| prima fanfiction scritta da me...non vi scriverò di essere gentili con me o altre cose varie.....sappiate che è solo un pochino huddy spero vi divertiate a leggerla....anche se non è per nulla divertente(nel senso di comica)....mentre scrivevo ascoltavo canzoni del tipo "hurt" di christina aguilera....no comment la storia parte dall'episodio 3x01...e non ci sono spoiler...solo immaginazione... criticate pure...è costruttivo!
cap.1
Il signor McNeil si alzò improvvisamente dalla sedia a rotelle. Le era bastata un’iniezione di cortisolo per svegliarlo da uno stato vegetativo che durava ormai da più di otto anni. Cuddy non poteva crederci, ma non ci sarebbe stato tempo per piangere di gioia. Adesso sarebbero sorti problemi che non sarebbero stati curati con una semplice iniezione. House non avrebbe dovuto saperlo. Lei lo aveva tolto dal caso considerandolo troppo pericoloso, troppo in cerca di false complicazioni e nuovi sintomi, più scontroso del solito. Persino violento. Lui non fece altro che mettersi in disparte, ma senza prima averle sbattuto in faccia la soluzione del caso. Cuddy gli diede del drogato. Ma il giorno in cui Richard stava per essere dimesso, quando era quasi in ascensore, gli bucò la spalla con la siringa. La pozione magica. Guarisci il paziente e perdi House. Lo venne a scoprire, come ovvio, solo una settimana dopo. Glielo disse Cameron. Cuddy lo rincorse giù per le scale, mentre House stava ormai salendo sulla moto. Sembrava facesse le cose di fretta, ma cercando di mantenere comunque la freddezza che sempre lo contraddistingueva. Avrebbe voluto volare via sperando di far scivolare la rabbia correndo con la moto, ma la curiosità di sentire ciò che voleva dirgli Cuddy era davvero troppo ingestibile, e le sue mani rallentarono, così che quando lei arrivò ansimante vicino a lui, non aveva ancora messo in moto la sua H@nda. “Fermati, d@nnazione…quante volte ancora ti dovrò chiedere scusa…aspettami!”- gridò Cuddy correndo verso House. Gli prese il braccio e il suo cuore sembrò fermarsi per un istante, sembrava aver perso tutta la forza solo dopo aver fatto le tre rampe di scale che separavano il suo ufficio dal parcheggio sotterraneo; le scale le sembrarono essere state infinite, aveva avuto la sensazione di riuscire a ripetersi nella mente almeno una decina di volte le frasi di scuse che avrebbe cercato di dire ad House una volta che sarebbe riuscita a raggiungerlo. Ma quando gli afferrò il braccio non seppe nemmeno come iniziare, tutto ciò che ormai si era ridotta a fare fu cercare di trattenere le lacrime. Non capiva. Non voleva piangere. Quindi fece un respiro, e trovò un piccolo istante di pace che le sembrò dare la forza di parlare. Fu uno shock quando lui la guardò, come mai le era capitato di essere guardata da House. Con rabbia e rancore. E delusione. Cominciò lui a parlare, senza far trasparire la minima emozione o coinvolgimento. “L’ho guarito, allora. Bene, pensavo di dover aggiungere una bella crocettina nera sul calendario, sai, lo faccio ogni volta che uccido qualche mio paziente…”. Cuddy avrebbe voluto ribattere con vigore, ma questa volta non aveva nessuna forza per farlo, si sentiva dannatamente in colpa, aveva agito in maniera davvero scorretta e tutte le giustificazioni che si era data nella settimana precedente ormai non avevano più senso. Si chiedeva come le fosse saltato in mente di non dirgli nulla. Disse la cosa più idiota che potesse venirle in mente. “Lo abbiamo deciso io e Wilson, come per darti una lezione. A volte ti credi così invincibile, credevamo ti sarebbe servito per riportare un po’ i piedi per terra”. House accennò un sorriso sarcastico. Non il solito sorriso. Cuddy sentiva di aver danneggiato irreparabilmente il filo di reciproca fiducia che li legava da anni. La certezza della rottura ci fu dopo appena alcuni istanti. House scese dalla moto e scaraventò in terra il bastone. “Non provarci nemmeno, Cuddy, a dirmi queste stronz@te…voi due potevate inventarvi qualsiasi cosa per passare il tempo, ma guarire un paziente grazie ad una mia intuizione e tenermelo nascosto è stata una fottuti§§ima bassezza…E lo avete fatto per tenermi con i piedi per terra…che significa?”. Cuddy provò ad interromperlo, senza successo. House proseguì: -“Ma non capisci che non salvo le vite per vantarmene con gli amici…i miei successi sul lavoro corrispondono solo ad una cosa: aver salvato una vita. M@ledizione, Cuddy, sei un medico anche tu…quando guarisci qualcuno lo fai solo per guardarti allo specchio e complimentarti con la tua immagine riflessa?”. Cuddy non provò nemmeno a ribattere. Ciò che la ferì di più non fu la rabbia con cui disse quelle parole, ma il disgusto che fece trasparire pronunciando prima il suo nome e in seguito descrivendo la scena di lei allo specchio. Così crudelmente falsa, ma intimamente vera. E si sentì male, con sé stessa e con la persona che si trovava davanti. House sembrò essersi calmato. Avrebbe potuto annientarla con le parole, la conosceva troppo bene, da troppo tempo, e sapeva su che tasti avrebbe potuto far pressione per farla crollare. Non lo fece. La delusione era troppo forte, anche se non avrebbe mai ammesso quanto lo faceva soffrire che proprio Cuddy gli avesse mentito. Indietreggiò, riprese con fatica il bastone da terra e salì sulla moto. Prima di infilarsi il casco guardò Cuddy, che stava immobile, stupita per il suo repentino e dimesso arretramento. Si chiese come mai House si fosse fermato, senza proseguire nella sua accusatoria; lui aveva il fucile in mano, caricato, ma decise di non sparare. Ciò lasciò Cuddy veramente di sasso. Ma sollevata, in una angolo remoto della sua mente. Pensò che forse House nel profondo poteva aver compreso le ragioni della sua bugia, anche se ovviamente non le avrebbe condivise. House guardò Cuddy profondamente negli occhi. Dopo alcuni secondi, interminabili secondi, lui abbassò le palpebre mestamente, tolse lo sguardo dalla direzione dove si trovava Cuddy e disse, con la voce piatta e piuttosto bassa: “Non da te…me lo sarei aspettato da chiunque, ma non da te…”. Accese la moto e partì, senza voltarsi.
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