Stagioni –Make a baby-, Huddy: A grande richiesta, ecco il seguito di ‘Sì, lo voglio!’

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icon12  view post Posted on 11/3/2007, 12:02

direttore dell'ospedale

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Qualche piccola, doverosa premessa: quando ho pubblicato Sì, lo voglio! non avrei mai pensato di ottenere così tanti consensi… mentre la scrivevo, avevo un’idea sfocata di come la vicenda sarebbe potuta proseguire, ma.
E’ solo grazie al vostro caloroso incoraggiamento, se ho avuto la spinta a continuare la storia. Ed è per questo che la dedico a voi.
Tuttavia, è stato più difficile di quel che credevo: divertente ma complicato. La Cuddy si è dimostrata particolarmente reticente, e House – come nella sua cocciuta natura - non è stato assolutamente collaborativo, anzi! Ha fatto tutto di testa sua… Non so se questa fic sarà altrettanto IC, come la precedente. Io, dal canto mio, mi ritengo discretamente soddisfatta… ma, poi, giudicare spetta a voi.

Un’ultima cosa: questa non è una song-fic, benché sia nata ascoltando ‘Stagioni’ dei Nomadi, una delle poche canzoni che riesce sempre a far vibrare le corde della mia interiorità in un modo assurdamente struggente e profondo. Ritengo ‘Stagioni’, e la toccante interpretazione di Augusto, il filo rosso che sottende tutti i capitoli di questa storia. Se potete, ascoltatela. Non cercate di capirla, sentitela col cuore.




Stagioni

–Make a baby-


By elyxyz






Capitolo I – La cena : contratto d’accoppiamento.





Ecco che il tempo cambia già,
comincia qui un nuovo ciclo ormai,
e sento che la mia stagione è qui,
fa freddo ma c'è il fuoco accanto a te.

(Nomadi, Stagioni)






Erano le 20.03, quando il campanello suonò a casa della dottoressa Cuddy.
Un trillo solo. Né lungo né troppo corto.
Lei pregò irrazionalmente che fosse la signora Spencer, la sua smemorata vicina ottantenne che finiva sempre il latte e veniva puntualmente a chiederlo a lei.
Ma sapeva che non avrebbe potuto mentirsi ancora a lungo, quando il citofono riprese a trillare, stavolta con fastidiosa insistenza.
Lisa Cuddy fece un ampio, lento respiro, per incanalare aria e coraggio, e poi si diresse a passo marziale verso l’entrata e l’aprì.

Gregory House sostava lì davanti, fischiettando allegramente un motivetto di dubbio gusto, e la fissò spudoratamente da capo a piedi, soffermandosi a lungo sui seni fasciati: indossava ancora quel tailleur castigato da educanda, che le aveva scorto di sfuggita in mensa, qualche ora addietro.

“Abbiamo un concetto lievemente diverso di ‘baby-doll color carta da zucchero’.” Esordì entrando, senza aspettare di essere invitato.

“C’è stata un’emergenza, oggi pomeriggio, e sono appena rincasa.” Si giustificò d’istinto, pentendosene poi; quindi lo ammonì a sua volta “Anche il tuo cercapersone dovrebbe aver suonato parecchio!”

House simulò un’esemplare caduta dalle nuvole.
“Ah, era quello?”

Lisa avrebbe sinceramente voluto torcergli il collo, ma lui la prevenne, disorientandola: “Toh, un pensierino.” E le appioppò sbrigativo una bottiglia e un anonimo pacchetto bianco.

Lei fissò alternativamente il pregiato vino rosso e il sacchetto, che teneva tra le mani, con genuino stupore.
Soffiò un “Grazie” di circostanza, a cui lui replicò “Mph… Dovere.”

La dottoressa posò la bottiglia sul tavolino del salotto, senza impedirsi di provare curiosità verso il dono. Svolse quindi la carta, estraendone il contenuto.

“Ma sono…!” esordì, allibita.

“Due confezioni per cinque tentativi: 10 test di gravidanza.” Concluse lui, con fare pratico.

La Cuddy sollevò uno sguardo inquisitorio sul collega: “Non mi dire che li hai rubati dal magazzino dell’ospedale!” tuonò, scandalizzata.

House stiracchiò le labbra in un ghigno poco raccomandabile. “Ma per chi mi hai preso?!” si difese, impostando un tono medio-ironico simil-oltraggiato. “Potrei mostrarti lo scontrino del supermercato, se tu me lo chiedessi...” ribatté, fiero.

“E se io te lo chiedessi?” non demorse, insinuante.

“Ti direi che saresti maleducata, che i regali sono regali e che a caval donato non si guarda in bocca!” dichiarò, polemico.

Lei fece una smorfia non del tutto convinta, ma si rese conto da sé che forse aveva oltrepassato il limite. E che quella serata stava partendo col piede sbagliato.

Posò anche le due scatole e gli rivolse una domanda a bruciapelo.

“Come facevi a sapere che stasera sarebbe andata bene?”

Greg si strinse nelle spalle, come se fosse un’ovvietà.
“Perché altrimenti avresti rifiutato.”

“Ma io ho…”

Mia cara,” l’interruppe “tu hai tentennato, non rinunciato. Il che è diverso…”

“Io, tutta questa dicotomia dialettica, non ce la vedo…” borbottò, poco convinta.

“Allora sarà stato il mio istinto di maschio in caccia a darmi l’imbeccata!” e la guardò, allusivo.

“Mi stai squadrando come se fossi un feromone ambulante…” constatò, a disagio.

“Perché… non lo sei?”

“Sì, ma…”

“Vedi che ho ragione?! Io ho sssempre ragione!” proclamò, con presunzione.

“Cosa ordino per cena, Mister Modestino?” tagliò corto lei, sfilandosi la giaccia del completo.

Per una volta fu lui a non seguire il suo ragionamento, o forse era troppo intento ad analizzare la generosa scollatura della camicetta, l’unico vezzo di lei che gli era rimasto - fino a quel momento - precluso.

“Eh?!” sbottò, togliendosi a sua volta il giaccone in pelle da centauro. Indossava una camicia celeste che richiamava in modo dannatamente sexy l’azzurro delle sue iridi.

Fu il turno della donna di mangiarselo con gli occhi, ma lei si giustificava con gli ormoni… e la carica erotica di Gregory House sarebbe stata evidente anche ad un cieco!
…quel triangolino di pelle, poi, che spuntava dallo scollo sbottonato…
Lisa sbatté le palpebre come se avesse preso una scossa: House non stava portando una di quelle discutibili magliette da adolescente heavy metal, che lei tanto biasimava… Oh, Dio! Ma allora faceva sul serio!

“Puoi ripetere?” chiese lui, riportandola coi piedi per terra.

“Ah, oh!” cercò di riordinare le idee. “Non ho fatto in tempo a fare la spesa. Ordino cinese, indiano, o una pizza?”

“Pizza, con quel meraviglioso vino?! Ho speso un occhio della testa per quella bottiglia!” esclamò, contrariato “…o pensi che abbia convertito le sacche di plasma?” disse malignamente, per farla sentire in colpa.

“Ti porto al ristorante.” Propose, come ultima spiaggia.

“Mmm… no. Andrebbe troppo per le lunghe.” Rifiutò.

“Allora mi arrangio con quello che ho in casa.”

Greg fece una faccia comicamente sconvolta: “Perché tu sai cucinare?!”

“Non vivo di cibi preconfezionati e schifezze, come te!” si difese, varcando la soglia della cucina. “E poi sono di origine italiana, e tutte le italiane sono maestre d’arte culinaria…”

House parve sorpreso da quest’ultima affermazione.
“Ti conosco da tanti anni, ma non lo sapevo.” Ammise.

“I miei nonni materni sono emigrati in America, ma ho ancora un sacco di cugini in Italia. Ogni tanto vado a trovarli…” aprì la dispensa. “Pesto alla genovese, sugo alla puttanesca, o aglio-olio-e-peperoncino?”

“Il peperoncino è afrodisiaco!” annotò Greg, ammiccando.

“E l’aglio è un deterrente per la mia vita sociale.” Lo freddò lei, afferrando un barattolo di ragù dall’aspetto casalingo. “Spaghetti, tagliatelle o maccheroni?”

“Ti lascio carta bianca, avvelenami come meglio preferisci.” Rispose lui, guardandosi intorno.
Era già stato a casa di Lisa altre volte, ma sempre per questioni di lavoro e quindi tutto gli dava un’impressione nuova. “A proposito di carta bianca… dov’è?”

“Dov’è, cosa?” ripeté la donna, posando la pentola sul fuoco.

“Il contratto d’accoppiamento! Ti ho lasciato ben 24 ore di generosità, perché tu potessi contattare il tuo avvocato, – non credo tu sia stata tanto sciocca da rivolgerti ai legali dell’ospedale – per la stipula di un’intesa pre-bebé… sai, tutte quelle clausole secondo cui io non accamperò pretese né ora né in futuro, che non dovrò riconoscerlo, che non mi chiederai gli alimenti, e deciderai da sola il nome, che scuola fargli frequentare, e tutte queste menate…”

Lei arrossì, imbarazzata.
Doveva riconoscere che ci aveva pensato, eccome.
Per tutelarsi, perché non si sa mai…
Ma alla fine ci aveva rinunciato. Le sembrava un colpo troppo meschino: ‘prima di andare a letto, firma qui.’

Forse stava sbagliando; ma, in cuor suo, sapeva che poteva fidarsi di Greg.
“Non c’è alcun accordo. Niente avvocato.”

Il diagnosta ne parve piacevolmente sorpreso.


****


“Mmm! Sai che non è mica male?!” riconobbe, aggiungendosi un’altra abbondante dose di cacio sui maccheroni.

Lei sorrise, compiaciuta. “Tradizione di famiglia…”

“E quindi… com’è...? Ti chiami ‘Lisa’ perché era il nome di tua nonna? E’ tipico di voi mangiaspaghetti…”

“Veramente, lo devo alla Monnalisa, la celebre opera di Leonardo. Mia madre ne era affascinata.”

“Ho sempre avuto il sospetto che aveste qualcosa in comune, voi due…” borbottò, sibillino.

“Chi? Io e Leonardo?” domandò lei, sollevando un sopracciglio dubbiosa.

“No, tu e il ragazzino che lo ha ispirato! Lo sai che diverse correnti di pensiero ritengono che, quel sorriso enigmatico, fosse in realtà quello di un maschio?, un suo amante, pare.”

Lei strabuzzò gli occhi, sottosopra. “Le ultime ricerche dicono che gli abiti raffigurati nel dipinto fossero quelli adoperati dalle puerpere del tempo!”

“Uh, beh… nel tuo caso, non cambia molto… Lo sai, vero, che anche un’adeguata terapia ormonale sostitutiva non basta? Io non faccio i miracoli… anche se una volta ho fatto a gara con Dio…”

“Ma non mi dire!”

“E ovviamente ho vinto io!” disse, orgoglioso. “E quindi avanzo ancora un favore da lui.”

“E lo useresti per me?” Chiese, bonariamente stupita.

“Potrei chiedergli di togliermi una costola o due… ma credo sia discretamente doloroso e poi tu mi sembri un caso abbastanza disperato.” Ne convenne, adeguandosi al suo tono scherzoso.

“Dovrei esserne onorata?!” replicò la donna, stando al gioco. “Ti va un caffè?” propose, iniziando a sparecchiare. “Accomodati in salotto, ma non sul cuscino giallo; io arrivo tra un minuto.”

Greg si sistemò distrattamente sul divano “E perché non il cuscino canarino?” chiese, alzando la voce per farsi sentire nella stanza accanto.

“Perché…”

“Ahi!”

“Ecco, perché!” concluse lei, affacciandosi sulla soglia.

“Quel mostro mi ha assalito!” esordì il medico, additando con malcelato astio un bellissimo persiano perlato.

La Cuddy nascose un sorriso. “Ti presento Saphyr, il maschio dominante della casa. Hai violato il suo territorio, e non gli piacciono gli estranei.”

“E a chi piacciono?!” Lo giustificò, senza però sospendere l’ostilità.

Lisa scomparve di nuovo, per apparire poco dopo, con un vassoio e due tazze fumanti.

Gregory e il gatto la attendevano sul divano, uno accanto all’altro, in uno striminzito armistizio.
“Ma è pazzesco!” esclamò, a dir poco stupita.

“Abbiamo fatto due chiacchiere, io e lui.”

“…e…?”

“E ha capito che io sono il capobranco, il maschio alfa…”

“Ti ha distrutto una mano.” Obiettò.

Lui fece spallucce. “E’ una sciocchezza, una piccola divergenza d’opinione su chi dovesse tenere il telecomando…”

Lei scoppiò in una spontanea, cristallina risata. La cena si stava svolgendo meglio di quel che credeva. Si accomodò tra il gatto e il collega, e gli offrì la tazzina che lui accettò di buon grado.

“Veniamo alle cose serie.” Fu il suo preambolo, sorbendo la nera bevanda.

E Lisa si pentì del pensiero formulato pochi istanti prima.
“Dimmi.” Esalò, di malavoglia. Sapeva che era una parte che non poteva saltare.

“Non credo di essere il primo a cui chiedi un aiuto.”

“Non in questi termini… comunque no, non sei il primo.” Ammise, mentre apriva il doloroso scrigno dei ricordi. “Ci ho provato con gli ultimi due compagni che ho avuto; poi, cinque inseminazioni: tre fallimenti, due aborti spontanei.”

“E perché non mi hai chiesto un consulto? Potrei trovare l’origine del tuo problema!” la rimproverò, come se avesse fatto un errore da dilettante.

“Perché non sei un esperto di poliabortività!” reagì lei, scaldandosi. “E tutti gli esami sono sempre dannatamente perfetti, non c’è una ragione fisiologica…” sussurrò, come se si addossasse il peso del fallimento.

“E un’adozione sarebbe fuori discussione…?”

Lisa lo fissò con tanto d’occhi, non s’aspettava certo una domanda così, da lui.
Scosse la testa, in segno di diniego. “Voglio provare ancora, prima di rassegnarmi.”

“E tu, donna, partorirai con dolore…” le intimò, con fare solenne, come se fosse stato un giudizio divino. “E’ quello che tutte sognano, no?!” la provocò, irritante.

“E’ quello che desidero io!” ribatté lei, mortalmente seria.

Rimasero per un po’ in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri. Poi Greg esordì con un’altra affermazione curiosa: “Stasera cosa programmiamo? Un maschio o una femmina? Perché lo sai, vero, che gli spermatozoi Y sono più veloci, ma meno resistenti; e quelli X hanno più probabilità di rimanere vitali dopo l’ovulazione… vuoi un maschietto o una femminuccia?!” ridomandò, come se illustrasse gli optional di una nuova auto sportiva.

“Voglio un bambino, non mi importa cosa sarà!” ribadì, asciutta. “Berrei anche il latte di gallina, per averlo, e tu la fai così facile!”

“Il latte di gallina?” ripeté lui, impressionato.

“E’ solo un modo di dire!”

“Nh… l’avevo intuito.” Controbatté, schizzinoso.

“Guarda che non ti ho chiesto di accompagnarmi al Ballo Studentesco, perché sarò la Reginetta della Festa di Maggio! Prendi seriamente questa faccenda!”

“Ma io sono serio! A tal punto che, se vuoi un maschio, devi lasciarmi dieci minuti d’intimità con il tuo bagno, prima, per il cambio dell’olio!”

Lisa non reagì, preferendo concentrarsi su Saphyr, piuttosto che su quella sterile discussione.

“E tu, invece,” riprese Gregory “sai a cosa vai incontro? Sai a cosa rinuncerai, per i prossimi… uhm, 25 anni?!”

“Sì, che lo so! E sono pronta a fare sacrifici! Anche se non ho realizzato tutti i miei sogni nel cassetto…”

“Quali sogni?”

“Visitare Parigi, attraversare il Sahara, vedere il tramonto sulla spiaggia di Yokohama…”

“Io l’ho visto, e non è un granché.” Obiettò lui.

“Tu non hai il senso del romanticismo.” Lo contestò.

Lui fece un ghigno d’accettazione malriposta.
“Sono punti di vista. E poi?”

“Le bianche scogliere di Dover, i castelli in Scozia…”

“Ohi! Miss Fogg! Ci manca solo il giro del mondo in 80 giorni! Qualcosa di più normale?”

“Beh, mi sarebbe piaciuto, ma non mi sono mai lanciata con un paracadute e non ho mai guidato una moto.”

“All’ultima possiamo rimediare.” Concesse, magnanimo.

“E come, quando?!” s’agitò, colta alla sprovvista.

“Adesso, ovvio!” fu la risposta del medico, che si sollevò dal divano puntellandosi col bastone. “Vatti a mettere qualcosa di comodo, come pensi di inforcare la moto con quell’armatura di gonna?”

Stranamente lei non obiettò, come s’era aspettato Greg.
Sparì in camera da letto, per ritornare poco dopo, con un paio di pantaloni comodi, un golfino e un paio di scarpe adeguate ai piedi.
Allungò una mano sulla mensola d’entrata, e afferrò un fermaglio con cui si raccolse i riccioli in una morbida coda. “Sono pronta.”

Lui indossò nuovamente il suo giubbotto, e lei una giacca sportiva.
Spensero la luce della casa senza convenevoli, e si diressero nel vialetto a lato della casa.
House le lanciò il suo casco che lei prese al volo, quindi salì sull’Honda senza aspettarla.

“Ma non dovrei guidarla io?!” chiese la Cuddy, come se non le tornassero i conti.

“Vuoi che ci arrestino per guida pericolosa?!” fu la contestazione, colorata dall’ovvietà “Ti porto in periferia, dove farai meno danni…”

“E perché il casco a me?!”

“Faccio fatica anche solo a concepirla, un’idea così, figurarsi a realizzarla! Ma sarebbe alquanto difficile farti chiamare ‘mamma’, se sei in coma per una commozione cerebrale da incidente stradale.”

“Menagramo!”

Lui sorrise.
“Si dice ‘previdente’. Salta su.” E diede gas. Lei fece quanto richiesto. “E aggrappati forte, non ho intenzione di molestarti mentre sto guidando!”


****


“Wow, fantastico!” esclamò la dottoressa, sfilandosi il casco davanti a casa propria.

“Potrei vomitare l’anima…” piagnucolò invece il dottor House, inscenando un finto malessere.

Lei lo squadrò con sufficienza.
“Non ho guidato male!”

“Le mie budella hanno visto di peggio solo sulle montagne russe…” si lamentò, querulo.

“Esagerato! Vuoi una compressa di metoclopramide?”

“No. Lascia perdere.” Si frugò in tasca e ingoiò due pasticche di Vicodin. Le prime della serata. “Voglio che lo stomaco scenda dalla gola, e poi ripuntiamo l’attenzione sul nostro obiettivo primario.”

Ma qualcosa s’era inevitabilmente frantumato, con quel gesto. O forse erano state le sue parole.
Lei comunque non commentò. Si limitò ad annuire e a fargli strada verso l’interno della sua abitazione.



Continua...



Disclaimers:
I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note: Il metoclopramide è un principio attivo, che serve comunemente a combattere il senso di nausea e vomito.

La fic consta di 3 capitoli e l’epilogo… che sono già finiti, e in fase di limatura. Quindi non dovrete attendere molto! ^__=

Chi mi conosce sa quanto leggendaria sia la mia pignoleria. Mi sono documentata a dovere, mentre scrivevo i vari capitoli; tuttavia, mi sono divertita, qui e in seguito, a mescolare credenze popolari e consigli medici reali… gli addetti del settore sono pregati di accogliere bonariamente questa mia ‘licenza letteraria’.

Ritengo che il desiderio di maternità - e tutto ciò che ruota attorno al mondo della procreazione - sia un tema che va trattato con delicatezza, ma anche con realismo, senza scivolare nell’indecenza.

Il giorno in cui una mia amica perse il suo bimbo in un aborto spontaneo, il ginecologo di turno le disse: “Non tutte le ciambelle escono col buco.”
Lascio a voi immaginare la sua faccia.

Probabilmente sarà una precauzione eccessiva, ma mi auguro sinceramente che la mia storia, qui o più avanti, non sia motivo di sdegno.
Non è mia intenzione calpestare la dignità di nessuno.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al mio divano blue navy: [email protected]

Grazie (_ _)

elyxyz



Edited by LaurieLo - 18/3/2007, 14:48
 
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Babyu2
view post Posted on 11/3/2007, 15:37




è bellissima, i miei complimenti *.*
Hai un ottimo stile, mi piace molto leggere quello che scrivi, descrivi bene ogni scena. Mi sembrava di avere ogni scena davanti agli occhi ^^
Molto brava!
Aspetto il seguito eh, non tenermi sulle spine *.*
 
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view post Posted on 11/3/2007, 15:50

direttore dell'ospedale

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Grazie!! :AngelStar01:
Sono arrossita dai tanti complimenti! :AngelStar26:
...qualche giorno, e posterò il seguito... ^_^ resta sintonizzata! :GrazieGrazie:
 
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rabb-it
view post Posted on 11/3/2007, 17:25




mi piace la tua ff...

ed è grave per una che dice di detestare lo shipperismo, prima o poi dovrò spiegare da dove arriva quest'antipatia per lo shipper, visto che poi le ff le leggo e quelle sono quasi tutte shipper...


Il divano blu navy....

no preferisco i commenti pubblici, magari scrivo sconclusionato però al massimo puoi chiedere chiarimenti, mentre in pvt... bhe il pvt mi sa di nascosto di... vile...e già di nick faccio coniglio... hai presente?

ciao e attendo il seguito!
 
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view post Posted on 11/3/2007, 20:10

direttore dell'ospedale

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Grazie! :AngelStar29:
CITAZIONE
prima o poi dovrò spiegare da dove arriva quest'antipatia per lo shipper, visto che poi le ff le leggo e quelle sono quasi tutte shipper...

eh, sì! dovresti... :P

il divano blue navy è una valida alternativa per i lunker, e i timidoni... nel corso degli anni ha ospitato un sacco di gente, che non aveva altro modo di contattarmi, o preferiva il pvt...

per il seguito, abbi fede!!

Ciao, marinaretto, e grazie! :GrazieGrazie:
 
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faby63
view post Posted on 11/3/2007, 22:40




Ely, che bello, sei tornata!

I miei complimenti, di nuovo! Sei molto brava nel descrivere le scene, i particolari... Riesci a far visualizzare con facilita', nella mente di chi ti legge! E poi parli di questa coppia che amo molto!
Aspetto con sempre piu' curiosita' il seguito! Nel frattempo, grazie!! image
 
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view post Posted on 12/3/2007, 16:54

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Grazie a te per tanto entusiamo!! :WhiteCiuffo03:
 
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icon12  view post Posted on 17/3/2007, 10:10

direttore dell'ospedale

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Stagioni

–Make a baby-


By elyxyz


Capitolo II – The First Impact.





Di fuori no un suono non c'è più,
le stagioni stan dormendo intorno a noi,
scorre acqua nuova dentro agl'occhi tuoi,
come è strano essere amanti io e te
eravamo solo amici io e te.

(Nomadi, Stagioni)




Greg si era appoggiato allo stipite della porta, mentre lei era entrata e aveva tirato le tende con un movimento nervoso. Si diede della sciocca, aveva le mani che tremavano. Sospirando, si girò verso di lui.
“Senti… non potremmo…?”

“Spegnere la luce?!” ipotizzò, anticipando il suo disagio.

Lei annuì.

“Ma allora il mio esibizionismo va a farsi benedire!” protestò, polemico; tuttavia allungò l’indice a schiacciare l’interruttore.

La camera divenne d’un tratto buia e silenziosa. Solamente l’eco irregolare dei loro respiri faceva intendere che non fosse anche vuota.
Poi, il familiare fruscio della seta che scivolava via, il rumore di una zip aperta, il tonfo di una scarpa contro il legno del parquet, e il frinire parossistico delle cicale fuori, che cantavano la loro devozione alla notte.

La rete scricchiolò appena, sotto il peso di lei, che con infantile ansia si era nascosta tra le lenzuola.
Di lì a poco, non sarebbero servite. Non l’avrebbero protetta. Perché avrebbero dovuto…?
Non era quello che voleva?

Un colpo sordo la distolse dai suoi pensieri.
“Ouch! Ma porca…” Gregory espresse il suo disappunto con una serie di coloriti epiteti. “Chi diamine ha messo la sponda di un letto qui?!” e s’accovacciò di malagrazia sul materasso, massaggiandosi il ginocchio della gamba sana e mugugnando la sua contrarietà.

La Cuddy rise di cuore: “E’ una camera da letto, questa.” Puntualizzò, stranamente più serena.
Grazie a quel piccolo ‘incidente’ la tensione era sparita d’incanto.

“Guarda che mi sono fatto male, non c’è niente da ridere…” borbottò, risentito.

Lisa s’impose un po’ di finto contegno. “Vuoi che ti visiti? O devo chiamare il 911?”

“Gno. Mi basta un bacino, così passa la bua…” Piagnucolò, come un bambino viziato.

“Te lo puoi scordare.” Replicò, lapidaria.

“Dottoressa dal cuore di pietra.”

“Sì, e dall’alcova pericolosa.” Asserì. “Soddisfatto?”

“Dovresti avvisare, prima che gli uomini ci salgano sopra: potrebbero restare gambizzati.”

“E’ Selezione Naturale anche questa…” disse lei, da sembrare quasi seria.

“Pensi che dovremmo fare conversazione ancora per molto? Non ho programmato il videoregistratore e non vorrei perdermi L Word, stasera…” la solita grazia elefantina di Gregory House.

Il corpo di lei vibrò d’autentico sdegno, per il repentino cambio di registro subìto come una secchiata d’acqua fredda.
Per cinque secondi, la dottoressa Cuddy pensò di cacciarlo via. Una spinta ben assestata, e sarebbe uscito dal suo letto. Dalla sua casa. E poi non se ne sarebbe parlato mai più.
Cinque secondi lunghi una vita.
E una vita per pentirsene.

“Non voglio fare conversazione, voglio fare un figlio.” Sibilò, livida.

“Così mi piaci!” nella voce il sorriso strafottente, che aleggiava nell’oscurità.

“Non ti devo piacere… devi fare il tuo dovere.” Lo ammonì, severa.

“Ti facevo molto stile: ‘due coccole e una sigaretta, dopo’.”

“Salta i preliminari e il riassunto, e arriva al sodo, per la miseria! O è da così tanto tempo che non vai con una donna, da non ricordare nemmeno da che parte si comincia?!” un affondo ben piazzato al suo amor proprio.

“Le tue insinuazioni non mi tangono, dolcezza. E, per amor di cronaca, non sai cosa ti perdi…”

“Oh, sì. Come no?! Lo Stallone del Princeton Plainsboro Hospital!”

“Ho la mia fama, tra le infermiere…”

“Sì. Dicono che sei insopportabile.”

“…e…?”

“Un autentico cafone. Francamente, dubito che si farebbero una sveltina con te, in astanteria.”

“Tzé! Fanno le ritrose solo perché sei il capo.” Le fece notare, con aria saputa.

“Non credo sia solo per quello, Stallone…” lo contraddisse, senza darsi pena di nascondere una punta di malignità.

Greg, affianco a lei, sbuffò insofferente. “Basta convenevoli.”

Il suo fiato le sfiorò il collo, facendola rabbrividire.
“Ehi! Hai i piedi gelati!” si lamentò.

“Nh…”

“Io li odio, spostali… ahhh…”

“Shhh…”

“Non… ahhhhh…”


****


“E’ stato…”

“'Stupendamente meraviglioso' è un eufemismo che mi farò bastare.” Concluse Greg, cercando di riprendere fiato.

“Pensavo a qualcosa di un po’ più terreno, ma te lo concedo.” Accondiscese lei.

“Tu invece sei stata discreta, ma riuscirai a migliorare col tempo.”

“Sembrerei ingenua, se sperassi in un tuo ‘centro al primo colpo’?”

“Sai che esistono i dottori? Se parli con uno di loro, ti saprà dire le statistiche…” la beffeggiò, “però potremmo continuare per puro scopo filantropico…” propose, sorridendo tra sé.

“Ok. Ne riparleremo… senti, non voglio metterti fretta, ma te ne potresti andare? Ho da fare…”

Lui si volse a guardarla, sorpreso, anche se in realtà poteva solo indovinarne il profilo, proiettato nell’oscurità.

Lei arrossì ugualmente. E se ne vergognò, perché non avrebbe dovuto.

“A mezzanotte arriva il prossimo pretendente?” s’interessò, caustico.

La Cuddy rimase sinceramente stupita per quest’attacco inaspettato. Non tanto per le sue parole, - razionalmente, riconosceva che non avessero nulla d’offensivo – quanto più per il tono, vagamente recriminatorio, da amante ferito.

Ma si era certamente sbagliata. Sicuro.
Magari la stanchezza e l’agitazione le avevano fatto cogliere sfumature inesistenti…

“Hai visto la fila fuori dalla porta, per caso?” replicò, a sua volta risentita. Poi si acquietò. “Voglio solo riposare con calma…” e s’allungò oltre il bordo del letto, cercando a tentoni uno dei cuscini che erano caduti.

“Puoi accendere la luce, non mi dà fastidio.” Le fece notare Greg, divertito.

“Ma…” dà fastidio a me. Pensò lei, maledicendo quel cuscino che non si faceva trovare.

Un ‘click’ e l’abat-jour sul comodino alla sua sinistra s’accese, rischiarando timidamente la stanza.

Lisa borbottò un “Grazie” e raccattò il guanciale, che s’infilò sotto il bacino, cercando di evitare d’incrociare gli occhi dell’altro. Perché sapeva che – in quel momento - non avrebbe retto ad una sua provocazione, o ad un suo sguardo – uno qualsiasi - di quelli che valevano più di mille parole.

Troppo intenta ad ignorarlo, non s’era quasi accorta del movimento accanto a lei.

Gregory si alzò lentamente, incurante della propria nudità. Puntellandosi sulla gamba sana, si chinò a raccogliere i boxer dimenticati sul tappeto. Poi fu la volta dei jeans, che s’infilò sedendosi sulla sponda che per poco non gli aveva sfasciato il ginocchio. Illuminata, faceva meno paura, in effetti.
Si diede dell’idiota anche lui, per non aver calcolato bene le distanze.
E cercò la camicia che era finita chissà dove, imponendosi di non fissare Lisa, perché capiva – e forse, in parte, lo condivideva – quell’atavico senso di pudore e vergogna, che coglieva due persone estranee, che ripensavano a momenti di intimità condivisi, quando ormai erano irrimediabilmente finiti.
Ed era buffo, a ben pensarlo, perché l’aria sapeva ancora di sesso.

Era trascorsa appena una manciata di minuti dal loro ultimo amplesso, e già sembrava un’altra vita.

E la camicia era appallottolata a terra, vicino ad un reggiseno bianco di pizzo: un accostamento bizzarro che gli strappò un sorriso, per una curiosa ragione nota solo a lui.

La lasciò lì, accartocciata, rivolgendosi invece alla padrona del reggiseno, che tanto faticosamente si era sforzato di ignorare.
Lei rimaneva immobile, stesa sul letto sfatto, le palpebre serrate, un po’ troppo forte per sembrare - anche solo lontanamente - rilassata.
Pareva semplicemente in attesa di qualcosa di spiacevole, come quando sai che riceverai uno schiaffo e l’unica cosa che puoi fare è chiudere gli occhi e prepararti all’impatto.

Greg rimase fermo a contemplarla, uno strano rimescolio appena sotto al cardias.
Fu per quello che si decise ad agire. Afferrò con decisione un lembo del lenzuolo che le copriva le gambe, le prese le caviglie e fece ruotare il corpo di lei verso la parete su cui poggiava la testiera del letto.

“Ma che diavolo fai?!” s’allarmò aggrappandosi alla stoffa, spaventata dalla brusca manovra.

“Aiuto i miei salmoni a risalire la corrente.” Chiarì spiccio, posandole i piedi in verticale sul muro, di modo che la zona pelvica si sollevasse verso l’alto.

Lei si tranquillizzò, comprendendo la sua idea.
“Non serve a niente fare la contorsionista. L’ha detto anche il mio ginecologo.” Disse, la rassegnazione malcelata.

“Ci sono teorie controverse, al riguardo. E tentare non costa niente.” S’intestardì lui.

Lisa provò a contestarlo: “La Legge di Gravità non è determinante.”

“Stai tentando di annacquare la mia obiettività scientifica?” recriminò, fintamente oltraggiato.

Lei sorrise.
Del suo tono bonario. Della situazione assurda. Della posa scomoda.
“Non mi permetterei mai di plagiare il miglior diagnosta del mio staff!” si difese, allargando le braccia in segno di resa.

“Ecco. Brava! Così cominciamo a ragionare…
Altri 20 minuti, e potrai scendere dall’albero, Chita.” Disse, terminando di abbottonarsi la camicia.

“Non sono una scimmia!” replicò, scandalizzata.

“Chita era uno scimpanzé,” la corresse “ma comunque hai ragione… le scimmie sono meno pelose di te!”

La donna arrossì di botto, ma non replicò, per non dargli soddisfazione.
House la fissò, aspettandosi una contestazione piccata, ma ottenne solo di incrociare gli occhi con quelli di lei, e un’espressione che prometteva una rappresaglia.
Stiracchiò le labbra in un sorriso stentato, quello che gli procurava la fossetta sexy al lato della bocca, e che usava per farsi perdonare ogni marachella... anche i guai peggiori.
Agguantò il suo fedele bastone e, puntandosi su di esso, raccolse il cuscino che era caduto dalla sua parte, s’avvicinò al letto e, con modi sbrigativi, la sollecitò ad alzare la testa per infilarglielo sotto.

Lisa, troppo sorpresa dall’inaspettata gentilezza, non protestò per quelle maniere un po’ rudi. Non s’accorse nemmeno della mano che s’era fermata un po’ più del dovuto tra i suoi riccioli, in quella che, ai più, sarebbe parsa come una maldestra carezza.

Ma Gregory House non era tipo da cose così. Stupide frivolezze senza senso.

La salutò con un sarcastico: “Ci vediamo domani, nei campi di cotone.” E si congedò con passo strascicato, senza attendere una risposta.



Continua…



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note: Il cardias è la valvola che separa l’esofago dallo stomaco. Esso svolge una funzione importantissima: quella di impedire il ritorno del contenuto dello stomaco nell’esofago, che altrimenti creerebbe un reflusso.

Ringraziamenti: A Babyu2, Rabb-it e Faby63.
Un grazie di cuore per i commenti ricevuti al primo capitolo.
Sono davvero contenta che vi sia piaciuto, un vostro feed-back è molto importante per me! ^_____^



Edited by LaurieLo - 18/3/2007, 14:45
 
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view post Posted on 22/3/2007, 18:11
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veramente bella...non ho parole...ti prego continua presto...bye
 
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view post Posted on 22/3/2007, 20:28

direttore dell'ospedale

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Ma come sei gentile... grazie! :Azzurro27:
Conto di postare il 3° cap sab mattina.
lettor avvisato... :B):
 
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rabb-it
view post Posted on 22/3/2007, 20:33




Ely

mi levi una curiosità?

come mai per una medesima ff a capitoli apri un topic nuovo per ogni capitolo invece di postare i capitoli in sequenza?

Ah non è una critica, ognuno raccoglie i commenti come meglio crede, io per darti il mio di questo capitolo... credo aspetterò di leggere sabato... caspiterina e si che pure io le cose a puntate le dovrei evitare...


ciao e... mari calmi e venti propizi!

quello l'ho scritto ieri!!!





ora le due parti sono in sequenza e il mio post non ha molto senso, ma se lo cancello non ha senso la risposta di elyxiz... va bé lo lascio qui... tanto a leggere cose insensate da me ormai siste abituati!

:Azzurro06:

Edited by rabb-it - 23/3/2007, 15:25
 
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view post Posted on 22/3/2007, 20:55

direttore dell'ospedale

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Ops... non ci avevo manco pensato... :wacko:
in altri siti, ho visto che per ogni cap si apriva un nuovo post, e non mi sono neanche fermata a pensare ad una soluzione alternativa, in effetti anche più semplice... :AngelStar10: e l'ho fatto anche qui...

marinaretto mio... libera di fare come vuoi...

SPOILER (click to view)
ma potresti un filino odiarmi dopo il 3° cap... :AngelStar13:

...poi vedi tu....


ma ecco perché non leggo ff inconcluse!! perchè l'attesa mi uccide, e voglio sapere in fretta di che morte morire!! :Azzurro25:

grazie, vecchio lupo di mare! ;)
 
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faby63
view post Posted on 22/3/2007, 21:49




CIAOOOO!!!
Che goduria, i tuoi racconti!! Quella dei piedi gelati m'ha fatto morire! :lol: :lol: :lol:
Sono noiosa se continuo a dirti quanto sei brava...
Quindi aggiungo solo CONTINUA COSI!!! :AngelStar02: :AngelStar16: :Ciuffo02:
 
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view post Posted on 23/3/2007, 14:27

direttore dell'ospedale

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Macché noiosa?! Grazie invece per l'entusiamo!! :AngelStar16:
 
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view post Posted on 24/3/2007, 13:36

direttore dell'ospedale

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Oggi son di fretta, ma altrimenti rischiavo di non riuscire ad aggiornare... vi mando un link diretto al 3° cap, sperando di non fare qualcosa di 'illegale' :ph34r:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=125372

se vorrete lasciare un feed-back, è bene accetto! :lol:

buona lettura (si fa per dire) ;)
 
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45 replies since 11/3/2007, 12:02   846 views
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