Fumi, fanfic Huddy

« Older   Newer »
  Share  
°vally°
view post Posted on 15/2/2007, 23:23




Ho dato più spazio alla fantasia, rispetto alla mia prima fanfic...
Soprattutto, ho cambiato ship, in modo che la mia anima Huddy si potesse sfogare un po' ;) !
Buona lettura


FUMI

CAPITOLO 1

Chase fece un altro sorso dal suo bicchiere.
Era il terzo cocktail che beveva e aveva passato il confine tra “sobrio” ed “allegro” a metà del secondo. Finendo il terzo mojito scavalcò con un agile balzo anche quello tra “allegro” e “ubriaco”.
Gli girava da testa, si sentiva le guance infuocate e faceva fatica a stare in equilibrio.
Sorrise.
Erano anni che non si prendeva la libertà di bere fino a non capire più niente. Forse da quando aveva iniziato a studiare medicina.
La medicina: ti entrava dentro, ti occupava il cervello e lo stomaco. Oltre che tutte le giornate, weekend inclusi.
“E’ da anni che non mi ubriaco così.” disse strascicando un po’ le parole, all’uomo seduto al tavolo con lui.
“Già, ed è da anni che non ci vediamo.” rispose questo ridendo. “l’ultimo ricordo che ho di te è una scenetta molto simile a questa. Per me non è cambiato niente.”
Risero entrambi, mentre facevano cenno alla cameriera di portargli ancora da bere.
“Ti sei perso dieci anni della mia vita.” disse Chase in tono accusatorio.
“E non ho nessuna voglia di sentirmeli raccontare!”
Continuavano a ridere, senza riuscire a contenersi.
Se fossero stati in qualunque altro posto probabilmente avrebbero dato nell’occhio, ma erano seduti a un tavolo dell’Alexander Cafè, dove a mezzanotte passata di venerdì sera, trovare una persona sobria era come prendere un terno al lotto.
Chase si guardò attorno, sperando di incrociare lo sguardo di qualche bella ragazza. Stava passando una bellissima serata con William, un suo amico d’infanzia, ma non gli sarebbe dispiaciuto concluderla nel letto di una sconosciuta.
Anche quello era da anni che non accadeva.
Aveva avuto una bella storia di qualche anno, e un tira e molla, durato anche questo anni, con un’amica di vecchia data. Infine era uscito con qualche infermiera.
Poi c’era stata Cameron: rapporto destinato ad iniziare e terminare in una notte. Un’avventura di sesso, è vero, ma con una persona che conosceva già bene e che vedeva tutti i giorni.
Una sconosciuta era…una sconosciuta!
“Cerchi una vittima per stasera?” chiese divertito il suo biondissimo compagno di liceo.
Più che amici, sembravano fratelli.
“In questo stato non credo che riuscirei a combinare un granché.” ammise Chase, rendendosi conto che a breve avrebbe dovuto correre in bagno a vomitare. Altro che donne…
William gli diede un’amichevole pacca sulla spalla, sporgendosi verso di lui da sopra il tavolo.
Per poco non si ribaltarono con tutto il tavolo a seguito.
Ripresero a ridere convulsamente.
Improvvisamente Chase si bloccò, spalancando gli occhi sulla porta d’ingresso del locale. “M€rd@…”
“Cosa c’è?” chiese William, voltandosi per seguire lo sguardo dell’amico. Era appena entrato un gruppetto di persone, ma non riconobbe nessuno.
“C’è il grande capo dell’ospedale dove lavoro! Se mi vede conciato così…” mentre parlava non distolse gli occhi dalla Cuddy, pregando che non si voltasse verso di lui.
“Chi è?”
“La donna col vestito rosso.”
“Wow!” William richiamò l’attenzione dell’amico. “Ehi, ma perché ti preoccupi tanto? L’hai vista bene?”
Chase si voltò ancora verso Cuddy, e inclinò la testa, studiandola attentamente, per quanto il suo stato glielo permettesse. “Oddio, è conciata peggio di me…” sussurrò tra sé e sé, sorridendo.

Lisa camminava appoggiata al braccio di un bell’uomo, di qualche anno più giovane di lei.
Arrivata al tavolo che il cameriere aveva loro indicato, si lasciò cadere pesantemente sul divanetto. Il gruppo di persone che era entrata con lei, prese posto allo stesso tavolo. L’uomo che prima la reggeva, le si sedette accanto e la guardò sorridendo. “Sei ubriaca marcia.” dichiarò, in tono rassegnato.
Di risposta, Cuddy gli regalo un largo sorriso “Lo so.”
Appoggiò la testa alla sua spalla, senza smettere di sorridere mentre l’uomo, scuotendo la testa sconsolato, ordinava da bere.

“E’ il suo compagno?” William tentò di coinvolgere Chase in una conversazione sensata, per tenerlo sveglio.
Infatti l’intensivista si era accasciato sul divanetto, per evitare di esser visto, ma la posizione semisdraiata, insieme all’alto quantitativo di alcool in corpo, lo stavano facendo lentamente scivolare in uno stato di trance non lontano dal sonno profondo.
“Ehm…cosa?”
“Dai Rob, tirati su!” William gli scosse violentemente una spalla. “Non ho voglia di portarti a casa in braccio. La nottata è solo all’inizio!”
“Fantastico…” mugugnò Chase. Doveva avere un pessimo aspetto, e non aveva nessuna intenzione di farsi vedere così dalla Cuddy. Decise che non sarebbe uscito dal suo nascondiglio finché lei non se ne fosse andata. Lo comunicò al suo amico.
“Ma sei pazzo?! Rob ma guardala!” questa volta William tirò con forza la giacca dell’amico, costringendolo a sollevarsi.
A Chase venne da ridere: la Cuddy aveva appoggiato le braccia al tavolo e le stava usando come cuscino. Arrivò la cameriera, e l’uomo che le stava seduto accanto, con delicatezza, l’aiutò ad alzare la testa e le porse un bicchiere di champagne. Lei lo prese sorridendogli.
“Non l’ho mai visto.” disse Chase all’amico, rispondendo alla sua domanda di pochi minuti prima.
“E’ sposata? Fidanzata?”
“Non che io sappia.”
“Bhè, comunque sia la sua serata è già scritta: berrà ancora un po’ e poi finirà a letto con l’uomo che le sta accanto.”
Chase annuì soprappensiero.
“Che c’è? Avrai mica una cotta per lei?! Per il tuo capo…” William rivolse all’amico un sorrisetto malizioso.
“Ma no! E’ che…è strana vederla così.”
William osservò incuriosito Chase che, mentre parlava, impallidiva sempre di più; l’espressione sul viso sempre più preoccupata.
“Ma cosa c’è, Rob?”
Chase si alzò di scatto “Devo vomitare!” e corse verso il bagno.
William rise tra sé e sé, terminando con un sorso il drink del suo vecchio amico.

Cuddy terminò rapidamente lo champagne.
Era almeno il quinto brindisi della serata, senza contare i litri di vino che avevano consumato durante la cena.
Rimpatriata.
Finiva sempre così.
Vecchi compagni del college, tutti seri professionisti, validi medici, uomini e donne responsabili. Quando si trovavano assieme, ed accadeva per fortuna di rado, finivano sempre per dare il peggio di sé. Meno male che c’era Brian con lei quella sera.
“Stai bene Lisa?” Brian le scostò una ciocca di capelli dal viso.
“Non molto, meglio che vado a rinfrescarmi un po’.”
“Ti accompagno?”
“No” rispose lei sorridendogli e, barcollando, si diresse verso il bagno.

Chase aveva riversato la cena e i numerosi drinks della serata in uno dei gabinetti dell’Alexander Cafè.
Si appoggiò al lavandino, le mani che stringevano forte la ceramica, aspettando che il mondo smettesse di girare a quella velocità.
Si guardò allo specchio: capì perché la gente non aveva nessuna difficoltà ad accorgersi quando beveva.
Ad un certo punto la porta del bagno si spalancò, e la Cuddy entrò quasi correndo. Sbatté violentemente la gamba contro uno spigolo, sussurrò un’imprecazione e, urlando “Questo è la toilette delle donne, esca di qui!” si chiuse dentro uno degli stanzini del bagno.
Chase rimase sconvolto dall’assurdità di quella scena; voltandosi lentamente, rivolse la schiena allo specchio e gli occhi spalancati alla porta dietro la quale era sparita Cuddy.
“Non mi ha riconosciuto.” pensò, sentendosi profondamente felice.
Si rese conto che era un ottimo momento per fuggire da lì.
Non fece però neanche in tempo a fare un passo, che Cuddy ricomparve ancora davanti a lui.
Si guardarono qualche istante, senza avere il coraggio di dire o fare niente.
Lei stringeva la maniglia della porta, e con l’altra mano si reggeva allo stipite; lui era appoggiato al lavandino, stringendolo forte per non perdere l’equilibrio.
“Ehm…” Chase fu il primo a distogliere lo sguardo.
“Allora avevo visto bene.” disse lei.
“Sono entrato nel bagno sbagliato.” si scostò dal lavandino e, cercando di darsi un contegno, camminò verso la porta d’uscita. Rinunciò subito, rendendosi conto che sarebbe caduto rovinosamente a terra prima di arrivare a metà strada.
“No…meglio che sto qui.” afferrò saldamente un altro lavandino e, dando le spalle alla Cuddy, appoggiò la testa al vetro dello specchio. Chiuse gli occhi.
“Sei ubriaco.” la voce di lei gli arrivò dal lavandino accanto.
Sentì aprirsi il rubinetto.
“Anche tu.” Chase avrebbe voluto sottolineare quest’accusa con uno sguardo di rimprovero, ma non riuscì neanche ad aprire gli occhi. La superficie fredda e dura dello specchio era estremamente confortevole.
A un certo punto gli arrivò in faccia una pioggia gelata.
“Ehi!” si staccò bruscamente dallo specchio, provocandosi un intenso capogiro. Fece due passi indietro e, quando toccò con la schiena la parete dietro di lui, vi si accasciò contro. Lentamente, scivolò lungo di essa, fino a trovarsi seduto per terra.
Cuddy non demorse e, convinta dell’utilità del suo gesto, continuò a lanciare acqua gelida addosso a Chase.
“Ma finiscila.” mormorò lui, senza neanche la forza di spostarsi dal raggio d’azione del suo capo.
Rendendosi conto che non stava ottenendo l’effetto voluto, Lisa smise di tormentare Chase, e si concentrò per qualche minuto su se stessa.
Si guardò anche lei allo specchio, e quello che vide non le piacque.
Nonostante gli strani pensieri che l’alcool la portava a fare, credeva di esser riuscita a creare un buon piano per uscire da quella situazione con la reputazione intatta. Guardandosi allo specchio si rese conto che non c’era modo di nascondere la sua sbronza, neanche sotto un castello di balle ben strutturate. Incominciò a ridere.
“Sei conciata peggio di me.” osservò Chase, accennando un debole sorriso.
Cuddy lo raggiunse con passo incerto, e si sedette accanto a lui. Per terra era tutto bagnato, prevalentemente a causa del suo idro-attacco all’ubriacatura di Chase.
Osservò impassibile il suo bellissimo vestito rosso che si riempiva di macchie scure.
Alzando lo sguardo su Chase, si accorse che anche lui guardava ipnotizzato le macchie d’acqua che si allargavano lentamente sul suo vestito.
Gli tirò una gomitata nel costato, catturando la sua attenzione.
“Adesso facciamo un patto.” Lisa cercò di mantenere il suo solito tono autoritario, ma le parole le uscivano una attaccata all’altra, in una strana filastrocca ipnotica.
Chase le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Io e te non ci siamo mai incontrati qui stasera.”
Lui annuì e lei fece lo stesso.
Rimasero per qualche secondo seduti uno accanto all’altro, in silenzio, guardando fissi davanti a loro.
“Dovremmo tornare là fuori.” continuò lei.
Entrambi annuirono un’altra volta, senza però accennare ad alzarsi.
“Voglio tornare a casa mia, voglio la mia vasca da bagno e voglio il mio letto.” dichiarò Lisa in tono lamentoso.
“Non credo che il tuo amichetto là fuori ti permetterà di tornare a casa, farti un bagno e andare a dormire.” rispose divertito Chase. Non si sarebbe mai permesso di rivolgersi così a lei in un qualunque altro momento, ma l’alcool stava agendo sulla sua autocensura.
Cuddy lo osservò perplessa per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.
“Cosa c’è da ridere?” Chase sembrava infastidito dai bruschi cambiamenti d’umore del suo capo.
“Brian è mio fratello!”
“Il belloccio che sta cercando di annientare con lo champagne tutte le tue inibizioni?”
“Si. E’ mio fratello. Dice che sono la perfettina della famiglia e gli piace farmi ubriacare, così il giorno dopo può riempirmi di frecciatine su quello che ho detto e fatto durante la serata.” Lisa sottolineò le sue parole con ampi gesti. Per poco non cavò un occhio a Chase.
Lui la afferrò per un polso. “Stai ferma.” sussurrò.
Si rese poi conto che la donna che aveva accanto, quella bellissima donna col vestito rosso pericolosamente tirato su fino a metà coscia, con le braccia nude a contatto con le sue e ubriaca almeno quanto lui, era il suo capo. Era Lisa Cuddy.
Lisa.
Cuddy.
“Nonononono” disse confusamente, lasciandole andare il polso e cercando goffamente di alzarsi.
“Che è successo?” chiese lei, incuriosita da quell’improvvisa manifestazione di vitalità nel suo compagno di pavimento.
“Usciamo di qui, le cose potrebbero mettersi male.” con un ultimo sforzo, Chase vinse la forza di gravità e riuscì a tirarsi in piedi.
“Cosa intendi dire?”
Lui la ignorò e, sperando con tutto il cuore di non caderle addosso, la prese per un braccio e la aiutò a sollevarsi da terra.
Quando Lisa si trovò in piedi, il suo corpo a pochi centimetri da quello di Chase, i suoi occhi lucidi e intontiti dall’alcool, agganciati a quelli rossi (per lo stesso motivo) di lui, capì cosa intendeva il collega.
“Ok, usciamo di qui immediatamente.” disse con voce ferma e, con passo non altrettanto controllato, si mosse verso l’uscita della toilette.
Lui la seguì, dando un ultimo sguardo ammirato alle sue gambe.
L’ultimo, lo giurò a se stesso.
Quando Cuddy aprì la porta del bagno, e l’insieme di musica e voci dell’Alexander Cafè invase nuovamente le loro orecchie, entrambi ebbero un momento di vacillamento.
Lisa si fermò un istante a prendere fiato, mentre Chase la superava, passandole a debita distanza.
Si bloccò nuovamente, però, quando i suoi occhi incontrarono quelli della seconda persona che non avrebbe mai voluto incontrare quella sera.
Agì impulsivamente, facendo un passo indietro, afferrando la Cuddy per un braccio, e tirandola con sé nuovamente dentro il bagno.
Chiuse la porta e ci si appoggiò contro.
“Cosa c’è ancora?” chiese lei con voce sconsolata.
Si appoggiò alla parete. Tutto quel movimento le stava facendo venire da vomitare.
“House.”disse Chase in un soffio, guardandola allucinato.
“Stai scherzando?”
“No. E’ là fuori.”
“M€rd@. Se mi vede conciata così, me lo rinfaccerà a vita.” Lisa si infilò rapidamente in una delle toilettes, non sapendo neanche lei se per vomitare o per nascondersi.
Chase venne preso dal panico: era ubriaco marcio, si reggeva a mala pena in piedi, era chiuso nel bagno con Cuddy, e c’era House là fuori.
Il suo capo aveva materiale per tormentarlo crudelmente per diversi mesi.
Sapeva che non era la cosa migliore da fare ma fu l’unica azione che il suo corpo gli permise: si afflosciò sul lavandino più vicino e ricominciò a vomitare.

House aveva passato una magnifica serata a casa di Wilson: torneo di poker e birra.
Aveva vinto, ovviamente.
Aveva deciso di andarsene quando l’ultimo dei suoi compagni di gioco era crollato sotto il peso della sconfitta e dei numerosi litri di birra.
Non era Wilson, lui era stato il primo ad abbandonare. Era finito steso sul divano poco dopo le 22.
Si sentiva carico: trionfare in quel modo sui suoi compagni di gioco, vederli distrutti per le ripetute sconfitte, lo esaltava.
Quando lasciò la casa di Wilson, sapeva che sarebbe passato dall’Alexander Cafè, per l’ultimo drink prima di andare a casa.
Non era una sua abitudine, ma quel pomeriggio aveva sentito Chase parlare al telefono, mettersi d’accordo per un’uscita proprio in quel locale…cose c’è di meglio che concludere la serata tormentando il più tormentabile dei suoi assistenti?
Conosceva i suoi postumi da sbornia, ma la sua sbornia no, ed era un tipo terribilmente curioso.
Spalancò la porta del locale, e fu accolto da un clima decisamente…”alcolico”.
Appena dentro, incominciò a guardarsi attorno.
Stava per constatare, con disappunto, che non c’era traccia della sua vittima australiana, quando incontrò proprio i suoi occhi.
Chase stava uscendo dal bagno e, dietro di lui, vide un’affascinante donna in abito rosso. In una frazione di secondo, riuscì a farsi un quadro della situazione e, notando l’impaccio con cui i suoi due colleghi si mossero nel tentativo di fuggire al suo sguardo, un sorriso si dipinse sulle sue labbra.
La serata sarebbe stata più divertente del previsto.

CAPITOLO 2

House si diresse con passo deciso al bagno dell’Alexander Cafè, e spalancò la porta con forza. Questa rimbalzò però contro qualcosa, e si richiuse di scatto.
Riprovò ad aprirla, questa volta più lentamente.
Si ritrovò di fronte un Chase dolorante che, massaggiandosi con una mano la fronte, tentava invano di stare in piedi senza l’ausilio della parete.
House lo osservò perplesso qualche secondo, analizzando il suo stato. “Pietoso.” dichiarò, non riuscendo a tenere per sé il risultato di quella rapida analisi.
“Ahi.” mormorò Chase “Mi hai tirato la porta in faccia.”
“Mihaitilatolapotainfascia” lo scimmiottò House, incominciando a guardarsi intorno.
“Giurerei di aver visto una donna con te.”
“No.” rispose Chase, scotendo la testa convinto.
“Ti dirò di più.” continuò House, incominciando ad aprire le porte delle toilettes, una ad una. “Giurerei di aver visto Cuddy con te.”
“No, no, assolutamente” Chase si rendeva conto che, per quanta convinzione mettesse nelle sue parole, House aveva la mano sulla maniglia dell’unica porta che non aveva ancora aperto. Quella in cui si era rifugiata la Cuddy pochi secondi prima.
“100 dollari che qui dentro trovo il diavolo del Plaisboro, in abito da sera.”
Chase, di risposta, si mise il viso tra le mani, rassegnato.
“Chi tace acconsente.” disse rapidamente House, e ad aprì la porta.
“Ciao” la Cuddy gli finì quasi addosso, ma il diagnosta si spostò rapidamente, e lei andò a sbattere contro il lavandino. Si mise a ridere, voltandosi verso Chase.
Questo la guardava tutt’altro che divertito da uno spiraglio tra le dita, le mani ancora premute sul viso. Spostò rassegnato lo sguardo su House, pronto a subire le sue sarcastiche battute.
Infatti, il diagnosta, si voltò verso di lui. “Chase” disse, puntandolo col suo bastone. “Ora papà ti insegna una cosa. Il fatto che una donna sia venuta a letto con te quando era fatta, non significa che basta alterare lo stato mentale di una qualunque femmina per farla cadere ai tuoi piedi! Devi stare attento a non esagerare. Così non te la porti a letto. Se ti va bene passi la nottata a reggerle la testa sul water.” Scosse la testa, buttando un intenso sguardo alla Cuddy, che lo osservava minacciosa dal riflesso dello specchio. Appurò che non era in grado di staccare le mani dal lavabo per picchiarlo, e ricominciò con la sua predica. “Se poi ti ubriachi più di lei, sei doppiamente idiota e…”
Fu interrotto dall’improvviso spalancarsi della porta.
“Tutto bene?” chiese Brian, allarmato, a sua sorella.
Poi si accorse degli altri due uomini nella stanza. “Greg!” esclamò, andando incontro al diagnosta. Gli prese la mano libera e la strinse vigorosamente. “Sono anni che non ti vedo! So tutto di te però, Lisa mi tiene aggiornato!”
House sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza, e tentò di liberarsi della presa sudaticcia della sua vecchia conoscenza, sviando la sua attenzione. “Stavo appunto chiedendo a Lisa di te. Ma credo non stia troppo bene.”
Brian raggiunse allora la sorella, ma lei lo bloccò con un acido “Sto bene.” prima che potesse chiuderla in un affettuoso abbraccio fraterno. Affettuoso e alticcio abbraccio fraterno: gli effetti dell’alcool stavano incominciando a farsi sentire anche sul suo fratellino.
“Ne sono felice perché…” Brian si avvicinò di più a Lisa, sussurrandole il resto della frase in un orecchio. “Sai Tamara? Mi ha chiesto se l’accompagno a casa e…” guardò la sorella negli occhi, sperando di non dovere dire ad alta voce il resto. Erano adulti ormai, ma c’era ancora un po’ di imbarazzo per questioni di questo genere.
“Vai vai, io prendo un taxi.”
Brian non se lo fece ripetere due volte; fece dietro front e si fermò davanti ad House prima di lasciare la stanza. “Tieni d’occhio tu la mia sorellina, fai in modo che non vada a casa con qualche sconosciuto. Sai, è un po’ ubriaca.”
“Non è l’unica qui dentro.” rispose lui, congedandolo con una pacca sulla spalla.
“Alla prossima!” esclamò il ragazzo, e uscì dal bagno, rivolgendo un solo rapido sguardo schifato a Chase.
“Quello sguardo significa che come cognato sei bocciato.” precisò House al collega.
“Ma io…” tentò di difendersi lui, ma gli girava la testa e la vicinanza dei suoi due capi non facilitava di certo le cose.
La Cuddy, nel frattempo, si guardava spaesata attorno, come se stesse cercando qualcosa. Poi, sotto lo sguardo incuriosito dei due uomini, incominciò a passarsi rapidamente le mani sul vestito.
“Cosa sta facendo?” chiese House all’intensivista.
“Sei tu l’esperto di comportamento umano.” ribatté questi.
“E’ la prima volta che la vedo ubriaca, tu invece ci sei stato chiuso in bagno un’ora. Avrai imparato qualcosa, no?”
“La finite di parlare di me come se non ci fossi?” Cuddy continuava a tormentarsi il vestito. “Le tasche.”
“Cosa?” chiesero gli uomini contemporaneamente.
“Cerco le tasche, il cellulare.”
“Non credo che quel vestito così succinto e aderente abbia le tasche.” disse House, ammirando il modo in cui il tessuto elasticizzato avvolgeva le forme della donna.
“Non ne ha.” confermò Chase, che l’aveva studiato più a lungo. Ricevette uno sguardo poco amichevole da entrambi.
Cuddy andò a terminare la sua ricerca nella toilette dalla quale era uscita poco prima.
“House” Chase era riuscito a separarsi dalla parete che l’aveva sorretto tutto quel tempo e, barcollando, si stava dirigendo verso la porta. “Io vado.”
“Vai dove?” chiese il diagnosta, leggermente allarmato, anche se non si rendeva conto del perché.
“Dal mio amico. Raggiungo il mio amico e ce ne andiamo a casa. Mi gira la testa, sono ubriaco.”
“Davvero?! Credevo che qui ci fosse in corso una gara di slalom tra le piastrelle.”
Chase osservò perplesso il pavimento a scacchiera, poi alzò gli occhi su Cuddy che, uscita vincitrice dalla toilette col cellulare in mano, tornava zigzagando al sicuro sostegno del lavandino.
“Buona continuazione.” senza dare il tempo ad House di ribattere, Chase si chiuse la porta alle spalle.
Il diagnosta guardò per qualche secondo nella direzione in cui era sparito, poi raggiunse la Cuddy, che stava farfugliando imprecazioni verso il sue telefonino.
“Cosa c’è che non va?” le chiese spazientito, strappandoglielo dalle mani senza tante cerimonie.
“Ho finito il credito.” disse lei.
Rimasero qualche secondo immobili, lui che prendeva tempo cercando di studiare il display del cellulare, la Cuddy con le mani appoggiate al lavandino dietro di lei, che lo osservava. Lentamente un sorriso si fece strada sulle sue labbra.
Quando House alzò finalmente gli occhi su di lei, e le vide un sorriso malizioso sul volto, un sorriso che andava oltre la beata espressione di un ubriaco, si sentì stranamente a disagio.
Quando poi la Cuddy sollevò le braccia, passandogliele dietro al collo, e attirandolo un pochino verso lei, il disagio lasciò spazio a una serie di sensazioni confuse e in contrasto tra loro.
Non fece niente. Rimase fermo, una mano appoggiata al suo bastone, l’altra che stringeva forse un po’ troppo forte il cellulare, gli occhi fissi in quelli di lei.
Era perplesso.
C’erano almeno una decina di altre emozioni che gli attraversavano il cervello in quel momento, e non solo quello, ma si sforzò di comunicare col suo sguardo solo quella: la perplessità.
Cuddy non sciolse quell’abbraccio quasi privo di contatto, né continuò, però, a tirarlo verso di sé.
Aveva interpretato quello sguardo come uno “stop”, ma quando beveva la sua razionalità tendeva ad essere sopraffatta dall’istinto. Il suo istinto le diceva di tenere quell’uomo allacciato a sé, perché entrambi lo volevano.
Rimase immobile, in preda a quella grande battaglia interna che può esserci solo tra istinto e ragione.
Non smise però di sorridergli.
Inclinò un pochino la testa, come per studiarlo.
“Non c’è credito, hai ragione.” le parole di House ruppero quella strana atmosfera che si era creata.
“Ti porto a casa io.”
La nuova atmosfera che gli avvolse quando assaporarono quelle parole però, era decisamente più eccitante.

 
Top
gioalle1
view post Posted on 15/2/2007, 23:40




vally....mi hai semplicemente lasciato senza parole.....fan fic stupenda....continua, continua....
eh, lo spirito huddy......
:Ciuffo02: :Ciuffo02:
 
Top
rabb-it
view post Posted on 15/2/2007, 23:59




E brava Vally!

 
Top
°vally°
view post Posted on 27/2/2007, 20:58




CAPITOLO 3

“Ti porto a casa io.”
“Mi porta a casa lui?!” Lisa si fece questa domanda, nella sua mente offuscata dall’alcool, mentre continuava a tenere le dita intrecciate dietro il suo collo. Sentì una morsa allo stomaco, e questa volta non era colpa di quello che aveva bevuto.
Lentamente sciolse la presa, e le sue mani tornarono a stringere la superficie dura e fredda del lavandino, dietro di lei.
House non aveva smesso per un secondo di guardarla, e le era impossibile sganciare gli occhi dai suoi, senza il suo permesso.
La rapivano.
Ma questo, ubriaca o non ubriaca, l’avevano sempre fatto.
“Va bene.” lunghissimo istante di silenzio. “Grazie.”
Lui annuì, spostando lo sguardo allo specchio. Gli occhi indugiarono sul riflesso dei suoi capelli, poi sulla zip del vestito che scendeva lungo la schiena terminando quasi al…
“Ok!” esclamò tutto ad un tratto, facendola sobbalzare.
Fece un passo indietro, indicandole la porta. “Prego.”
Lisa, invece di andare verso la porta, si avvicinò a lui, e lo prese sottobraccio.
“Credi che sia saggio appoggiarsi a uno zoppo per mantenere l’equilibrio?”
“Sempre più saggio che provare a muovermi da sola. Mi gira tutto…” Lisa afferrò un po’ più saldamente il braccio di House.
“Fantastico.” disse lui sarcastico, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del suo capo.
Insieme, uscirono dal bagno, uscirono dal locale. House sentiva quella pressione sul braccio, il corpo della donna aderente al suo…
“Hai paura che cambi idea e scappi lasciandoti sola e traballante in mezzo al parcheggio? La vuoi finire di starmi appiccicata?!” si fermò e la guardò alzando un sopracciglio.
Aspettò con ansia la sua risposta. La sua era una provocazione, che aveva lo scopo di farsi mandare a quel paese da lei, convincerla che era meglio chiamare quel dannato taxi. Si era messo nei guai con le sue mani, ma di solito non aveva problemi ad uscirne…
“No!” esclamò lei con un sorriso accattivante. Riprese poi a camminare, come se nulla fosse, continuando a stringersi a lui.
“Mi stai scroccando un passaggio allettandomi con promesse velate di favori sessu@li.”
Lei continuò a camminare, ridendo sommessamente.
House incominciò seriamente a preoccuparsi.
La Cuddy che conosceva lui a questo punto si sarebbe sentita mancata di rispetto, e l’avrebbe fulminato con qualche battuta tagliente. Tagliente non quanto le sue ma…era comunque una buona allieva.
Invece niente.
Rideva come un’oca.
“Comunque sei tu che ti sei offerto di accompagnarmi a casa...”
O diceva scomode verità.
“…e sei tu che mi hai fatto una velata allettante proposta sessu@le.”
Scomodissime verità.
“Sei ubriaca e disinibita. Se non fossi arrivato in tempo aprendo quella porta avrei trovato il tuo vestito a terra, vuoto. Avrei fatto qualche passo in avanti e avrei trovato un’orrenda camicia abbandonata sul pavimento. Una camicia proprio brutta. Qualche altro passo: un’orrenda cravatta. Poi avrei aperto la porta della toilette e avrei visto te e il mio povero indifeso assistente…”
House si interruppe.
La sua fervida immaginazione aveva illustrato le sue parole con delle diapositive immaginarie alquanto inquietanti.
“Che schifo.” concluse, con un’espressione disgustata.
Nonostante l’andatura lenta e instabile, erano già arrivati alla macchina di House.
“Guidi tu?” le chiese lui, porgendole le chiavi.
Lisa alzò una mano per afferrarle, ma lui le ritirò di colpo.
Perse l’equilibrio e crollò sul suo petto, ridendo.
House la prese per le spalle e l’allontanò, alzando gli occhi al cielo. “Se ti legassi sul tetto della macchina? Sai, non vorrei che vomitassi sporcandomi gli interni.”
“Ma…non è tua questa macchina. E’ la macchina di Wilson.” disse lei disorientata, cercando di rimanere in piedi finalmente da sola.
“Ah già! Nessun problema allora, sali pure.”
Aprì la portiera del passeggero, e Lisa si avvicinò per salire, stupita da quel gesto galante.
“No, forse è meglio che salgo dall’altra parte.” House richiuse bruscamente la portiera prima che lei potesse approfittare di quel gesto, fece il giro dell’auto e salì dalla parte del guidatore.
La Cuddy restò qualche secondo imbambolata davanti alla portiera chiusa. Quel briciolo di lucidità che era rimasta in lei le comunicò che probabilmente House stava cercando di irritarla, di provocarla.
Di farle cambiare idea.
Eppure pochi minuti prima aveva visto come la guardava…
E lei cosa voleva? Voleva andare a letto con House?
Fece un profondo respiro. Era ubriaca…era… Non riusciva a ragionare.
“Quanto vuoi?”
Si abbassò per guardare dentro l’auto, e incontrò gli occhi di House che la osservavano divertiti. “Oh scusa Cuddy, sei sempre tu! Sai, con quel vestito ti avevo scambiata per una delle mie vestali dell’amore.”
Lei salì in auto, facendo il possibile per sembrare inc@zz@ta. Seriamente inc@zz@ta.
Stava esagerando.
“Portami a casa in fretta.” disse con voce dura.
“Se non riesci a resistere possiamo farlo qui.” le rispose House, improvvisamente sicuro di sé. Quel briciolo di ira nella sua voce gli aveva fatto riconoscere Cuddy, la sua Lisa Cuddy. Quella che era così divertente tormentare.
Lei, di tutta risposta, indossò la cintura di sicurezza.
O almeno ci provò.
House la osservò tentare almeno una quindicina di volte di centrare il buco con la fibbia della cintura, senza successo. Quando lei alzò lo sguardo, lo trovò che la guardava, con un sorriso sincero stampato in faccia.
Un sorriso sincero.
Sinceramente divertito dalla sua difficoltà a indossare quella stupida, poco collaborativa cintura di sicurezza.
“V@ff@ncul0.” disse per sottolineare il suo disappunto. “Parti.”
Lui le si avvicinò, guardandola negli occhi. Sempre più vicino.
Afferrò la cintura alle sue spalle e la fissò con un gesto deciso. “Va bene per il vomito, ma se sporchiamo i sedili di materia grigia, Wilson chi lo sente?!”
Lisa si accorse che, da quando lo aveva visto avvicinarsi, aveva trattenuto il respiro. Chiuse gli occhi, e tentò di riprendere il controllo su di sé.
Aveva le vertigini, aveva pensieri strani per la testa…
Aveva sonno.
Si addormentò.

Si svegliò di soprassalto.
Qualcuno le stava scrollando violentemente una spalla.
House.
“Sveglia sveglia sveglia sveglia!” non sembrava avere intenzione di smettere.
Alzò una mano, tentando di fermarlo. Le stava scoppiando la testa.
Si guardò intorno, spaesata.
Erano ancora in macchina, fermi, ma quella che aveva davanti non era la sua villetta.
“Siamo a casa tua.”
“Hai intenzione di mettere i sottotitoli a tutto quello che vedi?”
“Perché non mi hai portato a casa mia?” riuscì ad usare un tono offeso, nonostante fosse terribilmente felice di essere lì.
“Ti ho portato a casa tua.” rispose House, slacciandosi la cintura e facendo lo stesso con lei. “Ma era arrivato prima tuo fratello.”
Scese dall’auto, facendo il giro per raggiungerla dal lato del passeggero.
Le aprì la portiera. “Dormi lì?”
“Mio fratello?!” non ci poteva credere. Era la seconda volta che Brian usava casa sua come la stanza di un motel. La sfuriata che gli aveva fatto la prima volta, evidentemente, non era bastata.
Posò i piedi a terra, tentando di scendere dalla macchina, ma i capogiri non erano passati.
House la aspettava con una mano sulla portiera, l’altra stretta intorno al suo bastone; la testa leggermente inclinata, e il suo solito sorriso ironico stampato in faccia.
Era irresistibile.
“Non starai facendo tutta questa scenata per non dormire sul mio divano?” la provocò lui.
In quel momento Lisa aspirava a qualcosa di diverso dal suo divano, ma preferì tenere la bocca chiuse e tentare di alzarsi.
“E’ molto divertente stare qui a guardarti mentre tenti di combattere contro la forza di gravità e i fumi dell’alcool per sollevare il tuo s€dere da lì ma…” la prese per un braccio, tirandola in piedi, e facendoselo passare dietro le spalle. Poi l’afferrò saldamente per la vita. “…non vorrei che qualcuno mi prendesse per un sadico. Cosa che assolutamente non sono. Ho una solida reputazione da masochista e ci tengo a mantenerla. La pietà dei vicini può essere molto vantaggiosa, sai? Un sacco di zucchero e caffè in regalo.”
Lisa non riusciva a seguire il suo discorso. Sentiva la pressione della mano sul fianco, mentre House, con fatica, camminava verso l’entrata del suo palazzo trascinandosela dietro.
Finalmente arrivarono all’atrio, alla porta d’ingresso.
Finalmente dentro casa sua.
Finalmente a quel divano.
“Uff.” House si lasciò cadere su quei cuscini assieme a lei. “Sei incinta, te lo dico io. E’ impossibile che pesi così tanto da sola.”
Lisa stava per ribattere qualcosa, ma fu interrotta dalla risata che non riuscì a trattenere.
House alzò gli occhi al soffitto, mentre si scostava da lei e si alzava, improvvisamente a disagio. Prima che potesse allontanarsi dal divano però, lei lo afferrò per una mano.
Si voltò, guardandola serio.
Lei aveva ancora quel sorriso radioso dipinto sul viso, e con la mano lo tirava verso di sé, con la stessa decisione, mista a delicatezza, che aveva usato ormai un’ora fa, nel bagno dell’Alexander Cafè.
House decise che doveva resistere, che era pericoloso cedere adesso.
Purtroppo, quando questi pensieri presero forma nella sua testa, era già troppo tardi.
Quando decise di resisterle, era già accanto a lei, e la mano della rigida dottoressa Cuddy era già risalita lungo il suo braccio, fermandosi poi dietro la sua nuca.
Quando decise di resisterle, quando decise di dirle di fermarsi, non poté parlare perché le sue labbra erano già impegnate a giocare con quelle altrettanto morbide del suo capo.
Ebbero entrambi la forte sensazioni di chi si sta mettendo nei guai con le proprie mani ma, da una parte la disinibizione portata dall’alcool, dall’altra l’incapacità di resistere a una donna che ti bacia con quel trasporto, li impedì di porre fine a quel momento. Neanche per quei pochi secondi che sarebbero bastati per chiedersi “cosa stiamo facendo?” e rompere la magia.
Quando Lisa sentì che la mano di House, che da alcuni minuti percorreva con indecisione la sua schiena, si era fermata sulla zip del suo vestito e la stava tirando giù lentamente, ebbe un istante di lucidità, seguito da un momento di autentico panico. La fatidica domanda arrivò “Cosa sto facendo?”.
Posò i palmi della mani sul suo petto, e lo allontanò con decisione. Era la prima volta, da quando le loro bocche si erano incontrate nel primo bacio, che si guardavano negli occhi.
“Sono ubriaca.” disse Lisa. Con quelle due stupide parole voleva dare ad entrambi una motivazione per fermarsi. In realtà, il tono fu quello di una giustificazione.
Una giustificazione per quello che stava per fare.
“Io sono stato assalito da una donna ubriaca.” Evidentemente House aveva intenzione di usare la stessa sua tecnica per liberarsi di ogni riserva.
Scoppiarono entrambi a ridere, questa volta per il nervosismo che prende inevitabilmente due amici che diventano amanti, quando si rendono conto che il corso degli eventi non si può più fermare.
House distolse lo sguardo, gesto insolito da parte sua.
La fortuna fu che i ripensamenti non coglievano mai entrambi nello stesso momento, e quando House sembrò avere un attimo di esitazione, Lisa non gli diede il tempo di agire, di scappare.
Si portò le mani dietro la schiena e si slacciò la zip del vestito, facendoselo poi scivolare sulle spalle.
“Mi son sempre chiesto quanto allenamento richiede un’azione come questa.” Il diagnosta tentò di ironizzare per cacciare l’imbarazzo. Si era imposto di guardarla negli occhi, ma diventava sempre più difficile. Lo splendido corpo che aveva più volte immaginato, stuzzicato da una scollatura o da uno spacco, era tutti intero davanti a lui.
Fu ancora Lisa a prendere l’iniziativa, rincominciando a baciarlo.
Quel divano stava diventando troppo stretto per i loro movimenti sempre più impazienti, ma nessuno dei due aveva la forza e il coraggio di interrompersi.
Fecero l’amore lì, e fu terribilmente scomodo e terribilmente bello allo stesso tempo.
Quando si ritrovarono una tra le braccia dell’altro, esausti e storditi, quell’imbarazzo e quella paura che avevano tentato di cacciare incominciò a farsi strada in loro.
“Cosa sto facendo?” diventava inevitabilmente “Cosa ho fatto?”, e si perdeva ogni possibilità di fermarsi in tempo.
 
Top
gioalle1
view post Posted on 27/2/2007, 22:20




vallyyyy!!!!

omg!!!!!!!

troppo bella, troppo bella, troppo bella!!!!

continuala presto, sei grande!

:Ciuffo02: :Ciuffo02: :Ciuffo02:
 
Top
°vally°
view post Posted on 4/3/2007, 23:52




CAPITOLO 4

Lisa appoggiò la fronte sulla spalla di House, e chiuse gli occhi. Non aveva mai smesso di girarle la testa, aveva ancora l’alcool che le scorreva nelle vene. Quello che era accaduto fino ad ora era confuso in un fiume di gesti, parole, mani e urla nel quale era stata trascinata, nel quale erano stati trascinati insieme.
“Non vorrai perdere i sensi proprio adesso?”
La familiare ironia di House la fece sorridere. Alzò il volto, trovandosi a pochi centimetri dalla sua bocca, ancora una volta. Lo baciò perché le sembrò la cosa più naturale del mondo.
Lui rispose al suo bacio, ma la guardava con una strana espressione, come se si aspettasse da un momento all’altro di veder ricomparire in quel corpo stretto al suo la Lisa Cuddy che conosceva. Quella donna decisa che teneva le distanze da lui con una professionalità impeccabile.
Non che lui avesse mai fatto diversamente…fino ad oggi.
Il suono del telefono gli fece trasalire.
“Chi è che ti chiama a quest’ora?” chiese lei confusa.
“Se mi fai alzare, lo scopriamo subito.” rispose House, prendendola per le spalle e scostandola con insolita delicatezza.
“Sono quasi le 2 di notte e non è il momento.” fu la prima cosa che disse al telefono, ma sapeva già chi era l’unica persona che lo chiamava a quell’ora della notte, senza farsi tanti problemi.
“Perché non è il momento? Sul videoregistratore esiste il tasto pausa.”
“Wilson cosa vuoi?”
“Voglio sapere perché non è il momento.”
House lanciò un’occhiata alla Cuddy, che si era raggomitolata sul divano, coprendosi con la sua giacca, trovata nel caos dei vestiti ammassati sul pavimento. Lo guardava con espressione interrogativa. Le fece cenno che andava tutto bene e si spostò in camera sua.
“C’è Lisa Cuddy nud@ sul mio divano.”
“E io ho quel tuo amico ciccione che dorme sul mio tappeto. Vestito. Per fortuna.”
Ci fu un attimo di silenzio da entrambe le parti.
“Stai scherzando?!” chiesero poi assieme.
“Si.” risposero entrambi.
Ancora qualche istante di silenzio.
“House, non c’è veramente la Cuddy a casa tua, vero?”
“Tu non avrai intenzione di ospitare per la notte quel tizio che ho incontrato alla fermata dell’autobus?!”
“No, era un po’ alticcio, ma gli ho fatto un caffè e l’ho buttato fuori. La prossima volta porta qualche birra in meno.La mia macchina?”
“Ce l’ho io, ti passo a prendere domani tesoro. Ora devo andare.” House tentò di tagliar corto quell’inopportuna conversazione.
“Va bene.”
Fece per riattaccare, ma sentì la voce di Wilson dall’altro lato della cornetta. “Aspetta!”
“Cosa c’è ancora?” chiese infastidito.
“Non lasciarla dormire sul divano.”
Prima che potesse approfittarsi del suo silenzio, House riattaccò.
Lanciò il telefono sul letto, irritato dalla capacità di Wilson di capire sempre tutto al volo di lui. Indossò un paio di boxer e dei pantaloni comodi.
Doveva tornare di là…e c’era Lisa Cuddy nud@ sul suo divano. Si passò una mano sugli occhi, mentre pensava a qualcosa di sensato da dire o fare.
Di solito, dopo aver fatto s€sso con una donna, le dava qualche banconota e le indicava la porta. Lei sarebbe inevitabilmente rimasta a casa sua tutta la notte e, cosa più destabilizzante di tutte, ne era contento.
Prese una delle sue magliette e, sospirando, tornò in sala.
Lei non si era mossa: si stringeva le ginocchia, cercando di coprirsi il più possibile con la sua giacca.
“Stai meglio?”
Lisa si voltò per guardarlo, perplessa.
“Intendo la sbronza. Ti gira ancora la testa?”
“Si un po’.”
“Ti ho portato questa.” le lanciò la maglietta. “Quella giacca costa troppo per usarla come pigiama.”
Lei gliela passò con un sorriso, e indossò la maglia di House.
Aveva il suo odore.
“Vuoi un caffè?”
Quello era il suo modo di ringraziarla per quello che c’era stato tra loro poco fa.
House sapeva che una donna avrebbe voluto essere abbracciata, avrebbe voluto sentire qualche parola dolce. Lui l’aveva fatto solo per poche elette, e non perché volesse mostrarsi distaccato. E’ che proprio non ci riusciva.
Questa volta era ancora più difficile del solito. Era lei.
Non sapeva come comportarsi.
“Ok, grazie.”
House andò in cucina, lasciandola ancora da sola.
Si sentiva strana. Non solo per l’alcool, quello incominciava ad evaporare lentamente dal suo corpo.
Si sentiva strana per quello che aveva fatto, e per quello che stava accadendo.
Avevano fatto l’amore con voracità, con passione.
Ora era gentile con lei, riconosceva in quei piccoli gesti quella tenerezza che probabilmente non era in grado di dare in altri modi.
Quell’imbarazzo da cui non riuscivano a liberarsi era però una pesante ombra su di loro.
House tornò, porgendole una tazza. Si sedette accanto a lei, e bevvero in silenzio.
“Era Wilson?” chiese Lisa, tentando di intaccare quel gelo glaciale che era sceso su di loro.
“Si.”
House non sembrava in vena di conversare.
Lo preferiva centomila volte quando la riempiva di battute sarcastiche ed insulti pungenti.
Così era snervante.
Lisa finì il suo caffè e appoggiò la tazza sul tavolino di fronte a lei. “Vado un attimo in bagno.” disse, mentre si alzava e spariva lungo il corridoio.
Casa sua era piccola, l’avrebbe trovato senza problemi. I problemi in quel momento erano ben altri. Aveva voglia di stringerla ancora, di baciarla ancora.
Ma ora stava bene, la sbornia le era passata quasi del tutto. Probabilmente si stava chiedendo cosa diavolo aveva fatto. Probabilmente si era pentita.
La razionale Lisa Cuddy non sarebbe mai andata a letto con un suo dipendente, tantomeno con lui. Non perché non ne fosse attratta, House sapeva che aveva sempre avuto un debole per lui, ma perché era fedele alla sua posizione, al suo ruolo. Era stato l’alcool, solo quello.
Finì in un sorso il suo caffè e tornò in camera da letto. Prese una coperta e ritornò nell’altra stanza per abbandonarla sul divano.
Quando fu di nuovo nella sua camera, si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò. Incominciò a far roteare il suo bastone davanti a lui, sempre più veloce. Doveva pensare.
Gli tornarono in mente le ore precedenti, da quando aveva visto lei e Chase nascondersi in quel bagno, fino ad ora. Inevitabilmente, gli scappò un sorriso.
Dall’indomani in ospedale sarebbe cambiato qualcosa, Wilson si sarebbe accorto di tutto in poche ore, e probabilmente anche Cameron. Accidenti a loro e alla loro sensibilità, era così irritante.
Le cose sarebbero cambiate, ci sarebbe stato un po’ di imbarazzo per un po’, i riferimenti s€ssu@li che le faceva spesso sarebbero diminuiti, lei lo avrebbe richiamato di meno perché stare da sola in ufficio con lui sarebbe diventato pericoloso.
Ma solo per un po’, poi le cose sarebbero tornate come prima.
Erano due adulti.
Sentì che chiudeva la porta del bagno e camminava piano verso il divano. Lo attraversò un brivido quando la sentì passare accanto a lui, con solo quella porta sottile a dividerli.
Alzò gli occhi al soffitto. “Dannato Wilson!” disse ad alta voce, lasciandosi sfuggire un pensiero abitudinario.
Aprì la porta di scatto e la raggiunse.
Lisa aveva indossato la sua maglietta, che la copriva fino a metà coscia; House seguì con lo sguardo le gambe nud€, osservò le sue forme sparire sotto quella maglietta decisamente troppo larga per lei. Aveva raccolto i capelli e stringeva la coperta che le aveva lasciato sul divano.
Le si avvicinò e gliela tolse di mano. “Vai a dormire nel mio letto.”
Risuonò come un ordine, deciso e duro.
Lisa però non si mosse.
“Ti conviene approfittarne prima che cambi idea.” continuò deciso, ma le sue parole avevano già perso un po’ della precedente durezza.
Lisa sorrise.
Un sorriso all’inizio indeciso, ma che in pochi istanti le illuminò il volto.
Afferrò di nuovo la coperta e la gettò sul divano.
Poi fece scivolare una mano in quella di House e incominciò a camminare verso la camera da letto.
Lui scosse la testa, confuso ma nello stesso tempo sollevato dalla sfacciataggine della Cuddy.
Ma la cosa di cui le fu più grato è che non parlò.
Non disse niente mentre si infilavano insieme sotto le coperte, quando spensero la luce.
Niente. Neanche “buonanotte”.
Le fu immensamente grato per questo.
Non smisero però di guardarsi, finché il buio non li costrinse a tenersi vicini in un altro modo, meno innocente.
All’inizio fu solo la sua piccola mano, che per la seconda volta in pochi minuti cercò quella del diagnosta. Questo però bastò loro per poco.
Le mani incominciarono un lento viaggio sulla loro pelle, quattro mani che, in perfetta armonia, suonavano una musica di sospiri.
Come potevano due incontri tra un uomo e una donna così vicini nel tempo e nello spazio, essere così diversi?
Il buio e il silenzio permisero a quel fastidioso imbarazzo di rimanere per un po’ lontano da loro, di lasciarli in pace.
Gli permisero di assaporare ogni singolo fremito, ogni singolo sapore.
La voracità lasciò spazio a una metodica accuratezza, e a una delicatezza che era così difficile, di solito, sposare con il s€sso.
Si accarezzarono a lungo, mentre le loro bocche non smettevano mai di cercarsi. Quando finalmente fecero l’amore, fu difficile ad entrambi comprendere se erano ancora svegli, insieme in quel letto, o se il piacere di quell’unione era solo un sogno.
Si addormentarono così uno tra le braccia dell’altra, senza smettere di sognare.


Lisa spalancò gli occhi.
Il suo affidabilissimo orologio interno fu preciso come ogni mattina.
Erano le 7, ora di alzarsi per andare a lavoro.
Si scoprì con un gesto rapido, ma il freddo non la colse come ogni mattina. Il braccio di House, abbandonato intorno alla sua vita, le trasmise un piacevole calore che non provava da tempo.
Era così bello svegliarsi con un uomo accanto.
Sorrise, mentre scendeva dal letto, tentando di non svegliare House.
Andò in bagno e, come d’abitudine, accese l’acqua della doccia.

House spalancò gli occhi, svegliato del fastidioso scrosciare dell’acqua.
Guardò per qualche istante la metà vuota del letto, accanto a lui.
Si alzò a sedere, guardandosi intorno.
Ancora vestiti sparsi sul pavimento. La colf si sarebbe divertita quella mattina.
Si rivestì, come aveva fatto la notte precedente. La prima volta era stato inutile, dopo pochi minuti si era ritrovato ancora nud0…
Aggrottò la fronte, spostando lo sguardo per la stanza come se stesse cercando qualcosa.
La trovò: la sua maglietta che aveva prestato a Cuddy per dormire.
Decise di lasciarla dov’era, di lasciare tutto così. Sentiva uno strano equilibrio, era tranquillo e rilassato. Anche la gamba non faceva male quasi per niente.
Andò in bagno.
Entrando, buttò un’occhiata veloce verso la doccia, notando la sagoma del corpo di Lisa dietro il vetro smerigliato.
Si avvicinò al lavandino, prese il rasoio e incominciò a farsi la barba: evento straordinario.
Quasi quanto condividere il bagno con Lisa Cuddy.
L’acqua della doccia si spense e, dal riflesso dello specchio, poté vedere un braccio muoversi rapido verso l’asciugamano appoggiato lì accanto. Pochi istanti e lei uscì dalla doccia, i capelli bagnati tirati all’indietro e il viso rosso per il calore dell’acqua.
O almeno così preferirono credere entrambi.
I loro occhi si incontrarono nello specchio appannato.
“Già sveglio?” chiese lei, prendendo un asciugamano più piccolo e incominciando a frizionarsi la testa.
“Avevo paura che mi facessi fuori tutta l’acqua calda.”
Lei sorrise e gli si avvicinò. “Hai un phon?” gli chiese, aprendo l’armadietto sotto al lavandino. Lui si spostò per farle spazio, guardandola incuriosito mentre si muoveva con naturalezza in casa sua. Nel suo spazio.
“No, avevo preso in ostaggio quello di Wilson ma è riuscito a riaverlo battendomi a pocker.”
“Fa niente!” esclamò, rincominciando a passarsi con forza l’asciugamano sui capelli.
Pochi istanti dopo, lasciò il bagno.
House finì di tagliarsi la barba, godendosi la strana sensazione che le dava avere una donna in casa che si comportava come…una donna in una casa.
La cosa che lo incuriosiva di più era che si sentiva estremamente tranquillo.
Talmente tranquillo che, invece di rifugiarsi in camera da letto, raggiunse Lisa che era seduta sul divano galeotto, e cercava qualcosa tra i cuscini.
Ad un certo punto afferrò soddisfatta il suo telefonino, compose un numero e attese. Quando House le si avvicinò, gli fece spazio accanto a lei, spostandosi distrattamente.
“Brian, sono io.” disse con voce severa. “Lascia perdere le scuse. Tra poco sono a casa, vedi di non farmi trovare sorprese.” si alzò, raccogliendo da terra il suo vestito rosso. Incominciò a rigirirarselo nella mano, mentre con l’altra reggeva ancora il telefonino. “C’è qualcosa nella dispensa.” continuò rivolta al fratello. “Ciao, a tra poco.” concluse infine.
House prese il telecomando e accese la tv, fingendosi interessato al telegiornale mattutino.
In realtà, con la coda dell’occhio, osservò Lisa indossare il suo abito, le sue scarpe, e legarsi i capelli bagnati. Quando fu pronta si piantò decisa tra lui e il televisore.
“Mi puoi prestare la macchina di Wilson? Tu puoi andare a lavorare in moto, io devo passare da casa a cambiarmi e poi correre in ospedale, ho una riunione importante del consiglio d’amministrazione stamattina.”
House la guardava stupito, ma Lisa non riuscì a cogliere questa espressione che non aveva mai visto sul suo volto. “Ho detto a Wilson che lo passavo a prendere.” le rispose, un po’ stordito dall’assurdità di tutta quella…familiarità.
“Lo passo a prendere io.” rispose lei, senza esitazioni.
“Ok…” prese le chiavi accanto alle due tazze di caffè, ricordo di quella strana nottata, e gliele porse.
Lei le afferrò e indugiò un attimo quando le loro dita si sfiorarono.
“Sono in ritardo.” disse, come scuse e saluto. “Ci vediamo più tardi.”
Quando fu sulla porta si voltò a guardarlo, ma lui le dava le spalle, rivolto passivamente alla tv, come solo un uomo può fare.
Non sentendo però la porta chiudersi dietro di sé, House si voltò perplesso.
Quando i loro occhi si incontrarono, un sorriso spontaneo salì alle labbra di entrambi.
“Ciao.”
“Ciao.”

House fissò ancora qualche minuto il televisore, con un’espressione divertita stampata in faccia. Le immagini che si susseguivano nella sua testa erano ben diverse da quelle sullo schermo.
Non pensava alla loro notte insieme, ma pensava a quella strana mattina.
Pensava alla naturalezza, alla spontaneità. A come era stata brava a non rovinare tutto.
Niente discorsi, niente baci, niente abbracci.
Tutte queste erano però finte mancanze, gesti sostituiti splendidamente da quei sorrisi, da quegli sguardi, da quel stare vicini, insieme, con quella sintonia e complicità che era impossibile creare.
C’era e basta.
Si alzò dal divano e spense la tv.
Fece tutto quello che faceva ogni mattina: si lavò, fece colazione, si vestì.
C’era qualcosa di diverso però: l’allegria.
Forse per quel raggio di sole che entrava dalla finestra della cucina.
Forse per Lisa Cuddy.

Per quello splendido raggio di sole che era Lisa Cuddy.


FINE
 
Top
rabb-it
view post Posted on 5/3/2007, 18:13




Ok letta tutta

e brava Vally, unica pecca, ma piccolina piccolina e poi è una pecca per me... hehehe il lato shipper ha prevalso :-P

ok battutacce alla rabb-it a parte

complimenti

 
Top
°vally°
view post Posted on 5/3/2007, 18:17




Lo so rabb-it, questa fanfic è super shipper!
Mi impegnerò a scrivere qcs di più serio a breve ma....prima dovevo farli finire a letto assieme! :lol:
Thanks x i complimenti!
 
Top
gioalle1
view post Posted on 5/3/2007, 18:35




CITAZIONE
il lato shipper ha prevalso

vero

meglio!!!!!!

a me il lato ship che ti ha preso la mano è piaciuto un sacco!

poi è scritta bene...è cominciata in maniera ironica ed è finita romantica....
l'ironia lascia il suo posto proprio nel punto in cui non ce n'è più bisogno....
i personaggi mi sembrano reali e fedeli all'originale...per quanto non abbiamo un metro di paragone reale ad una sensazione simile vista negli epi!!!

scusa...non volevo fare il critico letterario....mi son fatta prendere la mano pure io!!

complimenti anche da parte mia, quindi!!
 
Top
°vally°
view post Posted on 5/3/2007, 19:13




Grazie Gio!!!
:AngelStar14:
 
Top
rabb-it
view post Posted on 5/3/2007, 19:17




CITAZIONE (°vally° @ 5/3/2007, 18:17)
Lo so rabb-it, questa fanfic è super shipper!
Mi impegnerò a scrivere qcs di più serio a breve ma....prima dovevo farli finire a letto assieme! :lol:
Thanks x i complimenti!

Ma hai fatto benissimo a scriverla così, non dare peso alle mie... paturnie!

più serio?

No daiiiii


questa era stupenda ironica al punto giusto, e se anche il lato shipper prevale.... bhe meglio nelle fanfic che nella scenggiatura di House!


NOI fan da qualche parte dobbiamo sfogarci!


:Cactus02:

e le ff stanqui apposta!


:Azzurro06:
 
Top
10 replies since 15/2/2007, 23:23   285 views
  Share