di calma. Ma gli assistenti di House videro che la sua bocca increspata stava trattenendo a malapena una grossa risata. Si voltò a guardarli, e mostrò sporgendolo lievemente dalla tasca della felpa l’I-Pod di House, strizzando loro l’occhio e facendo leggermente segno con l’indice dell’altra mano di fare silenzio.
Non aveva fatto che qualche passo, quando House emerse dal suo ufficio sbraitando.
“GODFREY!” ruggì il dottore. “Maledetta ladra di I-Pod! Torna subito qui!”
Shelley, che non ci pensava nemmeno, si mise a correre verso gli ascensori, e s’infilò nel primo libero giusto in tempo, prima che House potesse usare il bastone per bloccare la porta.
“Domani alle diciotto, e sii puntuale. Ciao!” disse Shelley, sorridendo dolcemente e facendo un cenno di saluto muovendo le dita. Si appoggiò poi alla parete dell’ascensore, e tirato fuori l’I-Pod iniziò a guardare le sue playlist, alla ricerca di qualche arma, e pensando già a come poteva fregargli la Playstation, obbligandolo così a venirci, alle sedute di fisioterapia.
House intanto stava mazziando Chase, Cameron e Foreman per non aver placcato quella donna diabolica, e appena non visti ringraziarono il cielo per aver fatto tornare il loro capo quello di sempre. Appena spariti, guardò il posto vuoto prima occupato dal suo prezioso I-Pod, meditando vendetta. Ma scoprì di non riuscire ad avercela con la bionda dottoressa, sveglia abbastanza da fregargli il suo giocattolino da sotto il naso. Sogghignò.
Vuoi la guerra, bionda? Oh, se l’avrai…
La fisioterapia che era deciso a evitare come la peste si era appena trasformata in qualcosa di molto, ma molto più interessante…



 
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MelissaJo
view post Posted on 16/1/2007, 10:51




Jade image image
OMG che capitolo fantasticoooooooooo! :Azzurro05: non me la ricordavo così bella questa ff, per ora questo è il mio capitolo preferito (alla pari col primo, però).
Adoro i battibecchi con Numero Sei/Shelley :D
Complimenti Jade, hai dato vita ad un personaggio femminile che lascia presagire interessanti sviluppi (magari solo nella mia testa bacata); questa donna mi pare molto intrigante e capace di tenere testa ad House senza farlo finire OOC.
CITAZIONE
“O sbavano, e so che ci proveranno entro la fine della fisioterapia, o tremano, e so che hanno chiesto in giro e si sono sentiti rispondere che sono una sadica. Oltre a essere soggetti chiaramente intimoriti da una figura dominante femminile.”
“Andiamo a casa mia e ti faccio vedere quanto sono intimorito.”
“D’accordo, ma la frusta preferisco farla schioccare in palestra. Sono più tradizionalista da altre parti.”
“Oh non me lo dire… fiori, appuntamento e preliminari infiniti?”
La ragazza fece finta di pensarci un attimo “No… fiori, appuntamento e deviazione nel parcheggio del ristorante. Credevo fossi infettivologo.”
“Lo sono.”
“Allora smettila di farmi un esame radiologico.”
“Tesoro, non hai niente che non abbia già visto.”
“Non si sarebbe detto da come mi stavi fissando le tette.”
“Cos’è, preferisci il richiamo dell’antitetanica?”
“Dipende da dove posso infilarti la siringa.”

Che dialogo stuzzicante ed esilarante :Azzurro07:
CITAZIONE
“Se non fossero trent’anni di carcere ti sarei già saltata addosso!”

Come darle torto :AngelStar09: Desiderio questo che condividiamo in molte.... ;) .... e, se Marita passerà casualmente su questo thread, sono certa confermerà che questo, carcere o non carcere, è uno dei ns principali obiettivi :AngelStar33: :AngelStar33:
CITAZIONE
House la guardò strano, e strinse più forte tra le mani il videogioco, come a dire che se lo voleva avrebbe dovuto strapparlo dalle gelide dita del suo cadavere.

:Azzurro07: :Azzurro07: fantastico! è proprio House, non ci sono dubbi :Azzurro07:
CITAZIONE
Vuoi la guerra, bionda? Oh, se l’avrai…

E io non vedo l'ora :AngelStar02:
Jade, brava non te lo dico più se no divento ripetitiva ^_^ ... aspetto contenta il prossimo aggiornamento.
:GrazieGrazie:
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 19/1/2007, 13:05





CITAZIONE
Complimenti Jade, hai dato vita ad un personaggio femminile che lascia presagire interessanti sviluppi (magari solo nella mia testa bacata); questa donna mi pare molto intrigante e capace di tenere testa ad House senza farlo finire OOC.

:GrazieGrazie: Era da un po' che vlevo scrivere di un personaggio simile, poi ho conosciuto Numero Sei e tutto è venuto da sé...

CITAZIONE
Come darle torto Desiderio questo che condividiamo in molte.... .... e, se Marita passerà casualmente su questo thread, sono certa confermerà che questo, carcere o non carcere, è uno dei ns principali obiettivi

Se questo forum avesse una dichiarazione d'intenti, dovrebbe essere al primo posto.

riguardo la storia...

Ok, tecnicamente la storia è finita un capitolo fa, ma mentre lo stavo scrivendo ho pensato sarebbe stato divertente aggiungere un epilogo che spiegava perché House avesse sognato Numero Sei e tutta la brigata di BSG.
Per essendo una cotton moderata, Cam non avrà trippa per gatti né da me né da House sto giro. D’altro canto, non credo si lamenterà, visto con chi andrà a finire.

E ora avanti con la prima parte!

***

Cameron sospirò per l’ennesima volta quella sera. Come, come, in nome del cielo, aveva fatto a essere tanto stupida?
Foreman gliel’avrebbe pagata, questo era certo. Non solo l’aveva incastrata col turno di notte, ma l’aveva incastrata proprio quella sera, che si era sempre tenuta libera per il suo seminario di turno quando non era impegnata con un caso. Era stata brava, fino a quel momento. Letteratura russa, cinema degli anni venti, arte africana… avvenimenti culturali abbastanza interessanti ma non da suscitare più di un sospiro annoiato quando ne parlava, ovviamente dando dettagli a profusione, come se tali incontri e mostre esistessero davvero in qualche posto diverso dalla sua testa.
A quanto pareva però questa sventola con cui doveva uscire doveva essere davvero una sventola da antologia, perché Foreman aveva passato al setaccio tutti i siti e le riviste dei circoli culturali di Trenton e dintorni (leggasi: dello stato del New Jersey) alla ricerca della manifestazione di turno (cultura giapponese). Quando le si era presentato davanti con quel sorrisetto, era stata ad un niente dal colpirlo con un gancio destro perfezionato durante gli allenamenti di kickboxing al college. Ma Cameron era Cameron, e facendo buon viso a cattivo gioco disse che sì, aveva mentito perché così avrebbero smesso di chiederle che faceva il venerdì sera, e lei avrebbe potuto evitare di dire che si ubriacava e finiva a letto col suo vicino di casa altrettanto disperato.
Foreman aveva preso quell’aria che aveva quando compativa qualcuno (lei in particolare) sentendosi infinitamente superiore, e dopo averla salutata se n’era andato. Cameron, una volta sola. si chiese se se la fosse bevuta, e se, quando la voce si fosse sparsa, le infermiere avrebbero smesso di fare scommesse sulla sua vita sessuale (o sulla sua mancanza). Un conto era sapere di essere sola, e abbastanza disperata da farsi Chase (ma a sua discolpa poteva dire che era talmente fatta quella sera che avrebbe potuto essere il fattorino della pizza e non avrebbe fatto differenza. Tanto aveva visto per tutto il tempo un'altra persona al suo posto, con capelli scuri e occhi blu …) un conto era sentirselo bisbigliare alle spalle, e sapere che era perfido e indubbiamente vero.
Infatti, ogni weekend cercava di smentire questa voce. Ogni venerdì sera si riprometteva di fregarsene e uscire a divertirsi, a bere qualcosa, volesse il cielo anche rimorchiare qualcuno che dopo il primo appuntamento poi non l’avrebbe più chiamata e contro cui avrebbe potuto inveire in ospedale, giusto per far migliorare la sua reputazione. Poi commetteva sempre l’errore di accendere la televisione, ascoltava rapita la sigla del suo programma preferito e si buttava sul divano con una ciotola di popcorn appena fatti al microonde e un paio di birre gelate, attenta a non perdersi neanche un dettaglio e ringraziando ancora una volta quel paziente che durante un altro turno di notte l’aveva introdotta a quel telefilm.
E chiunque avesse deciso di dare la parte di Lee ‘Apollo’ Adama a Jamie Bamber.
Il mistero era svelato: la dottoressa Allison Cameron non andava a noiose manifestazioni culturali, non aveva una relazione sessuale sadomaso col suo vicino di casa (che nella vita reale aveva un pacemaker e ottant’anni), o qualche altra sorta di doppia vita.
Era semplicemente e totalmente andata per la nuova versione di Battlestar Galactica.
E quella sera, praticamente (e incredibilmente) per la prima volta da quando guardava Galactica, se la sarebbe persa!
Certo, c’era la televisione in studio di House, e lui era ancora in coma farmacologico… ma che avrebbe fatto se l’avessero beccata? La sua dipendenza sfiorava quella di House per General Hospital, ed era altrettanto isterica quando veniva costretta a distogliere l’attenzione dal programma. Già la prendevano in giro per il suo carattere e altri motivi, non voleva dare altre munizioni ai pettegoli, che in ultimo sarebbero arrivate ad House una volta redivivo, e che le avrebbe usate da quel momento in poi in eterno e senza pietà.
No, grazie.
Ma rimaneva il fatto che l’ora si stava avvicinando, e come al solito iniziava a sentirsi sempre di più una tossica alla ricerca di una dose. Dove diavolo poteva trovare un posto tranquillo dove non l’avrebbero disturbata?
Fissò sconsolata la scrivania di House, e fu allora che le si accese la metaforica lampadina.
Cinque minuti più tardi era davanti alla televisione con un bicchiere, un paio di lattine di coca cola e qualche pacchetto di patatine preso alle macchinette.
Nella stanza di House.
Si ricordò vagamente una sua tirata indignata sul fatto che lui andasse spesso a vedere la tv nelle stanze dei pazienti comatosi. Ringraziò ancora una volta il cielo che non potesse servirsene contro di lei, e si mise comoda (ovvero coi piedi scalzi sul letto di House) di fronte al suo show preferito.

Quando attaccò il giorno dopo, era dolorosamente certa che Foreman l’avesse già sputtanata con chiunque gli fosse capitato a tiro. Viste le facce delle infermiere, la risposta era sì. Almeno adesso avrebbero smesso di darle della monaca di clausura…
Poi avrebbero senza dubbio realizzato la balla, e tutto sarebbe tornato punto e a capo.
Entrata nella saletta, ci trovò, oltre a Foreman, Chase, Wilson e anche Cuddy. Guardò per un istante il pavimento, domandandosi se e come poteva sprofondarci dentro, poi decise di fare come se non fosse successo niente e non sapesse perché la stessero guardando a quel modo (e perché Chase avesse l’aria offesa, pensò la bruna dottoressa).
Un momento… l’unico a non fissarla strana era Wilson. Possibile che i pettegoli del Priceton-Plainsboro non gli avessero raccontato dei suoi dissoluti fine settimana?
Cuddy interruppe le sue riflessioni dando come ogni giorno il bollettino medico su House e spedendo chi di dovere in clinica. Caso volle, proprio Cameron e Wilson… il quale, una volta in ascensore, scoppiò a ridere e le chiese la vera ragione per aver montato una balla così assurda.
“Perché, non potrebbe essere vero?”
“In quale universo parallelo?”
“Cioè, io sarei incapace di…?”
“Totalmente. E appena ci rifletteranno un po’ meglio, lo capiranno anche gli altri.”
“Sembravo incapace anche di prendere anfetamine.”
“E s’è visto com’è andata a finire.”
“Non sono così innocente!” protestò Cameron. Oh, ma chi voglio prendere in giro, pensò poi, e fatto un sospiro decise di confessare e farsi seppellire dalle risate. Meglio Wilson di Foreman e Chase, comunque.
“E va bene, lo sono. Contento? Non vado a eventi culturali né mi faccio il mio vicino di casa.”
“Entrambe cose buone e giuste da non fare, a meno che i vicini di casa non siano Brad Pitt e Angelina Jolie.”
“Non ho finito, la cosa patetica arriva adesso… Ogni venerdì sera attacco un cartello sulla porta di casa che intima di girare al largo da casa mia per almeno un’ora. E se non sono reperibile, stacco anche il telefono. Semplicemente, ucciderei chiunque mi venisse a rompere le scatole, intenzionalmente o no…”
Wilson non parlò. La cosa era ai limiti dell’incredibile, perché da quando viveva da solo il venerdì sera faceva esattamente la stessa cosa. E quante probabilità potevano esserci che anche lei…?
“ …poi mi butto sul divano con una birra e qualche snack…”
“E mi godo in santa pace Battlestar Galactica” dissero entrambi i dottori all’unisono.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, tutti poterono vedere Cameron e Wilson fissarsi in faccia sbalorditi e a bocca aperta. Subito Wilson premette un bottone e le porte si richiusero.
“Scusa, ho capito bene?”
“Ti stavo per fare la stessa domanda!”
“Tu guardi Galactica?!” domandò Cameron, tra il divertito e l’incredulo.
“Sono più sorpreso io! Come te la sei cavata con la puntata sull’aborto?
“E quando Roslin ha nascosto Hera da sua madre e le fatto dire che era morta?”
“Quando Sharon e Helo scopriranno della bambina, dovrà seriamente raccomandarsi ai suoi dei! Che ne pensi di lei come ‘messia’?”
“Quando parte per la tangente messianica non mi piace granché, ma non si può pretendere… con tutta la chamalla che si è ciucciata per curare il cancro…”
“D’accordo che non sono contrario ai rimedi naturali, ma speriamo che lei lasci perdere.”
“Vedremo… e vedremo anche dove andranno a parare Sharon e Numero Sei con questa storia di voler vivere in pace con gli umani.”
“Bel colpo in testa ha mollato la bionda a D’Anna, però.”
“Concordo.”
Wilson sogghignò “E ora mi dirai che non sbavi dietro all’ammiraglio Adama.”
“Ma smettila!”
“Visti i precedenti…”
“Di che precedenti stai…? Oh no. Oh no!”
“Niente di niente? Cameron, sono stupito!”
“Lee è molto meglio del Vecchio, se permetti.”
“Allora immagino ti sarai gustata quella certa scenetta con Apollo e il suo asciugamano in Final Cut…”
“Ho gli occhi anch’io” disse Cameron con tutta la dignità di cui fu capace. Decisamente non gli sarebbe andata a dire che il desktop nel suo computer passava da Stonehenge a Lee Adama seminudo appena arrivata nella sua macchina nel parcheggio dell’ospedale, e per evitare altre discussioni sbloccò le porte dell’ascensore e uscì, diretta alla sala visite uno.
“Non abbiamo ancora finito il consulto, dottoressa Cameron!”
“Se per l’ora di pranzo sarà ancora dello stesso avviso, provi a vedere alla mensa, dottor Wilson. Non le negherò le mie opinioni” aggiunse poi sorridendo, felice di aver trovato un altro fanatico suo pari. Wilson annuì ricambiando il gesto, e andò nella sala visite due.

Il consulto riprese all’ora di pranzo, e continuò fino a fine turno. Decisero che il finale della stagione doveva essere espressamente visto insieme, preceduto dal riassuntone di quaranta minuti della serie perché repetita juvant.
Riguardo al posto… lì c’erano problemi. A Cameron era piombata in casa sua madre, a cui piaceva pensare che la sua figliola amasse ancora follemente Titanic e Pretty Woman. Wilson era in pieno divorzio e non poteva farsi vedere mentre invitava in casa una ragazza giovane e carina, con la fama di traditore fedifrago che si ritrovava.
Così, dopo aver raccontato balle su uno straordinario da fare, Cameron portò Wilson nell’unico posto dove nessuno li avrebbe disturbati.
La camera di House.
Dopo due ore e mezza, in cui avevano discusso dello show ma anche di pettegolezzi che giravano nell’ospedale (tipo la bionda fisioterapista di nome Godfrey che Cuddy aveva tirato fuori dal cilindro qualche giorno prima) uscirono dalla stanza felici, al solito sconvolti dal cliffhanger finale, e molto ottimisti per la serie ancora da venire dopo aver visto il trailer in coda all’episodio.
Si salutarono, diretti alle rispettive case, e nessuno ci pensò più.
Almeno fino al momento in cui sentirono House, rivolgendosi a loro, usare l’intercalare ‘Per gli Dei di Kobol.’
Sapendo a priori che House non guardava quella roba, c’era solo un’altra spiegazione possibile che giustificava anche alcuni dei comportamenti di House appena dopo il risveglio, e non ci voleva una laurea per sapere che se House avesse scoperto che quei sogni allucinanti che aveva fatto in coma erano più o meno colpa loro, gliel’avrebbe fatta pagare da lì all’eternità.
Pertanto decisero di prenderla maturamente… e di non farsi mai beccare da soli con House, con ogni mezzo possibile.

House stava per morire d’inedia.
Ma dov’era finito Wilson? Avrebbe dovuto finire in clinica da circa un’ora, e lui a quel punto avrebbe di norma già avuto modo di bloccarlo, impedirgli la fuga… e scroccargli il pranzo. E poi quel giorno c’era la lasagna, che andava via come il pane se non si era abbastanza svelti. Combattuto tra il desiderio di appagare la sua curiosità aspettando l’amico e quello di appagare il suo stomaco non aspettando l’amico, capitolò in favore di quest’ultimo e andò in mensa… salvo ricordare sulla soglia del suo ufficio che non aveva soldi con sé, vista la sua abilità nel farsi più o meno volontariamente offrire i pasti.
Tempo due secondi, era di nuovo in viaggio verso la mensa. Nel pugno della mano destra stringeva una banconota da venti dollari fregata dal portafoglio di Chase, con cui avrebbe insegnato all’ingenuo dottorino ad essere più cauto con i soldi…
“Ma guarda un po’ chi c’è qui.”
House alzò gli occhi al cielo. “D’accordo, Dio, chiedo scusa, non mi spaccerò mai più per te. Ma ora la fai sparire?”
Shelley sogghignò, appena uscita dall’ufficio di Cuddy “Dubito ti ascolti. Sono un castigo che ti è stato mandato da Cuddy, non dal padreterno.”
“Avevamo un appuntamento?”
“Non oggi. Domani mattina, alle otto…”
“Ma è l’alba!”
“…e vedi di esserci! O potrebbe toccare alla tua playstation.”
“Maledetta sequestratrice. Voglio la prova che il mio I-Pod è ancora in vita!”
“Ti invierò gli auricolari e una foto col quotidiano uno di questi giorni. Intanto io e la tua playlist ci stiamo divertendo così tanto insieme …”
“Bene, ho afferrato. Sei una sadica torturatrice anche di oggetti inanimati. Ora se non ti dispiace sloggiare…”
Ma Shelley sogghignò di nuovo vedendo la banconota nel pugno di House, che il dottore tentò troppo tardi di nascondere alla ragazza.
“Venti dollari sono un po’ tanti per mangiare da solo. Va bene, visto che insisti, offrimi il pranzo. Se non sbaglio oggi c’è la lasagna, io l’adoro!”
House le lanciò un’occhiata dall’alto in basso molto dubbiosa “Adori anche vomitarla, dopo?”
“Due parole: metabolismo iperrapido. E ora muoviti, su, che sennò finisce!”

A furia di spintoni, Shelley portò House in mensa. Poi House vide una cosa totalmente assurda, e chiese a Shelley se anche lei stava vedendo lo stesso.
“Ovvero che Cameron e Wilson stanno mangiando allo stesso tavolo? Sì. E con me tre quarti dell’ospedale. Allora?”
“È uno dei segni dell’apocalisse!”
Shelley lo guardò inarcando un sopracciglio, e House le spiegò (mentre facevano la fila per la lasagna) come il fatto che Wilson avesse mancato di farsi rapinare per l’ennesima volta da lui, e avesse scelto di offrire il pranzo a Cameron, fosse il segnale imminente della fine del mondo civilizzato e della società occidentale.
“Beh, c’è una soluzione” disse Shelley, avvicinandosi alla cassa. “ E te l’ho già detta. Offrimi il pranzo e l’equilibrio cosmico si riassesterà.”
Prima che House potesse dire una parola in protesta, Shelley disse alla cassiera che erano insieme e che avrebbe pagato lui, e si allontanò verso un tavolo deserto. House mugugnando pagò il conto, e andò al tavolo di Shelley, da cui, notò, si godeva una bella vista del tavolo di Cameron e Wilson, e a tratti anche brandelli della conversazione.

Tra un boccone e l’altro, Cameron e Wilson passarono al microscopio le prime due puntate della nuova stagione, che erano iniziate con l’occupazione cylon dell’appena costituita colonia umana in un remoto pianeta.
“Sai, non riesco ancora a crederci. Finalmente qualcuno con cui parlarne! Nessuno tra i miei amici segue lo show…”
“Neanche i miei lo guardano. Appena sentono fantascienza storcono il naso.”
“Beh, ci perdono loro.”
“Esatto. È probabilmente lo show più innovativo che… ”
“Scommetto che lo guardi per Tricia Helfer” buttò lì Cameron, lanciandogli un’occhiata cospiratoria.
“Sei incredibile. Quindi secondo te io non posso appassionarmi ad una serie per i suoi contenuti?”
“No, dico solo che quel paio di gambe dev’essere stato un bell’incentivo.”
Wilson tenne la faccia imbronciata per ancora qualche secondo, poi annuì “Sicuramente guardarla in quel vestito rosso non mi dispiace. Almeno quanto non dispiace a te guardare Apollo o Anders!”
Cameron scosse la testa ridendo e gli lanciò dietro una patatina. Wilson se la mangiò, poi notò quel che Cameron aveva nel piatto. Niente solita insalata, ma un hamburger che l’avrebbe candidata a un bypass, contornato da altre patatine fritte che nuotavano nell’unto.
“Lo sai che darai alito alle voci di bulimia che già girano, se mangi quella roba?”
“Lo sai che non me ne frega niente?” disse Cameron, aggiungendo poi che un paio di volte pure House aveva fatto qualche allusione.
“Ecco il motivo. House. Fame nervosa?”
“Tu dovevi fare lo psichiatra. Sì. Ogni tanto mi prende. Allora? Neanche mi ricordo l’ultima volta che ho mangiato qualcosa di diverso da un insalata.”
“Perché voi donne vi affamiate per poi abbuffarvi non lo capirò mai.”
“Com’è che siamo finiti a parlare di questo?”
“Perché non sai accettare la verità sulla tua infatuazione da adolescente.”
“Ma senti chi parla! Ah, a proposito di infatuazioni, sappi che House crede tu ti faccia la nuova assistente della Cuddy.”
“Grazie dell’avviso. Non è vero, ovviamente.”
“Ovviamente.”
“A proposito di infatuazioni…” disse Wilson con un sorrisetto, e fece cenno a Cameron di avvicinarsi. Poco dopo, stava sogghignando anche lei.
E questo fece ammattire House, che non riusciva a sentire più niente.
“Ma porca miseria!”
“Direi… Cameron ha proprio in odio il suo fegato oggi.”
“Non stavo parlando di quello! Non si sente più niente!”
“Allora… hanno parlato di qualcosa di incredibile, con un gran paio di gambe, di Apollo… qualche idea sul filo del discorso?”
“Mi interessa sapere quel che dicono adesso, non quel che dicevano mezz’ora fa!”
“Parlano di noi” disse Shelley ingoiando un boccone di lasagna.
House fece la sua miglior espressione sorpresa.
“Sei telepatica?”
“Leggo le labbra, idiota” disse la dottoressa appena ebbe la bocca libera.
“E che dicono?”
“Niente di sconvolgente” disse ritornando a dedicarsi al suo piatto.
“Ovvero?”
“Il solito… che ci fa una sventola come la sottoscritta al tuo stesso tavolo, se progetto di ucciderti nel sonno, se tu progetti di strangolarmi durante una sessione di terapia…”
“E riguardo il discorso di prima? Non fingere, sai che si sono detti!”
In quel momento, Shelley ingoiò l’ultimo boccone.
“Oh, ho finito il pranzo. E ho una sessione tra venti minuti, devo andare” disse alzandosi da tavola col vassoio in mano.
“Non t’azzardare!”
Shelley salutò, e se la filò via di corsa. Dire quel che si erano detti ad House voleva dire dare al dottore una bella schiera di munizioni contro quei due, e fino a prova contraria Cameron e Wilson le stavano simpatici. Chissà che non si mettessero insieme… lei e Gabriel dopotutto avevano iniziato la loro sfortunatissima storia d’amore proprio con una discussione su ER. E considerato com’era andata a finire, al destino non era certo mancata l’ironia.
“Dottoressa Godfrey!”
Shelley guardò in direzione della voce, e vide venire verso di lei il suo paziente. Di norma seguiva le terapie a casa sua, anche se non aveva mai capito il motivo specifico. Qualcosa che aveva a che fare con sua moglie, o così lui gli aveva detto. La suddetta moglie li stava guardando in quel momento da una piccola distanza, e la faccia che le stava rivolgendo la fece quasi ridere.
Chi l’avrebbe detto che Lady Botox, altrimenti detta Stacy Warner, fosse realmente in grado di far prendere al suo viso un’espressione tanto scocciata?
Mark, una volta vicino, smise di usare le stampelle e le fece vedere che riusciva a muovere passi senza nessun aiuto e con stabilità.
“Allora?”
“Congratulazioni, Mark!” fece Shelley, abbracciando il suo prossimo ex paziente. “Devo ammetterlo, ti avrei preso a calci nel sedere fino in Canada e ritorno quando ti sei alzato dalla sedia a rotelle, ma ora tutto è posto. Sono davvero una grande.”
“Tu? Io ho fatto tutto il lavoro!”
“E chi ti ha detto che fare, eh? E poi sono il tuo medico, evita di contraddirmi o ti becchi la fisioterapia per un altro mese.”
“Per carità, un altro mese e mi distruggi!”
Shelley ridacchiò facendo la svenevole giusto un po’ più del necessario, ma adorava far venire i nervi a Stacy, che si era sentita minacciata dalla bionda dottoressa più o meno da quando le aveva stretto la mano durante le presentazioni e aveva visto quanto lei e Mark se la intendessero bene. Cuddy aveva fatto intendere che dietro il suo comportamento c’era dell’altro e che lei sapeva tutta la storia, ma non voleva dirle nemmeno una parola al riguardo. Aveva anche lasciato intendere che qualsiasi cosa fosse successa era colpa sua, pertanto Shelley si era sentita più che autorizzata a divertirsi un po’ alle spalle di Stacy.
Poi vide che Stacy non stava più fissando lei, ma qualcun altro, e che Mark si era improvvisamente zittito. Shelley si girò, e vide House uscire dalla mensa e tornarsene nel suo studio.
D’un tratto, le allusioni confuse di Cuddy iniziarono ad avere un minimo di senso.
Con un sorriso, Shelley prese sottobraccio Mark e lo condusse alla sua ultima sessione di fisioterapia.
Per la fine dell’ora, era riuscita a far cantare Mark sulla tresca di sua moglie con House durante la sua fisioterapia.
“Che bastardo!” disse Shelley mentre finiva di far fare l’ultima serie di esercizi a Mark.
“Perché credi mi sia alzato prima dalla sedia a rotelle?”
“Ti avrei preso a calci fino in Canada e ritorno anche se lo avessi saputo. Com’è che state ancora insieme?”
“Mi ha confessato tutto. E andremo a vivere dall’altro capo del paese appena la mia dottoressa mi darà il via libera, e ti prego, dammelo.”
“Te lo avrei dato anche prima se avessi usato quella parte del corpo che si chiama bocca per uno dei suoi scopi primari, ovvero parlare! Che pensi di fare?”
“Riguardo che?”
“Tua moglie ti tradisce e tu non pensi neanche ad una piccolissima vendetta?”
“Non sono il tipo.”
“Però un pensierino sul prendere House a pugni ce l’hai fatto.”
“Quel pensiero lo ha fatto chiunque sia sano di mente. Piano, non sono di gomma!”
“Smettila di frignare! Senti… la tua signora che pensa di me? La pura verità.”
“Dice che non si spiega che diavolo ci fa una come te a fare la fisioterapista, e che è sicura di averti già visto da qualche parte.”
Sicuro che mi ha già visto, pensò Shelley. Quella sera di cinque anni prima, in cui House per poco non era morto.
“Ti ha molto velatamente dato della sgualdrina” aggiunse ancora Mark. Shelley rise.
“Molto velatamente? Beh, pensavo peggio. Ma visto come ci ha trovati quella volta nel soggiorno di casa vostra…”
“Scusa, credevo sul serio di farcela.”
“E tra il divano e me hai svelto di cadere proprio su di me?”
“La sua faccia però era impagabile.”
Shelley lo guardò inclinando la testa e sorridendo maliziosa “Ma allora l’hai fatto apposta… non mi hai appena detto di non essere tipo da vendetta?”
“Quella non era una vendetta!”
“Sì, certo… “
“Lo sembrava?”
A quel punto Shelley avvicinò la bocca all’orecchio di Mark, e gli sussurrò la sua idea.

“Bene, Mark” disse Shelley accompagnando Mark dove sua moglie lo stava aspettando “Sei stato un paziente modello. Ne avessi di più come te!”
“Merito della mia fisioterapista” disse lui assicurandosi che Stacy fosse in vista ma ad una certa distanza. Dopo aver dato il via libera a Shelley, i due iniziarono il teatrino che avevano concordato qualche minuto prima, una tale citazione da ‘General Hospital’ che avrebbe reso orgoglioso House.
“Shelley… io ti amo!”
“Mark… non dobbiamo. Tua moglie…”
“Chi se ne frega di Stacy, mi importa solo di te! Tu mi hai ridato le mie gambe, mi hai salvato!”
“Che diavolo sta succedendo qui?”
Stacy, appena sentita la frase, non aveva perso tempo a precipitarsi da loro due.
Shelley e Mark, che stavano seriamente avendo problemi a non ridere, continuarono la pantomima, fingendo di essersi innamorati perdutamente durante la fisioterapia. House, di nascosto, stava osservando tutta la scena. E stava prendendo mentalmente nota di quanto Shelley, se adeguatamente motivata, potesse essere perfida.
Quando Mark fece fare a Shelley un casqué e finse di baciarla, Stacy lanciò uno strillo che per intensità e durata fu sentito da parecchi cani a miglia di distanza, e per poco non infranse tutti i vetri dell’ospedale.
Shelley a quel punto finì piegata in due dal ridere e Mark dovette appoggiarsi alla colonna dietro cui era nascosto House, reggendosi la pancia.
Stacy sembrava totalmente persa. Shelley la guardò e pensò che a furia di aggrottare la fronte Lady Botox sarebbe dovuta correre a farsi un paio di iniezioni appena fuori da lì.
“E con questo” disse Mark tra una risata e l’altra “il mio rapporto con General Hospital può dirsi concluso. Per sempre!”
“Ehi, non criticare la mia soap, chiaro? In certi casi è meglio di un antidepressivo! E mi pare che con te abbia servito allo scopo!”
“Sarà… Ad ogni modo, Shelley, grazie ancora di tutto, buona fortuna qui al Princeton-Plainsboro e fa attenzione ad House.”
“Gioia, House è un mio paziente.”
Mark fece un sorriso molto, molto soddisfatto, sicuramente immaginando la sua fisioterapia con la dottoressa Godfrey, e presa sottobraccio Stacy (che ancora non aveva capito niente, ma che lanciò uno sguardo velenosissimo verso Shelley) se ne andò, finalmente senza stampelle o altro a impedirgli di vivere la sua vita.
La dottoressa Godfrey fece un cenno di saluto con le dita, e si voltò per tornare nel suo reparto. Per poco non cozzò contro House, uscito nel suo nascondiglio.
“Con te non parlo” disse Shelley, riavutasi dalla sorpresa.
“Molto maturo. Quanti anni hai?”
“Un paio più di te di sicuro. Ma come hai potuto fare una cosa del genere a Mark?”
“Io e Stacy avevamo un passato.”
“Sbaglio o è quella che ti ha fatto operare contro il tuo parere? E che ti ha mollato durante la riabilitazione?”
“Cuddy non sa mai quando tenere la bocca chiusa.”
“No, la gola profonda è Wilson. Che diavolo ha quella faccia al botulino di tanto attraente, si può sapere? E poi… cristo, è un avvocato, per l’amor del cielo! Come si fa a trovare sexy un avvocato costituzionalista?”
“Come mai tanto interesse?”
“Sono stata la fisioterapista di Mark da quando per colpa tua ha avuto la brillante idea di alzarsi da quella sedia a rotelle prima del tempo. E in quella casa ci sono stata sicuramente più io che te e il tuo sorcio… pardon, Steve McQueen.”
“Caspita, quanto è ciarliero Mark! Cos’è sta storia di General Hospital?”
“È un tentativo non troppo furbo di cambiare discorso?”
“Sono curioso. Eddai… ti do la mia macchinina rossa e quella blu” disse con una vocetta infantile, nella sua migliore imitazione di un bambino petulante.
Shelley strinse gli occhi e scosse la testa, ma decise di rispondergli comunque.
“Cinque anni fa, e questo già lo sai, ho perso il mio fidanzato. Ho passato mesi a essere tutt’uno con il divano, la sua trapunta preferita e la mia scorta di fazzolettini di carta.”
“E cibo.”
“No, quello era opzionale. Dipendeva da quanto tempo era trascorso dall’ultimo amico che era passato a controllare se ero ancora viva. E guardavo solo soap. Tutto il santo giorno. Brasiliane, portoghesi, tedesche, messicane, francesi… qualsiasi, fosse su network, via cavo o satellite. Stupido come può sembrare, ma mi è servito per anestetizzare il cervello quel tanto che è bastato per farmi mettere il naso fuori di casa.”
“Dopo quanto?”
“Cinque mesi.”
“Quella non era anestesia, era lobotomia!”
“Sì, ma il mio lobo frontale è ancora dove deve essere, grazie tante. Com’è che uno tanto razionale non mi giudica una donnetta stupida per quanto ho appena ammesso di guardare?”
“Ohchetardidevoandare” disse House tutto d’un fiato, e fece dietrofront verso il suo reparto, lasciando Shelley a guardarlo con aria curiosa.
Per cinque secondi.
Sua meta successiva, decise, sarebbe stata l’ufficio di Cuddy.

 
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rabb-it
view post Posted on 23/1/2007, 17:24




Allora di BG ne ho visti pochi episodi, mi era piaciuta, ma non tanto al punto di mettermi a seguirla, però la tua ff mi ha subito incuriosito...e pur avendo seguito solo un po' di BG, sono riuscita a seguire il senso della trama, o il nonsenso.

Bella, mi è piaciuto...anche la parte di finale che stai aggiungendo... ahem... i commenti non sono il mio forte...ottima ragione per astenermene dovrei pensare...ma è più forte di me!


Vado... e complimenti!


:Cactus02:




 
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Jade_Cameron
view post Posted on 25/3/2007, 15:38




Perdono, perdono e ancora perdono! non aggiorno da una vita!

xMelissa: giuro che sto preparando anche il nuovo capitolo di Sic era in fatis, è la prossima cosa che posto, non disperare!

xRabb-it: scusa se non ho risposto al post che mi hai lasciato, ma non son più capitata in questa sezione. Anzi, ultimamente campeggio solo in quella di BSG, devo ricordarmi che in questo forum si parla anche di un certo Dr. House e farmi vedere anche da qualche altra parte...
Grazie dei complimenti, comunque!

e ora, epilogo parte seconda... finalmente!

***

Cuddy come al solito era al telefono, ma fece cenno a Shelley di entrare e di sedersi. Da quando riuscì a capire, si stava parlando di organizzare un torneo di poker per beneficenza.
“Torneo di poker?” fece Shelley appena Cuddy fu libera.
“Ah già, tu non c’eri… Qualche mese prima che tu arrivassi abbiamo fatto un torneo di poker di beneficenza. È stato un gran successo!”
Shelley si appoggiò allo schienale della sedia imbottita “Ok, Lisa, che è successo di tanto divertente l’ultima volta?”
Cuddy fece lo stesso, col sorriso del gatto che ha mangiato il canarino “Ho battuto House per tre mani di fila.”
“E poi lui ha fatto il colpaccio e ti ha ripulito.”
Cuddy prese un’aria imbronciata “Se sapevi già la storia potevi evitare…”
“Non la sapevo, conoscendo il tipo ho tirato a indovinare. Giuro. Dai, quanto t’ha fregato?”
“Abbastanza. Ricordami di nuovo perché ti ho assunto come fisioterapista?”
“Favore riscosso dalla tua compagna di stanza al college per la sorellina minore molto geniale e molto rompiballe che conosci da una vita, nella speranza che smetta di fare la fisioterapista e inizi a fare il lavoro di fisiatra per cui ha la specializzazione, una volta che quella mummia di Dawlish se ne andrà in pensione e ci sarà una vacanza da riempire.”
“Mi pareva. Beh, questa volta sarà la mia rivincita! E tu devi esserci. Dai, viene anche Sharon…”
“Te l’ha chiesto mia sorella, vero?” rispose Shelley, improvvisamente sulla difensiva.
“Shelley, cinque anni a compiangerti sono tanti. Sei giovane, carina, i pazienti ti adorano, hai una promettente carriera… e due gambe per cui ucciderei” disse Cuddy, strappandole un sorrisetto con l’ultima affermazione.
“Già, cinque anni. E ancora mi sveglio la mattina e mi domando perché Gabriel non è accanto a me, o in cucina a preparare il caffè muovendosi come un elefante in un negozio di cristalli. Non mi sento pronta…”
“Non ti voglio costringere, ma tieni presente che Sharon non vedendoti per l’ennesima volta potrebbe venire a casa tua e trascinarti alla festa di peso.”
“Se qualcuno qui non le darà il mio indirizzo, non vedo come potrebbe farlo.”
“Se qualcuno qui tirerà fuori i tacchi e un abito da sera dalla naftalina, potrei anche decidere di non ricordarlo.”
“Correrò il rischio, allora” disse Shelley alzandosi e facendo per uscire.
Cuddy scosse la testa sconsolata. Shelley, al pari di House, era cocciuta come un mulo e altrettanto irremovibile quando si veniva alla vita privata. Sembrava quasi che qualcuno avesse pensato a come sarebbe potuto essere House come donna, e fosse arrivato a Shelley come conclusione.
Uscendo dall’ufficio, Shelley realizzò che non le aveva chiesto niente di House, e fece dietrofront.
“Lisa, un’ultima cosa. House guarda soap per caso?”
Lisa alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Lo interpreto come un sì. Mi dirai anche quali, o devo dedurlo dall’aggrottamento di sopracciglia stavolta?”
“È drogato di General Hospital.”
“Sì! Lo sapevo! E per drogato, intendi…”
“Maniaco. Dipendente. Va a chiedere a Ginecologia e Ostetricia.”
Lisa scherzava, ma Shelley annuì e disse che lo avrebbe fatto sicuramente. Non servì a nulla il tentativo di Cuddy di fermare la ragazza, urlandole dalla soglia del suo ufficio che non intendeva sul serio.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma andava in quel reparto più spesso di quanto fosse lecito per una del suo mestiere. Incolpava gli ormoni e l’orologio biologico, ma la verità era che le piaceva guardare i bambini nella nursery. Si era persa di nuovo nelle fantasticherie di come sarebbe potuto essere se Gabriel non fosse morto, quando con la coda dell’occhio colse l’inconfondibile zoppicare di House che si dirigeva verso la saletta dei medici. Guardò l’orologio, e vide che era ora di General Hospital. Sperò che il suo TiVo non la lasciasse a piedi com’era successo poco tempo prima (il tecnico le aveva detto qualcosa riguardo un eccessivo uso, e lei aveva fatto una faccia angelica in rimando scuotendo in segno negativo la testolina), e dopo aver contato all’indietro da cinquanta si diresse anche lei nella stessa direzione.
Quando arrivò, il dottor Lim, ostetrico, e il dottor Danes, ginecologo, stavano tentando di far sloggiare House dalla poltrona migliore, mentre il dottore faceva segno con la mano di fare silenzio.
Shelley guardò lo schermo e vide che il dottorino dagli occhi chiari era stato incastrato per la morte della paziente smemorata, quando invece era stata la sua malvagia suocera a farle fare l’iniezione letale via un’infermiera che stava ricattando perché in passato era stata una prostituta ed eccetera, eccetera ed eccetera...
“Eccone un’altra” disse Lim vedendola entrare.
“Ma come, e l’eterna gratitudine che mi avevi giurato quando ti ho rimesso in sesto la spalla?”
“Ma volete smetterla di fare casino?” sbottò House girandosi per apostrofarli. “qui c’è qualcuno che sta cercando di guardare la tv!”
Poi vide chi c’era oltre ai medici.
“Ah.”
Shelley però si mise con le mani appoggiate allo schienale della poltrona di House “Secondo me, il dottor Bauer gli crede, ma la vedo male con quella serpe di Madison. Non dimentichiamo che è figlia di Spencer Carrington!”
House le fece cenno di occupare la poltrona accanto alla sua, e Shelley lo fece subito, accettando l’offerta di patatine da parte di House.
In termini comparativi, nel cervello di House era l’equivalente dell’invito ad andare a casa sua per un drink dopocena. Gli rompeva avere intorno gente mentre guardava la sua soap preferita… ma stranamente Shelley e i suoi commenti non lo disturbavano affatto. Dopo le patatine, fu il turno di Shelley di offrire, e porse il pacchetto di arachidi.
“Michelle è finita in galera?” fece stupita la ragazza. “E io dov’ero?”
“Due puntate fa. La notte in cui Sondra è stata spinta fuoristrada.”
“Ah… Le due si odiano e niente alibi per la bionda.”
“L’alibi è Bauer, ma metterà in pericolo il suo matrimonio per la sua giovane amante?”
“Il mistero s’infittisce!”
Lim e Danes, sconsolati, se ne andarono dalla loro saletta.

“Senti, bionda” le disse poi mentre andavano agli ascensori “pensavo…”
“Potrei fare una battuta malevola, ma credo mi tratterrò.”
“Te ne sono grato. Allora…”
“No.”
“Non sai nemmeno cosa ti volevo chiedere!”
“Ha qualcosa a che vedere con me, te, un tavolo per due, e un qualsiasi locale pubblico?”
“Poteva essere, perché?”
“Sono il tuo dottore, e non se ne parla.”
“Non lo sarai in eterno, e poi mi hai incuriosito con la tua cultura di soap opera.”
“Ma perché non vai a tampinare Cameron? È lei che ha la sindrome della crocerossina, non io.”
“E chi la vede più? Sta sempre a parlare con Wilson!”
“Non ti facevo un tipo geloso. Ma non ti preoccupare, il tuo fidanzato sa chi è il suo vero grande amore.”
“Grazie per la rassicurazione, ma ero sicuro di questo.”
In quel momento, esattamente davanti a loro, Cameron fece un’espressione incredibilmente felice e si gettò tra le braccia di Wilson. Felice anche lui. Sorrise a Cameron, che lo ringraziò per qualcosa sprizzando gioia da tutti i pori, e poi se ne andarono parlottando fitto.
House a quel punto si ripromise che DOVEVA capire che diavolo stesse succedendo. Un conto era che le offrisse il pranzo, o parlassero… un altro era che si dessero a quel genere di effusioni in pubblico!
“Non dire una parola!”
“Non ho proferito verbo, House.”
“Ma l’hai pensato. Oh, se l’hai pensato.”
“Stai iniziando a pretendere un po’ troppo, ora. Fila a fare qualcosa di utile, va…” disse facendogli segno di andarsene con la mano.
Una volta certa che se ne fosse andato, fece chiamare Wilson al cercapersone.

“Fa soffrire House quanto ti pare, ma io sono un caso diverso!” disse Shelley, quasi aggredendo il dottore appena entrato nella sala visite 1.
“Credevo ti servisse un consulto!”
“Sono una fisioterapista, Wilson! Che ti chiamo a fare?”
“Ho già House che mi fa perdere le giornate, non ho bisogno che ti ci metta anche te.”
“Buffo, credevo che le giornate le perdessi comunque a sezionare con Cameron Battlestar Galactica.”
Wilson ammutolì di colpo, la fece retrocedere contro un angolo, e le domandò subito chi altro sapesse.
“Calmati, Wilson! Parliamo di uno show, non dei piani d’invasione di uno stato straniero!”
“T’immagini cosa sarebbe questa informazione in mano ad House? Già è considerato uno show da nerd, figurati se si scopre che io e Ally…”
“Ally? Interessante. Da cognome a nome a diminutivo, e tutto in tempi brevissimi… sei certo di contarla giusta? E lei ti chiama Jimmy? Dai, dimmelo!”
“Tra compagni di sventura ci si chiama per nome.”
“Questo merita una spiegazione più approfondita.”
Wilson a quel punto sputò il rospo, e Shelley fece del suo meglio per non ridergli in faccia.
Ovviamente fallì.
“Oddio non ci credo!” disse ridendo a crepapelle e appoggiandosi alla parete. Le ci vollero almeno dieci minuti prima di riuscire a formulare il resto del discorso che intendeva fare.
“Quindi quel delirio che mi ha raccontato è colpa tua e della Cameron? No, troppo assurdo!”
“Grazie…”
“Sai che ci sono anch’io?”
“E come…?”
“Lunga storia, te la dirà lui un giorno” disse Shelley, asciugandosi le lacrime e riprendendo fiato. “Ma mi sa che hai ragione, seriamente parlando. Se scopre che quel viaggetto nella fantascienza se l’è fatto a causa vostra, vi ammazza!”
“E dato che gradirei vivere, potresti evitare di parlare?”
“Potrei” disse Shelley sorridendo. “Ma solo se mi dici perché Cameron era tanto felice da abbracciarti in pubblico a quel modo.”
Wilson sospirò, e tirò fuori un foglio piegato in quattro dalla tasca. Shelley lo prese e lo aprì, leggendolo velocemente con gli occhi, e con un sorriso che si andava allargando man mano che procedeva.
“Non hai idea di cosa ho dovuto fare per far coincidere quel weekend con il nostro tempo libero. Il resto, tutta discesa.”
Il resto, era una prenotazione d’albergo e l’iscrizione pagata ad una delle più grosse convention di fantascienza del paese.
“Ho visto che viene tutto il cast, e visto quanto piacciono a me e Ally Tricia Helfer e Jamie Bamber…”
“Ok” disse Shelley, ripiegando il foglio e ridandolo a Wilson. “Hai un problema grande come una casa.”
“Avevi giurato di mantenere il silenzio!”
“House vi ha visti, idiota. La prossima volta che vuoi fare una sorpresa alla fidanzatina, accertati che non ci siano orecchie e occhi indiscreti in giro. Inizierei a lavorare su una balla da raccontargli, fossi in te.”
Wilson alzò gli occhi al cielo e si diede anche lui dell’idiota. Shelley, sorridendo, decise di lasciarlo a fustigarsi da solo.
 
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rabb-it
view post Posted on 25/3/2007, 17:43




hahah

Wilson deve inventarsi una frottola come si deve!

hahahahaha
 
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grillows addicted85
view post Posted on 29/3/2007, 15:26




wow l'ho letto tutto d'un fiato
originale l'idea di mettere insime BSG/ House...
fino ad adesso avevo trovato solo un BSG/WEST WING
grazie...da una fanfiction fan
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 1/6/2007, 20:27




Su ammettetelo, avevate perso le speranze... e invece no, eccomi qui col l'atto finale di questo delirio!

***

Quando sia Cameron e Wilson sparirono insieme per il weekend, Shelley capì che Wilson non aveva seguito il suo consiglio. Se lo aveva fatto, la balla non aveva retto perché House era sul piede di guerra. La lavagna dove di norma elencava i sintomi era coperta di dati e informazioni che aveva raccolto in tutto l’ospedale da chiunque fosse riuscito a far cantare su Wilson e Cameron, andando dalla Cuddy (che si era limitata a sorridere, facendo capire che sapeva tutto e che non avrebbe detto niente) all’inserviente della mensa che aveva origliato dietro compenso l’ultima conversazione. Quando la conversazione aveva toccato l’argomento ‘camera d’albergo’, House andò in paranoia.
L’ultima cosa che sapeva era che Allison Cameron moriva dietro a lui. Gregory House. Suo capo, mentore, eccetera eccetera. Sebbene non avesse intenzione di cederle, il fatto di avere una ragazza giovane, carina e moderatamente brillante che lo aveva eletto a sua fantasia erotica gratificava parecchio il suo ego. Il sapere però che la suddetta ragazza e quello che pensava essere il suo migliore amico fossero insieme in una camera d’albergo a fare Dio sa cosa gli dava fastidio. Parecchio. Soprattutto perché non l’aveva saputo con due mesi d’anticipo e non aveva potuto torturarli a dovere. Certo, poteva farlo al ritorno, ma non sarebbe stato così divertente.

E quando ritornarono, House li aspettava al varco. Prima un’accurata osservazione della coppia gli fece capire senza ombra di dubbio che quei due la camera d’albergo l’avevano divisa, e non solo quella. Poi i commenti entusiastici su quanto bello il weekend era stato fecero il resto. Doveva discuterne con qualcuno, ma visto e considerato che oramai tutti lo evitavano come la peste, andò alla ricerca di Shelley, e con la scusa di un consulto la trascinò via da un paziente.
“Ma porca miseria, House! Ho da fare, ho una vita, sai!”
“Cuccia, Godfrey. Volevo sapere se hai visto Romeo e Giulietta di ritorno dalla fuga d’amore.”
“Sono affari loro.”
“E no! Sono affari miei! Wilson è mio amico e Cameron una mia dipendente…”
“…e tutti quanti siamo dipendenti di Cuddy.”
House la guardò confuso.
“Perché, non era una gara di ‘Puntualizza l’ovvio’? Ad ogni modo, House, continuano a non essere affari miei. Posso andare, ora?”
“Se vengono da te, poi voglio sapere tutto!”
“Ovviamente” disse Shelley, sorridendo.
“Davvero?”
“No! Vai a tormentare Cuddy sulla sua scollatura, fatti un acido, ma lasciami in pace!”
House guardò Shelley tornarsene nella sala di fisioterapia, e per cinque secondi si sentì triste, solo e bistrattato dall’universo. Poi si ricordò che era Gregory House e che era lui di norma a bistrattare l’universo, non il contrario. Se nessuno voleva cospirare con lui, benissimo… avrebbe fatto da solo. Supposizione dietro supposizione, alla fine era pressoché certo che Allison sarebbe diventata la quinta signora Wilson, e con ogni probabilità sarebbe diventato un menage à trois perché Cameron non poteva sopprimere la tempesta ormonale che il suo capo le scatenava.
Era nel bel mezzo della sua fantasia, quando si rese conto che Cameron e Wilson erano dentro uno sgabuzzino vicino a dove si trovava lui e stavano ridacchiando come due adolescenti in una situazione analoga. Si appostò affianco alla porta, pronto a origliare una situazione potenzialmente piccante e ottima per il ricatto…

“Oddio, Jamie dal vivo è anche meglio… peccato sia sposato e con tre figlie piccole, altrimenti…”
“Stessa cosa con Tricia… i meglio partiti sono sempre i primi a sparire.”
“La conferenza con il cast di Galactica è stata veramente bellissima. Non ci volevo credere quando Lucy Lawless ha risposto alla mia domanda su Numero Tre!”
House spalancò gli occhi. Numero Tre? Che ne sapeva Cameron di Numero Tre? Facendo più attenzione, House li sentì menzionare anche altri nomi a lui familiari come Kara Thrace, Lee Adama, Laura Roslin, e su tutti Numero Sei. Poi sentì la cosa che lo fece tranquillamente decidere per una vendetta che possibilmente li avrebbe ammazzati.
“Son finito a raccontare quella storia, l’ultima sera.”
“James, ma perché? Avevamo giurato di non dirlo a nessuno!”
“Tutti stavano raccontando aneddoti… e credimi, messi a confronto, la mia storia sul fatto che House si sia sognato di Battlestar Galactica perché noi ci siamo guardati un paio di puntate nella sua stanza d’ospedale non è neanche la più assurda!”
House si allontanò. Aveva sentito abbastanza. E il suo cervello stava già lavorando sul modo di farla pagare a quei due…

Cuddy era fiera di sé stessa. Il secondo torneo di poker stava andando bene come il primo, e anche meglio, a giudicare dal livello delle donazioni già raggiunte.
“Allora” disse Sharon Godfrey avvicinandosi a Cuddy con due bicchieri in mano “È questo che fate qui a Trenton per divertirvi.”
“Capisco tu sia abituata a New York, ma non ci difendiamo male nemmeno noi” disse Cuddy sulla difensiva, accettando il bicchiere di champagne. Sharon la fissò perplessa per qualche secondo, poi le disse che non l’aveva detto con sarcasmo.
“Perché, sembrava?”
“Considerato che sei sarcastica ventiquattr’ore su ventiquattro e trecentosessantacinque giorni all’anno, fa sempre strano sentirti dire qualcosa che non lo sia” aggiunse Shelley, arrivando alle spalle delle sue.
“Shelley, finalmente!” esclamò sua sorella maggiore abbracciandola “Credevo non ti avrei mai più vista con qualcosa che fosse diverso da jeans e maglietta.”
“Occasionalmente indosso una tuta di cotone ma non credo tu ti stia riferendo a quello” disse la ragazza portando l’attenzione sul suo abbigliamento. I suoi capelli per una volta avevano scampato la piastra e le scendevano fino alle spalle in quei ricci che aveva rinunciato a domare al college ma che per una sera potevano darle un aspetto diverso. Aveva pure tirato fuori dalla naftalina il suo leggendario vestito rosso fuoco, che a distanza di cinque anni le stava ancora come un guanto, e per l’occasione aveva comprato dei sandali argentati dal tacco vertiginoso. Il giorno dopo avrebbe avuto un gran mal di schiena e delle fitte al ginocchio, ma chi se ne fregava, stava una favola.
Chiacchierò con le sue amiche per qualche minuto, poi adocchiò House e con una scusa andò a parlare con lui. House era rimasto sbalordito nel vederla: era identica a come l’aveva immaginata durante il coma, vestito e tutto. Era impressionate, e un filino inquietante.
“Intendi rimorchiarti metà degli uomini presenti?”
“Invidia, eh? Senti, ora inizia a spiegare. Perché volevi che venissi a tutti i costi? E soprattutto, perché questo vestito?”
“Perché è parte integrante della mia vendetta contro Wilson e Cameron!”
“Ah.”
“Mi aspettavo una reazione un po’ diversa.”
“House… prima che vai avanti, io sapevo tutta la storia di Battlestar Galactica. Me l’ha detta Wilson. E… no, non mi presterò ai tuoi propositi di vendetta. Ho un onore da difendere, una morale…”
“Ok, fa il tuo prezzo.”
“Se la metti così… La tua moto.”
“Cosa? Ma sei pazza!”
“Può darsi. Ma la voglio. E tu cosa vuoi di più, le tue due ruote o la tua vendetta?”
Dannazione, questa era una domanda difficile. House ci rifletté cinque intensissimi secondi, e poi diede la sua risposta a Shelley.
“Mi pare ovvio. La mia vendetta!”
Shelley sogghignò nel modo che ad House piaceva tanto, e strinse la mano al dottore.

Wilson dovette sfregarsi gli occhi varie volte durante tutta la serata.
Non poteva essere vero… Numero Sei era un personaggio della finzione, e Tricia Helfer non era un’invitata del party di beneficenza.
Quindi chi era la ragazza in rosso che pareva lei?
Pure Cameron aveva adocchiato la ragazza misteriosa, e come Wilson aveva creduto di avere le allucinazioni.
Un rapido consulto aveva chiarito la cosa: entrambi l’avevano vista, quindi non poteva essere un’allucinazione. Vero?
L’inquietudine rimaneva. Wilson lasciò Cameron un istante per andare al bagno degli uomini per sciacquarsi la faccia e ricordarsi che i personaggi fittizi erano per l’appunto fittizi.
Quando aveva rialzato la faccia, gli era preso un colpo. Alle sue spalle c’era Numero Sei che sorrideva. Aveva chiuso gli occhi, e quando li aveva riaperti la ragazza era sparita. Aveva tirato un sospiro di sollievo… poi Cameron lo aveva tirato in un angolo e gli aveva detto che anche lei aveva visto Numero Sei un momento che era da sola a prendere una boccata d'aria.
House sbirciò i due medici da dietro un angolo, e se la rise sotto i baffi. Fosse dipeso da lui ci sarebbe andato giù molto più pesante, ma non era pronto a perdere anche la sua PlayStation.
Si sentì tirare per un braccio, e sparì dietro un angolo. Shelley era appoggiata alla parete, e gli disse che entrambi i dottori sembravano piuttosto sconvolti.
“Contento?”
“Gioia, se ti fossi fatta tu il giro sulle montagne russe che mi sono fatto io per colpa loro…”
“Ok, ok… basta che non ricominci. Che ci troveranno poi nella fantascienza, non lo so proprio. Ho provato a guardare una volta questa Battlestar Galactica, ma non c’ho capito granché. Molto, molto più semplice guardare The OC e le repliche di Dawson’s Creek.”
“Perché, anche tu…”
Shelley guardò House stupita “Prima General Hospital, ora the OC e perfino Dawson’s Creek… questa domanda è fondamentale, House: che ne pensi di One Tree Hill?”
“Carina ma non indispensabile.”
“Gilmore Girls?”
“Ehi, bionda, non ti allargare ora!”
“Scusa, dovevo chiedere. Tutta questa cultura televisiva ed è pure un medico di fama… Gregory House, dove sei stato negli ultimi cinque anni della mia vita?”
“A domandarmi perché Lady Botox mi avesse mollato. Tu?”
“Compiangere il mio defunto e perfetto fidanzato. Ma riguardo a Stacy… c’è una cosa che devo dirti, che ti risolleverà il morale…”
“Se è la pantomima tua e di Mark e il suo urlo a ultrasuoni… ce l’ho su cassetta.”
“Hai rubato il filmato di sicurezza?”
“No, certo che no… Foreman l’ha rubato. Cameron ha fatto il palo e Chase l’ha duplicato.”
“Giusto, perché fare il lavoro se puoi inguaiare i tuoi assistenti. Credo che chiederò a Cuddy se posso averne tre anch’io, appena Dawlish tira le cuoia…”
House la guardò stupito.
“…professionalmente parlando. Che avevi capito?”
“Basta con le chiacchiere. Direi che è il momento di mettere in atto l’ultima parte del piano.”
“Quando sarà, evita di ridere, puntare il dito e dire ‘Ben vi sta!’.”
“E perché?”
“Perché rovinerebbe un piano che fino a questo punto è stato magistrale e di classe.”
“Bella, tu neanche volevi entrarci.”
“Sai, credo che dipingerò la mia nuova moto color blu notte, con delle bande floreali stilizzate color argento.”
House sentì una neanche tanto metaforica fitta al cuore.


Intanto, Cameron e Wilson, decidendo che con ogni probabilità erano così fan sfegatati di Galactica da vederla dovunque e che ad ogni modo l’ala psichiatrica era solo ad un ascensore di distanza, si sedettero al tavolo da poker dove Cuddy e una donna bionda sua coetanea stavano giocando con uno dei neurochirurghi. Il quale, all’ennesimo rilancio della bionda, disse che si ritirava.
“Siamo sole solette, Sharon. Come al college.”
“Se ricordo bene, Lisa, al college quando giocavamo a poker spazzavo il pavimento col tuo posteriore.”
“Se ricordo bene anch’io, un paio di volte le pulizie le ho fatte col tuo.”
“Due volte in quattro anni, gioia. Allora? Ci stai?”
“Ci sto” disse lanciando una manciata di fiches al centro del tavolo.
“Cuddy” fece Wilson “Amica tua?”
“Ah… non vi avevo visti. Dottor Wilson, Dottoressa Cameron, vi presento Sharon Godfrey. Sharon è un nuovo membro del consiglio di amministrazione e una mia vecchia amica del college. Sharon, loro sono i dottori Allison Cameron e James Wilson, che hanno la croce non indifferente di essere a stretto contatto con House.”
“Condoglianze vivissime, so cosa vuol dire. I miei primi anni di internato sono coincisi con i suoi ultimi… e per pace di spirito non aggiungerò altro. Senti bellezza” disse poi rivolgendosi a Lisa “È il momento della verità. Ora scopriremo se sei ancora la schiappa che eri a poker…”
“Ehi!”
“… o se sei migliorata. È anche vero che visto che giocavamo sempre a strip poker il tuo perdere sempre in presenza di una… certa persona… fosse una strategia, ma non indagherò oltre per il bene della tua reputazione attuale.”
“Poche ciance, Godfrey. Mostrami cos’hai.”
Sharon mostrò fiera una scala reale. La faccia di Lisa diventò triste… poi sorrise ancora di più di Sharon e le mostrò che lei aveva fatto colore.
“HA!”
“Che dire” disse Sharon guardando il suo vestito “Sono felice non sia una partita di strip poker.”
“Perché, Sharon?” disse House arrivando da solo “Sotto il vestito niente?"
“Gregory! La leggenda, il mito… sei ancora vivo?”
“Vivo solo per farti dispetto.”
"Ci avrei giurato. E come va con la mia sorellina?”

Sorellina?
House ci mise cinque secondi a realizzare che Sharon aveva davvero una sorella minore, di cui sapeva l’esistenza ma che non aveva mai visto. E facendo due più due, e aggiungendo il sarcasmo e il fattore irritante che solo le Godfrey possedevano…
“Shelley è la mia fisioterapista e la croce della mia vita, quindi immagino sarai fiera di lei.”
Sharon sorrise “Da matti. Oh, eccola che arriva.”

Cuddy continuava a fissare con aria confusa le facce sbiancate di Cameron e Wilson, e i sogghigni divertiti di Shelley e House. C’era qualcosa che le stava sfuggendo, ma sentiva che non era il momento adatto per fare domande.
Soprattutto perché House rise, puntò il dito verso quei due e disse “Ben vi sta!”. Shelley scosse la testa di fronte a tanta maturità, e alzò gli occhi al cielo.
Wilson fu il primo a riguadagnare la parola “Dottoressa Godfrey?”
Shelley annuì, e House, lanciandogli un’occhiata piuttosto chiara disse “Allora, Jimmy, la parola all’esperto… è o non è uguale a Numero Sei?”
Wilson sorrise a denti stretti e annuì. Cameron si limitò a sbattere gli occhi, ancora incredula del tiro che House gli aveva appena giocato.
“Benissimo” disse poi House battendo le mani “Tutti pronti per un’altra mano di poker?”

***

Alla fine, il giorno dopo anche Cuddy fu messa al corrente di tutto quello che era successo dal coma di House fino al torneo di poker, e al termine del racconto di House, Cameron e Wilson non sapeva se ridere o elargire provvedimenti punitivi a destra e manca. Le facce dei presenti erano comunque uno spettacolo: House, tronfio della sua vendetta ma in qualche modo abbacchiato dall’aver appena ceduto a le chiavi della sua moto alla dottoressa Godfrey, che dopo aver dichiarato il suo coinvolgimento solo nell'ultimo atto della storia era anche quella che se l'era filata per prima; Wilson e Cameron, invece erano a metà tra l’essere arrabbiati con House per l’infarto che si erano presi, e preoccupati per quello che Cuddy avrebbe potuto dire o fare di loro.

Cuddy aveva in faccia la sua migliore imitazione della preside delle sue scuole superiori quando doveva rimproverare qualcuno, ma stava per cedere. La storia era troppo assurda, perfino per gli standard a cui House l’aveva abituata.

Decise quindi di ridere. Fino alle lacrime.

A giudicare dalle facce in quell’ufficio, era quello che più temevano. Sapevano gestirla quand'era arrabbiata, ma ora stavano vedendo qualcosa di nuovo e inaspettato...
Cuddy infatti, una volta calma, scoccò loro un sorriso perfido.

“Dottori... sapete che con quanto mi avete appena confessato la sottoscrtitta ha il pieno diritto di sfottervi e ridere di voi da qui all’eternità, vero?” anunciò con tono dolce.

E tutti iniziarono a tremare.
Si prospettavano tempi bui, al Princeton Plainsboro Teaching Hospital.


§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

E così, siamo arrivati alla fine... e Cuddy è letteralmente l'ultima a ridere!

Un grazie a tutti quelli che hanno letto, e uno anche più grande a tutti quelli che mi hanno recensito. Se il crossover con Battlestar Galactica vi è piaciuto, ne ho iniziato un'altro che coinvolge anche Stargate, si chiama 'Epiphany'. Se volete venire a dare un'occhiata dove l'ho postato, prego, il sito è efpfanfic.net e lì sono Jade MacGrath.

In ogni caso, ciao e arrivederci!

EDIT: Visto che la webmistress ha dato il permesso, questo è il link diretto alla fanfic!

Edited by Jade_Cameron - 7/6/2007, 20:53
 
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LaurieLo
view post Posted on 2/6/2007, 00:00





Metti pure il link diretto, se ti va!
 
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rabb-it
view post Posted on 2/6/2007, 16:46




AHHHH

no non avevo perso le speranze, attendevo paziente.

e ti rifaccio i miei complimenti, perchè la ff mi è piaciuta un sacco!


Stargate... sììì credo proprio che verrò a darvi un occhiatina!


buon proseguimento di Scrittura!

 
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25 replies since 3/9/2006, 11:11   586 views
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