| Una premiere “diversa”. Diversa, perché dolorosa e toccante. Fino ad ora ogni premiere aveva rappresentato una piacevole novità: il pilot per ovvi motivi, poi l’ingresso di Stacy, House che corre, Wilson e la chitarra scomparsa….
Questa premiere rappresenta l’apoteosi del dolore: il dolore dell’anima, impietoso, irrefrenabile che arriva a distruggere il più importante rapporto della serie, quello tra House e Wilson. Si parte in salita. E’ una puntata che definire bella o brutta appare riduttivo, sicuramente regala emozioni forti e lascia lo spettatore un po’ come House, attonito ed incredulo, di fronte all’amara verità: Wilson lo abbandona.
Non poteva andare diversamente e House lo preannuncia prima della fine: dying always changes, almost dying changes nothing.
Wilson ha avuto la sua epifania con la morte di Amber, che ai suoi occhi si era svelata come “l’altra faccia della luna”, una reale alternativa alla sua esclusiva e poco edificante amicizia con House. Un evento terribile come la morte ha squarciato il limitato cielo di Wilson e gli ha dato la forza di vedere House, ma soprattutto e finalmente, “oltre” House.
Wilson ha bisogno di disintossicarsi da House: è stato troppo tempo in overdose. Wilson ha bisogno di riconsiderare la sua vita, i suoi bisogni e i suoi orizzonti, ma soprattutto ha bisogno di staccarsi da House, dai suoi bisogni, e dai suoi orizzonti…
Wilson ha capito che deve dire basta: ha bisogno di aria pura. In questi frangenti estremi non si misurano le parole e Wilson è stato certamente crudele e definitivo con House. Ma noi sappiamo che a questo mondo di definitivo c’è solo la morte e che non bisogna mai dire mai, perché non sappiamo che cosa il destino ha in mente per noi…House e Wilson lo scopriranno con il tempo…Il tempo necessario ad entrambi ad elaborare la loro amicizia, il loro rapporto che non potrà più essere lo stesso, ma evolverà come è giusto che sia…
Cameron ha ragione: non è detto che Wilson stia facendo la cosa giusta, ma è giusto che segua il suo istinto.
Apprendiamo che House Wilson non si vedono dalla morte di Amber e sono passati due mesi…strano. O meglio sarebbe strano per una normale coppia di amici. Non per loro. Non se uno di loro è House.
House non trova il coraggio di affrontare Wilson, di esprimere al suo migliore amico cosa sente. Non è in grado di dirgli niente e quando lo fa, su insistenza di Cuddy, si rivela più patetico che mai ed anche qui è il suo egoismo a parlare: ancora una volta agisce solo per se stesso e mette sul piatto la vita della povera paziente di turno, che non c’entra niente, giocando con la sua vita solo per stupire Wilson. (Alla faccia di chi considera House un medico cui affidarsi ciecamente…con House nulla è scontato ed io non avrei certo voluto essere al posto della POTW).
La strategia di House si rivela un boomerang e lui appare odioso, maleducato e patetico (per non parlare dell’estrema delicatezza con cui rivela lo stato di salute di 13 di fronte al team: un campione di sensibilità….).
Solo alla fine, in corner, House tenta il tutto per tutto, e finalmente gioca a carte scoperte, rivelando il suo vero io, ma ormai è tardi e Wilson non solo non ritorna sui suoi passi, ma gli sputa addosso tutto il veleno represso per anni, lasciando House di sale.
Cuddy è una grande donna, ma con il limite di non volere arrendersi di fronte all’evidenza: vuole salvare House da se stesso con ogni mezzo (e io vedo sempre più amore materno nei confronti di House: come la madre che non ammette i difetti di un figlio e che si danna l’anima pur di salvarlo e di ottenere il meglio per lui) fino alla tragicommedia della “terapia di coppia”. Ma Cuddy non può fare nulla perché qui è di troppo: tra Wilson e House è una partita a due. E’ giusto così. A Cuddy non resta che vedere fallire miseramente la sua non brillante e soprattutto monotona strategia. Ad House non servono più i predicozzi: solo lo scossone di Wilson, forse, dico forse, potrà servire a qualcosa.
Al contrario di molti, sono entrata in empatia con la POTW (che mi ricorda per certi versi la Carly di “Control”, ma per la quale House ha avuto assai meno riguardi) che a parte il caso clinico, rappresenta la cartina di tornasole dell’episodio: è una donna disincantata che sa quale è il suo posto nel mondo, accetta i suoi limiti e le sue debolezze e cerca di conviverci… …al contrario di 13 che ora più che mai, dopo il responso Huntington, ha bisogno di affermarsi, di esserci e di contare ma nello stesso tempo, dipendendo ancora troppo da House, non riesce a spiccare il volo ( mi ricorda un po’ Foreman)… ..al contrario di Wilson che è alla ricerca della sua strada, liberatosi (al momento) del fardello House, devastato dalla perdita di Amber, ma senza un vero obiettivo da perseguire… …al contrario di House stesso, in fuga continua dai suoi sentimenti che non trova il coraggio di oltrepassare il crogiuolo dell’infelicità .
Chi invece appare maturo, indipendente, consapevole dei propri mezzi e libero dai condizionamenti di House è Chase, una piacevole conferma, così come saggia ed equilibrata è apparsa Cameron, delicata nel suo colloquio con Wilson, ma onesta e diretta. L’amalgama tra vecchio e nuovo team sembra comunque funzionare e se questo è l’inizio, la stagione promette bene…
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