House MD, follia e fascino di un cult movie, di Carlo Bellieni

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LaurieLo
view post Posted on 10/4/2009, 13:15







DR. HOUSE MD FOLLIA E FASCINO DI UN CULT MOVIE
CANTAGALLI




Data di pubblicazione : aprile 2009
EAN : 9788882724568

Prezzo
€ 9,00


Descrizione di "DR. HOUSE MD FOLLIA E FASCINO DI UN CULT MOVIE"









Perche' il Doctor House piace tanto? Come spiegare il successo televisivo di una serie tv? In queste pagine gli autori interpretano e commentano tutta la genialita' del creatore di un Cult Movie che esalta l'esistenza di valori autentici.




Medico cattolico scopre un dottor House ‘buono’

Firenze - Per far passare un messaggio ‘buono’, non sempre serve che il ‘veicolo’ sia altrettanto buono. Così, inaspettatamente, un cinico e controverso personaggio come il dottor Gregory House, protagonista della serie cult americana, diventa il mezzo per parlare di temi eticamente sensibili ed alti; anzi, alla fine si scopre che il misantropo e sarcastico medico è più profondo e cristiano di come appare. E’ la tesi del libro ‘House MD, follia e fascino di un cult movie’ (Cantagalli editore, 96 pagine, 9 euro), scritto dal neonatologo Carlo Bellieni, membro del Comitato di bioetica della società italiana di pediatria, insieme al sacerdote Andrea Bechi. “House non è cattivo - spiega Bellieni -, è un poveraccio, un drogato, ma attraverso la sua storia controversa, sempre tesa alla ricerca della verità, della corretta diagnosi, passano messaggi buoni dal punto di vista morale e anche cristiano. Per dire cose buone non occorre che parli un eroe positivo. House è pervaso da un ’sentire religioso’ che non è per i buoni ma per chi sbaglia, se ne rende conto e cerca le risposte più profonde”.

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18 Marzo 2009

Intervista al dott.Bellieni circa il dott.House (ma che è un titolo?????)

di Chiara Sirianni

È il 2004 quando David Shore, regista canadese specializzato in legal e polizieschi, propone alla Fox un poliziesco in cui il detective è un medico e i cattivi sono le malattie: è DR. House - Medical Division, un successo immediato e planetario. La serie americana, giunta nella sua versione italiana alla quinta stagione, è incentrata sulle vicende di un’equipe di diagnostica medica guidata dal dottor Gregory House, un medico dai metodi poco ortodossi ma dotato di esperienza e di straordinarie doti intuitive. Un’ulteriore conferma di quanto il genere del medical drama attragga ancora il grande pubblico. E riesca anche a conseguire consensi dalla critica: la serie infatti è stata nominata due volte agli Emmy Award come Best Drama e ne ha vinto uno per l’episodio “Il caso House” scritto proprio da Shore, oltre ad essersi aggiudicata un Golden Globe per il miglior attore (Hugh Laurie) in una serie drammatica. Ha inoltre ottenuto il prestigioso premio “Humanitas”, assegnato a storie che «affermano il valore della persona umana, il senso della vita, ed esaltano l’uso della libertà».
Una vittoria quest’ultima che può stupire, pensando alla caratterizzazione di un protagonista che all’apparenza è tutto tranne che umano: un dottore cinico ed irriverente che non si fida di nessuno, meno che mai dei suoi pazienti, dai quali rifugge qualsiasi contatto diretto, perché «lei cosa preferisce: un medico che le tiene la mano mentre muore o uno che la ignora mentre migliora?».
Ancora una volta, dunque, lo spettatore viene affascinato dalla figura di un antieroe, che stravolge le regole a suo piacimento, in un anticonformismo che qui si carica di un’inquietudine esistenziale capace di travalicare i confini del singolo episodio, piegandosi così alle letture più svariate. La costellazione di pubblicazioni a carattere medico, psicologico, filosofico ed etico incentrate su Gregory House sembrano dimostrarlo. E c’è chi si incammina sulla strada della sovralettura in chiave religiosa.
Secondo Carlo Bellieni (autore assieme ad Andrea Bechi del volume “Dr House MD: follia e fascino di un cult movie”, edito da Cantagalli, in libreria dal 19 marzo) il segreto del successo della serie sta proprio nel proporre in modo non scontato un itinerario eticamente buono. Usando le parole, le immagini, e anche le debolezze che normalmente veicolano tutt’altro tipo di messaggi.
Nascosta dietro strati di cinismo, dunque, ci sarebbe una morale «che passa al telespettatore proprio perché “non fa la morale”». Ed è analizzando l’evolversi delle espressioni politically scorrect di House che si può arrivare a cogliere il messaggio della fiction, che altro non rappresenta se non il cambiamento e lo stupore di una mente cinica.
Quel che è certo, è che la sceneggiatura americana gioca abilmente la carta dell’ambiguo, e sa come circondare la figura di Gregory House di mistero. Secondo Giorgio Simonelli, storico della televisione e docente di Giornalismo televisivo all’Università cattolica del sacro cuore di Milano, il prodotto funziona in quanto intercetta il gusto di un pubblico che ambisce a vedere disattese le sue aspettative rispetto al genere del medical drama all’italiana: «Il legame tra i mezzi di comunicazione di massa e il tema medico funziona da sempre. Rispetto ad altre produzioni di questo tipo, la serie Dr House si mostra originale nel tratteggiare un personaggio fortemente connotato a livello caratteriale, ed al tempo stesso la sua negazione. Ciò che House incarna è il recupero di un sapere filosofico-maieutico che si fonda su un’abilità intuitiva che va ben oltre “l’occhio clinico” che ogni medico dovrebbe possedere: House richiama categorie che sono al limite del paranormale, combinandole con un ostentato materialismo e pragmatismo». E la chiave del successo sta tutta in questa ambiguità, per cui House è il migliore dei medici, senza esserlo: è religioso senza esserlo, e ateo senza esserlo. «Nulla è preciso, ma si muove costantemente in una zona grigia. Che oggi al pubblico piace molto».
Questo “surplus di comunicabilità” di cui gode un personaggio televisivo affascinante e ben costruito è in realtà esattamente quello che vuole sfruttare Bellieni. Che però non vuole cadere nella tentazione di santificare il dottor House: «House è un personaggio “cattivo”, come tutti noi. La gente a volte crede che il cristianesimo sia una questione di buoni sentimenti, di buona educazione. In stile don Matteo. Invece “santo” è uno che ricerca il bene, anche se magari non ci riesce. La dinamica del cristianesimo è sempre quella tra il desiderio e la domanda. E House non sa a chi fare la domanda, ma certamente è intriso fino al midollo di desiderio».


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“Dr. House”, parabola del perdono e della ricerca di Dio

ROMA, mercoledì, 18 marzo 2009 (ZENIT.org).- Giovedì prossimo uscirà in libreria il nuovo volume di Carlo Bellieni e Andrea Bechi, dal titolo “House MD: follia e fascino di un cult movie” (Cantagalli Editore).

Il libro prende spunto dalla famosa serie televisiva ambientata in un ospedale statunitense e che ha come protagonista il dr. House. Un telefilm “diabolico” che svela però la sua faccia “buona”. Se poi il telefilm è un boom di ascolti e un cult tra i ragazzi, di solito bersagliati da messaggi “infausti”, la notizia è clamorosa.

Questa notizia è diventata ora un libro, scritto per di più a quattro mani da un medico e da un sacerdote, che hanno analizzato i messaggi talvolta espliciti, talvolta nascosti, della serie televisiva che racconta la storia del medico Gregory House, geniale ma solo, drogato ma bravissimo, cinico ma umano.

Con i suoi aforismi, i suoi apologhi, le sue idiozie e le battute dei colleghi di House, questa serie riafferma dei valori forti e fermi, pur con le sue contraddizioni, col suo cinismo e il suo ateismo urlato (ma solo per darsi un tono, molto probabilmente). Una morale, insomma, che “non fa la morale”.

Attenzione, comunque: House è un “cattivo”, è cinico. Ci è richiesto uno sforzo per superare l’impatto con questi comportamenti negativi, per arrivare a capire il messaggio principale della fiction, per non fermarsi a quello che si vede, ma fissare il punto decisivo: il cambiamento e lo stupore di una mente cinica.

L’idea che le storie di House contengano un messaggio esistenzialmente profondo, viene chiarita dalle parole del suo autore, David Shore: “C’è un sottofondo filosofico nello show, un’opportunità di parlare della vita e di come viverla. Penso che i buoni show debbano trattare di dilemmi etici e di questioni di etica”.

Oltre che vincitore di vari premi Emmie, la serie ha ottenuto il prestigioso premio “Humanitas”, assegnato a storie che “affermano il valore della persona umana, il senso della vita, ed esaltano l’uso della libertà umana. Storie che rivelano la comune umanità, cosicché l’amore possa permeare la famiglia umana ed aiutare a liberare, arricchire e unificare la società”.

E’ stupefacente notare, se si legge con attenzione il telefilm, come emerga un messaggio contro l’aborto, contro l’eutanasia, a favore della vita, del matrimonio, contro la droga proprio attraverso la storia di persone talvolta ciniche, peccatori e atei, ma la cui insoddisfazione per i loro errori è così chiara, che non lasciano dubbi sul senso del messaggio che intelligentemente non è un “no” urlato ciecamente contro gli errori, ma è un “no” che acutamente gli sceneggiatori fanno sorgere dal cuore di chi guarda.

Ma a volte il “no” è esplicito: vi sentiamo frasi del tipo: “Ogni vita ha delle qualità” che cozza contro il dogma postmoderno della qualità della vita, oppure: “Ogni vita è sacra” e anche: “Occorre essere religiosi, per dire che un feto è vita?”; e vediamo immagini meravigliose, come quella del feto che con la manina accarezza il dito di House dall’utero della sua mamma aperto per un intervento chirurgico.

Per leggere bene il telefilm “Dr. House”, si spiega nel libro, bisogna però vincere un pregiudizio, un lavoro personale che è una sorta di ascesi: quello per il quale il cristianesimo è una cosa “per persone buone”.

Nulla di più sbagliato: il cristianesimo è un affare di peccatori, di gente arrovellata e incostante… proprio come House. Ma il cristiano (proprio come House) pur peccando sempre, ne sente la tristezza e cerca perdono.

Eloquente, in queste senso, un dialogo tra un prete e House. Prete: “Ti comporti come se non ti importasse nulla, ma stai qui a salvare vite”. House: “Salvare vite è solo un danno collaterale”. Prete: “Non credo che tu cerchi qualcuno che ti dia ragione. Credo che cerchi qualcuno che ti mostri che ti sbagli, per darti speranza. Tu vuoi credere, vero?”.

In fondo, allora, è facile riconoscere questo messaggio nascosto, ma farlo è una sfida, un lavoro e un invito per tutti.


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Un libro e un mensile indagano il fenomeno del medico cinico e ateo
Se il mondo cattolico
scopre il dottor House
di Igor Traboni Doctor House non è solo la serie televisiva attualmente più amata dagli italiani, ma è anche la più “discussa”, nel senso che se ne parla molto, nel bene e nel male, cercando (spesso riuscendovi) di cogliere i vari aspetti e i “messaggi” trasmessi da Gregory House, dalla sua gamba claudicante, da frasi dette e non dette, dalle anfetamine usate come una droga per lenire il dolore a quell’arto malconcio, dall’ironia che talvolta si fa cattiveria, dalla cattiveria che molte altre volte si fa soprattutto cinismo.

Per tentare un parallelismo rispetto a centinaia di altre serie passate in tv, molte delle quali spesso dimenticate e i cui personaggi difficilmente tornano alla memoria, anche se i canali satellitari le ripropongono di continuo, solo Happy Days ha scatenato un putiferio simile. Ma Fonzie e Richye Cunningham erano tutt’altra cosa (bella cosa, non c’è che dire, e magari varrebbe la pena di tornarci su quanto prima). Qui invece siamo in presenza di un uomo-personaggio che interroga e sollecita di continuo, che possiamo usare come metafora della politica, della società, perfino – come vedremo meglio tra poco – della fede.

Già Charta Minuta, in un numero monografico del 2008, si era occupata da par suo dei parallelismi del medico House con la politica e la società italiana, dando la stura a quel vasto dibattito che ne è seguito e che è ancora in corso. E che adesso si arricchisce con House Md: follia e fascino di un cult movie, scritto da Carlo Bellieni e Andrea Bechi e appena mandato in libreria dalla Cantagalli Editore.

Diciamo subito che il mondo cattolico serio (ma non serioso) si è avvicinato a Doctor House non solo “coraggiosamente”, ma con quell’intelligenza tipica di chi il dialogo lo cerca (e spesso e volentieri lo trova) senza paraocchi. Non è un caso – tanto per capirci – che Cantagalli sia tra gli editori più effervescenti del nuovo panorama cattolico (tra l’altro, assieme alla Libreria Editrice Vaticana, è il solo a pubblicare gli scritti di Ratzinger e stampa anche la gran pare dei “foglietti della messa” che ogni domenica troviamo nelle nostre parrocchie), mentre di questo libro, e più in generale del fenomeno House rapportato alla fede, si sono già occupati il quotidiano Avvenire, il mensile Studi Cattolici, l’agenzia di informazioni Zenith: insomma, tutte voci tra le più qualificate.

Carlo Bellieni è un neonatologo, membro del comitato di Bioetica della Società italiana di pediatria e della Pontifica Accademia per la Vita, mentre Andrea Bechi è un sacerdote; a quattro mani, dunque, hanno affrontato il caso-House con le migliori competenze, partendo da un dato essenziale, che va correttamente riportato: «Non vogliamo santificare House: è dichiaratamente ateo, a tratti flirta con l’idea dell’eutanasia o dell’aborto, e questo non lo condividiamo. Ma sarebbe così stupefacente sentirlo scagliarsi contro la droga o il sesso incestuoso –come avviene con discrezione e ironia in alcune puntate – se fosse un Santo da “immaginetta”? Se avesse l’aureola non colpirebbe lo spettatore quando si fa interrogare dalla manina del feto che sbuca dall’utero aperto, e gli abbraccia il dito della mano, restando poi incantato ore ed ore a riguardare quel dito e domandarsi il mistero di una vita nascosta ma presente».

Detto questo, che è già tantissimo, si capisce lontano un miglio come il libro affronti “la questione” con serietà. D’altro canto è quello che impone House: un approccio vero, se possibile totalizzante.
Infatti «la sua misantropia, il suo aver sempre rifuggito il lato umano, il fatto che non gli interessi "curare il paziente, quanto sconfiggere la malattia", sono solo una parte di House», come ha scritto Paolo Braga recensendo il telefilm su Studi cattolici, in maniera tutto sommato niente affatto tenera («Da spettatore finisci facilmente per pendere dalle labbra di House. Il problema è che da quelle labbra ne escono di pesanti», si legge ancora) eppure attenta, come nello stile del bel mensile diretto da Cesare Cavalleri e di tutta una pubblicistica cattolica che non sceglie scorciatoie e soprattutto non segue (bontà loro ma soprattutto bontà nostra) i finti modelli simil Famiglia Cristiana.

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Che dire?

 
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view post Posted on 10/4/2009, 13:36

primario

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La Città della Camomilla

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Non ho capito se questo libro descrive House esclusivamente attraverso l'ottica di uno o più medici cattolici, perché se è così, c'è da rabbrividire! :blink:
 
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LaurieLo
view post Posted on 10/4/2009, 15:40






YEP! Non posso giudicare prima di leggere, ma francamente 9 € per 90 pagine sono veramente troppe!
 
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tiger_soul
view post Posted on 6/6/2009, 07:39




ok nn lo compro
 
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3 replies since 10/4/2009, 13:15   236 views
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