Second chance, amore e lacrime

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gioalle1
view post Posted on 11/3/2007, 23:30




prima fanfiction scritta da me...non vi scriverò di essere gentili con me o altre cose varie.....sappiate che è solo un pochino huddy
spero vi divertiate a leggerla....anche se non è per nulla divertente(nel senso di comica)....mentre scrivevo ascoltavo canzoni del tipo "hurt" di christina aguilera....no comment
la storia parte dall'episodio 3x01...e non ci sono spoiler...solo immaginazione...
criticate pure...è costruttivo!


cap.1

Il signor McNeil si alzò improvvisamente dalla sedia a rotelle. Le era bastata un’iniezione di cortisolo per svegliarlo da uno stato vegetativo che durava ormai da più di otto anni. Cuddy non poteva crederci, ma non ci sarebbe stato tempo per piangere di gioia.
Adesso sarebbero sorti problemi che non sarebbero stati curati con una semplice iniezione. House non avrebbe dovuto saperlo. Lei lo aveva tolto dal caso considerandolo troppo pericoloso, troppo in cerca di false complicazioni e nuovi sintomi, più scontroso del solito. Persino violento. Lui non fece altro che mettersi in disparte, ma senza prima averle sbattuto in faccia la soluzione del caso. Cuddy gli diede del drogato. Ma il giorno in cui Richard stava per essere dimesso, quando era quasi in ascensore, gli bucò la spalla con la siringa. La pozione magica. Guarisci il paziente e perdi House.
Lo venne a scoprire, come ovvio, solo una settimana dopo.
Glielo disse Cameron.
Cuddy lo rincorse giù per le scale, mentre House stava ormai salendo sulla moto. Sembrava facesse le cose di fretta, ma cercando di mantenere comunque la freddezza che sempre lo contraddistingueva. Avrebbe voluto volare via sperando di far scivolare la rabbia correndo con la moto, ma la curiosità di sentire ciò che voleva dirgli Cuddy era davvero troppo ingestibile, e le sue mani rallentarono, così che quando lei arrivò ansimante vicino a lui, non aveva ancora messo in moto la sua H@nda.
“Fermati, d@nnazione…quante volte ancora ti dovrò chiedere scusa…aspettami!”- gridò Cuddy correndo verso House.
Gli prese il braccio e il suo cuore sembrò fermarsi per un istante, sembrava aver perso tutta la forza solo dopo aver fatto le tre rampe di scale che separavano il suo ufficio dal parcheggio sotterraneo; le scale le sembrarono essere state infinite, aveva avuto la sensazione di riuscire a ripetersi nella mente almeno una decina di volte le frasi di scuse che avrebbe cercato di dire ad House una volta che sarebbe riuscita a raggiungerlo. Ma quando gli afferrò il braccio non seppe nemmeno come iniziare, tutto ciò che ormai si era ridotta a fare fu cercare di trattenere le lacrime.
Non capiva.
Non voleva piangere. Quindi fece un respiro, e trovò un piccolo istante di pace che le sembrò dare la forza di parlare. Fu uno shock quando lui la guardò, come mai le era capitato di essere guardata da House. Con rabbia e rancore. E delusione.
Cominciò lui a parlare, senza far trasparire la minima emozione o coinvolgimento. “L’ho guarito, allora. Bene, pensavo di dover aggiungere una bella crocettina nera sul calendario, sai, lo faccio ogni volta che uccido qualche mio paziente…”.
Cuddy avrebbe voluto ribattere con vigore, ma questa volta non aveva nessuna forza per farlo, si sentiva dannatamente in colpa, aveva agito in maniera davvero scorretta e tutte le giustificazioni che si era data nella settimana precedente ormai non avevano più senso. Si chiedeva come le fosse saltato in mente di non dirgli nulla. Disse la cosa più idiota che potesse venirle in mente.
“Lo abbiamo deciso io e Wilson, come per darti una lezione. A volte ti credi così invincibile, credevamo ti sarebbe servito per riportare un po’ i piedi per terra”.
House accennò un sorriso sarcastico. Non il solito sorriso. Cuddy sentiva di aver danneggiato irreparabilmente il filo di reciproca fiducia che li legava da anni.
La certezza della rottura ci fu dopo appena alcuni istanti. House scese dalla moto e scaraventò in terra il bastone.
“Non provarci nemmeno, Cuddy, a dirmi queste stronz@te…voi due potevate inventarvi qualsiasi cosa per passare il tempo, ma guarire un paziente grazie ad una mia intuizione e tenermelo nascosto è stata una fottuti§§ima bassezza…E lo avete fatto per tenermi con i piedi per terra…che significa?”.
Cuddy provò ad interromperlo, senza successo.
House proseguì: -“Ma non capisci che non salvo le vite per vantarmene con gli amici…i miei successi sul lavoro corrispondono solo ad una cosa: aver salvato una vita. M@ledizione, Cuddy, sei un medico anche tu…quando guarisci qualcuno lo fai solo per guardarti allo specchio e complimentarti con la tua immagine riflessa?”.
Cuddy non provò nemmeno a ribattere. Ciò che la ferì di più non fu la rabbia con cui disse quelle parole, ma il disgusto che fece trasparire pronunciando prima il suo nome e in seguito descrivendo la scena di lei allo specchio. Così crudelmente falsa, ma intimamente vera. E si sentì male, con sé stessa e con la persona che si trovava davanti.
House sembrò essersi calmato. Avrebbe potuto annientarla con le parole, la conosceva troppo bene, da troppo tempo, e sapeva su che tasti avrebbe potuto far pressione per farla crollare. Non lo fece. La delusione era troppo forte, anche se non avrebbe mai ammesso quanto lo faceva soffrire che proprio Cuddy gli avesse mentito. Indietreggiò, riprese con fatica il bastone da terra e salì sulla moto. Prima di infilarsi il casco guardò Cuddy, che stava immobile, stupita per il suo repentino e dimesso arretramento. Si chiese come mai House si fosse fermato, senza proseguire nella sua accusatoria; lui aveva il fucile in mano, caricato, ma decise di non sparare.
Ciò lasciò Cuddy veramente di sasso. Ma sollevata, in una angolo remoto della sua mente. Pensò che forse House nel profondo poteva aver compreso le ragioni della sua bugia, anche se ovviamente non le avrebbe condivise.
House guardò Cuddy profondamente negli occhi. Dopo alcuni secondi, interminabili secondi, lui abbassò le palpebre mestamente, tolse lo sguardo dalla direzione dove si trovava Cuddy e disse, con la voce piatta e piuttosto bassa: “Non da te…me lo sarei aspettato da chiunque, ma non da te…”.
Accese la moto e partì, senza voltarsi.
 
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rabb-it
view post Posted on 12/3/2007, 00:04




Non sono shipper... ma sono tua amica quindi ho letto il primo capitolo...e licenze da... ffwriter a parte...

cosa cavolo ci fa il bastone nella 01X3?


ok a parte quello


... mi piace!

buon proseguimento!

firmato
una nota non shipper..che non si capisce bene che venga a leggere le ff a fareeeeee!


 
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gioalle1
view post Posted on 12/3/2007, 00:13




mmmm...adesso cerco di spiegare....allora, beh.....io.....mi sto arrampicando sugli specchi.....

non riesco a scindere l'idea di house dal suo bastone...è più forte di me....

ho preso il caso della 3x01 come spunto....non avendo accennato ad house che correva o altro, non avendo nominato la chetamina.....nella mia ff house il bastone non l'ha mai abbandonato.....

mi appello alla licenza poetica-seriale

capitolo 1......mi hanno già beccato un blooper.....andiamo bene....
e vabbè.....
 
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gioalle1
view post Posted on 12/3/2007, 21:50




capitolo 2

Aveva scelto una casa grande, luminosa, con un bel giardino. Ma era vuota, fredda e non la sentiva adatta a lei. Cuddy si sedette sul divano, illudendosi di trovare un po’ di sollievo e sciogliere i ricordi del pomeriggio solo chiudendo gli occhi. La grande casa era stata un oculato acquisto, nulla di quello che faceva era impulsivo, solitamente; tutte le azioni che compiva corrispondevano perfettamente alla razionalità, e a quello che gli altri si aspettavano dal direttore sanitario dell’ospedale. Una dimora perfetta per ospitare cene e incontri con colleghi e finanziatori. In fondo era un bel distaccamento del suo ufficio al Plainsboro. Non era una vera casa per lei, un vero nido, qualcosa dove si sentisse veramente al sicuro o che sentisse propria, in ogni suo angolo. Era una bella cornice al suo ruolo lavorativo, nulla più.
Nemmeno il divano su cui era coricata in quel momento lo aveva scelto lei.
Le parole di House le ronzavano ancora nella mente; sentiva ancora l’odore dello scarico della sua moto, quando House se ne andò lasciandola ormai con le lacrime che le segnavano copiosamente il volto. L’ufficio fu il posto dove in seguito riuscì a nascondersi, senza essere disturbata da nessuno. Indossò quindi il cappotto e si avvolse la sciarpa intorno al collo: le stesse due cose che ancora indossava ora, mentre cercava un po’ di pace sul suo divano.

Il tasto del do sembrava stonare. E la sedia di fronte al piano sembrava più scomoda del solito. Cercò di suonare per non pensare il pomeriggio appena trascorso. Ad House piaceva pensare di essere abituato a trascorrere giornate agitate, ma soprattutto adorava credere che queste non lasciassero strascichi nelle sue lunghe e solitarie serate. Dire che stavolta era successo qualcosa di diverso sarebbe troppo facile, solo perché si sentiva strano. Aveva le dita nervose, tanto da non permettergli di suonare in maniera soddisfacente il piano; un ascoltatore involontario ed occasionale avrebbe considerato la sua musica perfetta. House ovviamente detestava la maniera in cui stava maltrattando ogni tasto nero e bianco di quello che considerava il suo più fedele compagno.
Al secondo bicchiere di scotch, quindi relativamente presto rispetto al solito, House capì: quel pomeriggio avrebbe voluto scoppiare, arrabbiarsi, non lasciare le cose in sospeso, dire a Cuddy tutto ciò che avrebbe voluto dirle, con rabbia, sarcasmo, cattiveria. Al terzo bicchiere comprese con sgomento che il suo tormento era in definitiva quello di non essere stato il solito House, e ancor più grave fu che l’esigenza che avvertiva era di non aver mostrato a Cuddy quanto ferito fosse dal suo comportamento. La tranquillità a livello mentale di cui poteva vantarsi si rivelò un’illusione.

Improvvisamente il campanello suonò. Cuddy si sfilò il cappotto appoggiandolo sul divano, e camminò senza alcuna fretta né curiosità verso la porta; era riuscita a dormire per alcune ore e la giornata appena passata le sembrò così lontana. House si presentò davanti a lei, non appena aprì la porta. I ricordi offuscati ritornarono in un istante,. prepotentemente vividi.
“Scusami per quello che è successo…mi sento malissimo…” disse Cuddy rivolgendosi al suo inaspettato ospite.
House entrò senza rivolgerle nemmeno lo sguardo. Finse di non sentirla. Cuddy ebbe la sensazione che House fosse tornato a quella tarda ora della sera per continuare con la seconda parte del litigio pomeridiano.
Provò di nuovo ad ottenere una reazione da lui, “Se sei venuto qui per farmi sentire ancora peggio di come mi sento ora, credo sia impossibile”.
La luce soffusa del salotto illuminava scarsamente l’atrio dove si trovavano House e Cuddy, che erano distanti un paio di metri l’uno dall’altra.
“House, dimmi qualcosa…”
House si avvicinò a lei senza nemmeno rendersene conto. Cuddy non sentì nemmeno il rumore del bastone che poggiava sul pavimento. La baciò sulle labbra. Cuddy si dimenticò della giornata appena trascorsa, della solitudine, della freddezza della sua casa.
 
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°vally°
view post Posted on 14/3/2007, 20:42




Arrivo con due gg di ritardo, imperdonabili per la tua prima fanfic!
Scusa... :(

Brava, mi piace!
Sia come scrivi, che la storia...che il pair ovviamente! ;)

Solo una cosa...
Lui la bacia sulle labbra, lei dimentica tutto, e tu vai a fare merenda?! :cry:
Non mi puoi lasciare così.... :cry:

CITAZIONE
firmato
una nota non shipper..che non si capisce bene che venga a leggere le ff a fareeeeee!

Ogni tanto anche il tuo cuoricino fa "greghousegreghousegreghouse" ;)
 
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gioalle1
view post Posted on 14/3/2007, 21:11




capitolo 3

Quella sera scoprì quanto fosse stato inutile scacciare per anni l’idea di essere innamorati di qualcuno, rifiutare ogni contatto e ogni coinvolgimento, ogni sguardo e ogni carezza.
Non rifiutò il bacio, non ci sarebbe riuscita nemmeno se l’avesse voluto. Era ciò che da anni segretamente sperava, sognava, pregava. Successe nel giorno in cui pensò di dover chiudere questo desiderio in un cassetto e gettarne la chiave. Ebbe solo alcuni minuti in cui riuscì a fatica a pensare a cosa tutto ciò potesse significare, alle implicazioni. Capì che era sorpresa, anzi scioccata, da quello che stava succedendo; era impossibile che Gregory House, proprio lui, proprio dopo il litigio del pomeriggio, l’avesse abbracciata, dolcemente coccolata, senza lasciarle nemmeno un attimo di respiro.
Abbandonò ogni suo tentativo di ragionare e si arrese dolcemente a lui, corpo e mente, decisa a viversi questi momenti inediti per un cuore troppo arido. La sfiorava con la stessa dolcezza con cui di solito sfiorava i tasti del pianoforte che lei non avrebbe mai saputo che suonava.
Sembravano due sconosciuti senza passato in comune, li univa una passione che non sapevano di poter condividere, non c’erano barrriere né incomprensioni. Non ci furono parole urlate o sussurrate, le sensazioni che provarono furono amplificate dal vuoto di una casa che quella sera divenne la cornice di qualcosa di intimo e di personale, non di una professione.
E il soggetto non era uno solo, non più.
Fu un amore che toccò ogni corda di cuori che credevano ormai di conoscere solo l’ovvietà di vuote azioni, dei soliti luoghi, delle solite persone. Fu un incontro senza paure, senza fantasmi del passato, senza costrizioni, senza rancori. Non erano né medici, né amici, né colleghi; erano semplicemente loro stessi, con un’intimità che mai avevano rivelato ad altri e forse nemmeno a loro stessi. Cercavano continuamente l’uno gli occhi dell’altro. Entrambi svelarono le loro debolezze senza vergogna, compresero le loro paure di amare. Non trovarono risposte ai loro problemi, né decisero di affrontarli. Capirono che era semplicemente l’ora di stare insieme, nell’eternità di quella notte che era diventata surreale, semplice nel susseguirsi di sensazioni intime e naturali. Ma semplice fino al momento in cui fosse finita. Tutto venne detto e compreso senza che una sola parola venisse pronunciata.

L’alba era arrivata da poco e timidamente chiedeva il permesso di entrare tra le tende della camera. Erano rimasti abbracciati, ancora uniti nelle sensazioni che avevano occupato la loro mente nella notte appena trascorsa; sentivano che non era ancora terminata, non finché sarebbero stati uniti ancora in quell’abbraccio.
Sapevano anche che sarebbe stata una porta difficile da tenere aperta. Ma non volevano guardare lontano, in un posto dove uno dei due non ci sarebbe stato.
Se si fossero lasciati si sarebbe rotto qualcosa di più di un semplice abbraccio, e per affrontare questa separazione, forse momentanea o forse definitiva, entrambi cercavano di pensare a qualcosa da dire all’altro. Infatti sapevano di essere entrambi svegli, anche se tenevano gli occhi chiusi, per non violare la luce arancio che piano piano entrava dalle tende.
House si mosse e fissò gli occhi di Cuddy, che lei aprì non appena ebbe la sensazione, per l’ennesima volta da quando House era entrato nella sua casa alcune ore prima, di essere guardata dentro. Sarebbe bastato un sorriso per fare in modo che la magia non si fermasse, ma House fece di più. Le sfiorò il viso con dolcezza e le sussurrò: “See you later, Lisa”.
Non gli nascose le lacrime, che erano di gioia. House ne sfiorò una come se volesse prenderla a tenerla con sé. Prese gli abiti e lasciò la casa. E Lisa non seppe più nulla di lui.
 
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°vally°
view post Posted on 15/3/2007, 19:58




Bel pezzo, molto poetico, mi piace!

CITAZIONE
Prese gli abiti e lasciò la casa. E Lisa non seppe più nulla di lui.

Ma dove c@kki0 vai!!!!!???? House torna indrè subito!!!

Giò dov'è andato? :cry:
Nn mi far preoccupare....

Aspetto cn ansia il seguito!
 
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rabb-it
view post Posted on 16/3/2007, 11:21




Vally e chi ci dice che non finisca così?


Gio, bellissima la scena di lui al piano della seconda parte.

ok fine commento... PS non te la prnedere per il bloopers.... tu non hai mai letto le mie... se mi dovessero riprendere per ogni cosa non attinente a JAG... a stamparli avrei una pila di post che supera l'Everest!
 
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gioalle1
view post Posted on 16/3/2007, 12:20




rabb, figurati se me la prendo per il blooper....anzi! vuol dire che hai letto attentamente.....brava brava!! hihihi....

e prima che a vally venga un malore perchè davvero pensa che la ff finisca qui....ecco il capitolo successivo....

capitolo 4

Il destino si rivelò persino troppo crudele con Cuddy. Era appena uscita dalla stanza dove il consiglio direttivo dell’ospedale le aveva appena comunicato delle dimissioni del dottor Gregory House, con effetto immediato, presentate nel pomeriggio precedente.
Nessuno sapeva nulla. Né Chase, né Cameron, né Foreman, né Wilson.
Non una lacrima scese per giorni dagli occhi di Cuddy, che giurò di aver visto Cameron piangere mentre guardava lo studio di House vuoto. Non riuscirono a spiegarsi nemmeno come avesse fatto a portare via le sue cose dall’ufficio senza che nessuno riuscisse a vederlo.

House prese il primo volo utile per Londra, prenotato appena prima dell’incontro con Cuddy nel parcheggio. Il resto della giornata appena trascorsa gli era sfuggito dolcemente di mano, fino a quando non vide il suo dito indice suonare al campanello di Cuddy.
“Sarebbe stato meglio fermarsi”, continuava a ripetersi. E non perché si fosse pentito di ciò che aveva fatto, ma per non stare male così come stava ora, mentre come un ragazzino troppo romantico sperava che dal sedile davanti a lui, sull’aereo che lo portava via dal New Jersey, si alzasse la donna con cui aveva passato la notte precedente. Troppi pensieri si accumulavano nella sua mente, e la vodka offerta gentilmente dalla hostess con i capelli rossi non lo stava aiutando di certo.
Si sentiva persino a disagio con i suoi tormenti, sempre tenuti diligentemente a bada, al sicuro dagli occhi degli altri e persino dai suoi.
Chiuse gli occhi e giurò a sé stesso di dimenticarsi delle ultime 24 ore: sarebbe stato troppo doloroso ricordare, quindi scelse semplicemente di dimenticare. Doveva solo dimenticarsi del lavoro abbandonato dopo anni, di pochi amici, di pochi sorrisi.
E di Cuddy.
Di tutto ciò che era, ma soprattutto di quello che sarebbe potuto diventare.

Voleva dimenticarsi delle sensazioni e dei sentimenti, ma c’erano alcune cose a cui pensava spesso. Si rese conto di quanto non conoscesse Cuddy. E fu una sconfitta per lui rendersene conto, credendo di aver sempre avuto una particolare capacità di leggere dentro le persone.
Ne ebbe la piena consapevolezza una volta che entrò nella sua casa. In poche ore aveva completato un po’ di più il complicato puzzle che era Cuddy ai suoi occhi semplicemente guardandosi attorno.
Vide che amava particolarmente il colore rosa, riproposto su numerose pareti delle stanze; c’erano alcuni cd degli U2 su un mobile, e un dvd di Notting Hill. La banalità di questi gusti lo lasciò sconcertato. L’aveva immaginata astrusamente sofisticata, e invece Bono e Julia Roberts la rendevano più umana, e sicuramente più dolce.
In camera notò la scatola di un profumo di D°lce e G@bbana: House riuscì finalmente a dare un nome alla fragranza che lo accarezzava ogni volta che lei gli passava di fianco. Vide la sua spazzola, il suo pigiama gentilmente appoggiato sulla poltrona della stanza da letto, in parte alla sciarpa che portava quando lui arrivò, e che House stesso tolse rivelando, forte come mai aveva sentito, il profumo che avrebbe riconosciuto alcuni istanti dopo sul mobile accanto al letto.
Lei non l’avrebbe mai saputo, ma House ci mise solo alcuni istanti a rivestirsi, prima di andarsene per sempre, e aveva speso almeno dieci minuti a guardare la casa dove aveva conosciuto Lisa, lasciando fuori Cuddy. Aveva camminato molto lentamente, e senza fare rumore, solo per guardarsi intorno. Sedie ordinate perfettamente sotto il tavolo, candele mai accese in salotto, cuscini sparpagliati su un divano; sfiorò con un piede un mucchietto di kleenex vicino a quello stesso divano e gli fu chiaro cosa stesse facendo Cuddy prima che lui arrivasse.
Era proprio questa l’immagine che lo tormentava, non il profumo di lei o i ricordi di quella notte.
L’aveva ferita il pomeriggio di tre mesi fa, e l’aveva annientata il giorno dopo. Sperò che fosse stata abbastanza forte da superare quei momenti, sperava che l’unico sentimento rimasto in lei fosse l’odio nei suoi confronti solo per permetterle di andare avanti con la sua vita.
Lui non poteva darle nulla, nessun futuro, e sarebbe stato più facile per entrambi se Cuddy lo avesse odiato. Sperava tuttora che l’odio l’avesse tirata fuori dal dolore. Sperava che fosse forte e determinata come sempre, che avesse sepolto i ricordi di quella notte, e avesse continuato la sua vita di sempre. Era davvero disposto ad essere dimenticato e odiato, piuttosto che rimpianto e amato.
 
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°vally°
view post Posted on 17/3/2007, 10:51




CITAZIONE
Vide che amava particolarmente il colore rosa, riproposto su numerose pareti delle stanze; c’erano alcuni cd degli U2 su un mobile, e un dvd di Notting Hill. La banalità di questi gusti lo lasciò sconcertato. L’aveva immaginata astrusamente sofisticata, e invece Bono e Julia Roberts la rendevano più umana, e sicuramente più dolce.

Nn so perchè ma questo particolare mi è piaciuto un sacco...

:AngelStar02:
 
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gioalle1
view post Posted on 18/3/2007, 11:51




Capitolo 5

Per una settimana non riuscì nemmeno ad entrare nella sua camera da letto. Non chiuse la porta, ma semplicemente non entrava, non girava nemmeno lo sguardo quando ci passava davanti.
Per Cuddy fu duro dover sistemare le lenzuola, quando era ormai insopportabile il dolore fisico delle notti trascorse sul divano, e si rese necessario dover affrontare i luoghi dei ricordi di quella notte per cercare di dormire, finalmente.
Il dolore che aveva nel cuore, invece, non era di quelli che si curano con una buona notte di sonno.
I giorni seguenti furono ancor più duri, soprattutto dopo che Cameron entrò nel suo ufficio. Quella mattina pioveva e Cuddy, come spesso le succedeva ultimamente, stava in piedi a fianco della finestra dietro la sua scrivania, con lo sguardo vuoto rivolto verso l’entrata dell’ospedale.
Appena chiuse la porta alle sue spalle, Cameron, senza dire nulla, si diresse verso Cuddy: la abbracciò con affetto. Cuddy credette che Allison avesse capito tutto, invece le bastò guardarla negli occhi per realizzare che non era venuta per consolarla. Tutt’altro.
Cameron cominciò a singhiozzare mentre confessava a Cuddy quanto House le mancasse, quanto ne fosse innamorata. Non le aveva detto nulla della sua volontà di partire, non sapeva dov’era, le sarebbe bastato un saluto, una spiegazione. Chiese a Cuddy se aveva un recapito, un numero di telefono, ma scosse il capo. Non aveva nulla in mano, non sapeva nemmeno dove fosse o come stesse.
Si cacciò indietro le lacrime e con dolcezza disse a Cameron che non sapeva nulla, che se avesse avuto qualche informazione gliel’avrebbe data, che forse in questo momento non voleva farsi trovare, ma in un futuro lui stesso l’avrebbe contattata, visto che sembrava esserci un forte legame tra loro.
La sofferenza di Cameron era veramente molto evidente, accentuata ancor di più da altre ferite del suo passato che lei stessa aveva sempre affrontato e curato con dignità. Cuddy la consolò e le passò un kleenex; Cameron si alzò dalla poltrona e accennando un leggero ma sincero sorriso di ringraziamento, lasciò l’ufficio del suo capo.
Se solo avesse saputo di non essere la sola ad aver bisogno di piangere per House.
 
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°vally°
view post Posted on 18/3/2007, 18:01




Apprezzo sempre i momenti tra Cam e Cuddy, perchè sono rarissimi in House MD, e nn capisco perchè. Sn gli unici due personaggi femminili, estremamente diversi. Secondo me un rapporto tra loro sarebbe molto interessante da sviluppare nella serie; d'amicizia, o di scontro, insomma, qualunque cosa.

Credo che Cam che va a farsi consolare da "mamma Cuddy", sarebbe una cosa che mi aspetterei se tra loro ci fosse una forma d'amicizia!
L'incontro tra donne di generazioni diverse...mi ha sempre affascinata!
 
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gioalle1
view post Posted on 19/3/2007, 23:17




capitolo 6

Il reparto di diagnostica proseguì il suo lavoro senza bisogno di innesti nel personale; intimamente nessuno aveva il coraggio di chiamare qualcuno che sostituisse House, soprattutto Cuddy, che sarebbe stata quella incaricata di farlo.
Decise di risolvere momentaneamente il problema nominando Foreman responsabile della squadra, rinviando l’assunzione di nuovo personale solo se si fosse presentata la necessità.
Cuddy non se la sentì di sostituirlo, né al PPTH, né nella sua vita. Aveva perso la forza di amare nel momento stesso in cui aveva perso House. Gli unici ricordi che la legavano a lui appartenevano ad una sera ormai lontana di inizio estate. Non sapeva molto di lui, e se ne dispiaceva.
Con la rabbia dell’abbandono che sembrava ormai sedata, si chiedeva che uomo fosse House fuori dall’ospedale, cosa amava, quale era il suo colore preferito. Avrebbe voluto conoscere Greg House nella banale intimità e quotidianità che per un attimo si era illusa che il destino le avesse concesso di condividere con lui. Un abbraccio davanti ad un camino, un bacio dopo una giornata di lavoro, un litigio per la tazza di caffé in giro per casa e una risata di fronte all’ennesima maglietta che lui usava per andare al lavoro e che lei rubava per usarla come pigiama.
Non lo odiava, non poteva.
La sofferenza non passava, ma House in fondo l’aveva resa viva per la prima volta in tanti anni di solitudine.
Paradossalmente lo avrebbe voluto ringraziare.
Ma sapeva che non sarebbe più riuscita a guardarlo negli occhi, non sarebbe stata abbastanza forte per sostenere nemmeno uno sguardo di House.

Il caldo dell’estate si era affievolito, la pioggia era diventata neve e ora copriva il campus e tutta la zona dell’ospedale. Cuddy aveva dichiarato la sua sconfitta da mesi. Aveva abbandonato ogni speranza di ritrovare House. Forse non l’aveva mai nemmeno cercato veramente.
Si concentrava senza svago nel suo lavoro, l’unica cosa che reggeva nella sua vita solo perché era sua. Si riconosceva il merito di tutto ciò che era diventata nel suo lavoro: grandi traguardi raggiunti con sforzo e impegno costanti, solo contando sui propri mezzi, senza mai aver detto grazie a nessuno.
A sette mesi di distanza da quella sera di giugno, senza preavviso, Cuddy decise di guardarsi dentro. Era ora di finire di sostenere guerre con sé stessa, di non ammettere quanto male stesse, di nascondere ferite troppo sanguinanti della sua anima.
Il silenzio, la solitudine e l’annichilimento a cui costantemente si sottoponeva non erano strada percorribile per una vita che aveva ormai come unica occupazione quella di negare sentimenti, vivendo dietro ad una maschera.
Nessuno conosceva veramente Lisa Cuddy, nemmeno lei stessa. Solo una persona ne aveva catturato l’identità in una tiepida notte. Ed era sparita solo il giorno dopo. Senza risentimenti, e nemmeno senza troppe esitazioni, Cuddy decise che non poteva subire la vita come le era successo in questi ultimi mesi.
Era appena scesa la sera quando si trovò alla guida della sua auto.
E sapeva perfettamente dove voleva andare.
 
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rabb-it
view post Posted on 20/3/2007, 16:04




CITAZIONE
Era davvero disposto ad essere dimenticato e odiato, piuttosto che rimpianto e amato.

La ff è bella, e visto che mi dici che leggo con attenzione... allora mi permetto di dissentire... nel senso che per come finora hanno mostrato House e mi auguro che continuino così...

hehe ovviamente immagini già su cosa dissento...ma te lo dico lo stesso.... rompiscatole fin nel midollo io


Rimpianto ed odiato....


amori e dimenticanze non fanno per il suo EGO!

ah opinione personale e nulla di più... ho pure il permesso dell'autrice...sì di tenere alto il MIO di EGO a sue spese!


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CITAZIONE
House prese il primo volo utile per Londra

Ora.... io lo so che Hugh è INGLESE e tu a Londra ce lo dovevi mandare per forza... ma domanda un pochino alla tua arma segreta come finisce la decima e ultima serie di JAG!


vuoi un aiutino?

leggi qui... è breve e non serve troppo conoscere i personaggi!

stavolta la LO mi mena... link abusivo

http://www.jagoffice.com/Vite%20parallele.htm


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CITAZIONE
Era appena scesa la sera quando si trovò alla guida della sua auto.
E sapeva perfettamente dove voleva andare.

diabolica ragazza e la interrompi così?

capirai che le coronarie ce le metti a dura prova!


:Azzurro06:


un abbraccio e... scusa l'inquinamento di post!






 
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gioalle1
view post Posted on 20/3/2007, 21:03




CITAZIONE
un abbraccio e...

....meglio una stretta di mano.....
....basta incidenti diplomatici a causa degli abbracci.....
....cerchiamo di darci un pò di contegno.....

:Azzurro07:
 
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26 replies since 11/3/2007, 23:30   516 views
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