| Che strana questa 3° serie.. Con il finale è come se mi sentissi del tutto distaccata da quanto finora ci era stato rappresentato di House. Quasi il compiersi di un ciclo. Non sto parlando di risposte definitive ai quesiti che ci siamo poste in questi anni, ma alla sensazione di cambiamento. Nel taglio della regia, che ora si lascia andare a inquadrature più creative, abbandonando per sempre lo stile sobrio, quasi rigoroso, e scegliendo di indugiare sui primi piani di rimbalzo, fuoco sul soggetto primario, che si alterna con lo sfondo; i cambi rapidi; gli effetti speciali..e si passa un immaginario testimone, così ho pensato, vedendo la scena in cui il suo viso traspare dalla lastra della paziente, come nel Pilot, come nella sigla… Nella sceneggiatura, che è diventata più fisica..nel senso che è proprio la fisicità di House/Hugh a sostenere molte delle scene altrimenti inguardabili e/o ingiustificabili…tipo l’assolo di bastone/chitarra, in questo specifico episodio. Prima era il dialogo a creare tutti i 42 minuti, ora è diventato quasi un gioco linguistico. Nella definizione dei personaggi, che ha lasciato molto a desiderare, secondo me, in questa stagione, salvo un recupero finale in extremis, x 2 dei 3 paperi: Foreman era insopportabile, ora è inutile; Chase è adorabile; Cameron è confusa ma recuperabile. I capisaldi, ciò che rimane, ad oggi, incontrovertibile, è la presenza di House, in tutte le possibili sfumature, alle quali ci stiamo già abituando, volenti o nolenti, perché quello spettacolo di attore che è Hugh, ci fa passare per buona e credibile qualsiasi azione/pensiero/storia, canon o meno. E’ il suo show, in ogni senso; il resto può percorrere ellissi più o meno regolari, come satellite, attorno alla sua orbita. House e la medicina secondo House, che risolve i misteri per salvare le vite. House e la musica, come piacere assoluto e compagna di solitudine. House che non è mai solo, comunque. E si prepara al cambiamento. Perché, ora, sa che comunque andrà bene. E’ sopravvissuto, come i gatti, a molte delle sue vite. E gli autori, furbamente, ci lasciano appesi a tutto un immaginario di possibilità.
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