Sic eras in fatis, fic su Doctor Who per la Lo...

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Jade_Cameron
view post Posted on 29/5/2006, 20:18




(Perdonate il titolo, ma quando non so che pesci pigliare smetto di scervellarmi e apro il libro di citazioni latine, che come titolo fa anche più figo. :AngelStar13: )

Tra la fine della prima serie di Doctor Who e l'inizio della seconda, ho attraversato la più grossa fase di indottrinamento coatto su di un argomento della mia vita. Ho messo insieme un collage della vita del Dottore in base a quello che è stato detto nelle serie passate e quello che ho trovato su siti che trattano espressamente la faccenda (perché ci sono). L'argomento ovviamente nessuno tra i miei amici l'ha mai sentito nominare, ma ormai c'ho fatto il callo. :AngelStar04:
E dopotutto, non si può pretendere... non hanno l'anglosassonità che gli scorre nelle vene! :AngelStar24:
Detto questo, spero di aver giustificato abbastanza quello che seguirà.
Spiacente per il Decimo, ma il protagonista per tre quarti della storia sarà il Nono Dottore. E dato che per me era innamorato a modo suo di Rose, da questo pairing non mi schiodo, e spiegherò (spero) al di là del ragionevole dubbio, perché quei due devono stare insieme. :Cactus01:
Ora basta ciance, e iniziamo.

***

Pianeta Terra, anno 200.100
Gamestation, precedentemente conosciuta come Satellite Five


“Che cosa hai fatto?” domandò il Dottore, esterrefatto.
“Ho guardato nel Tardis, e lui ha guardato dentro di me” rispose Rose, circondata dal vortice dorato che era il cuore del Tardis. Bella, e terribile, come solo una divinità poteva essere. E lei, in quel momento, lo era.
“Hai guardato dentro il Vortice del tempo, nessuno dovrebbe mai vederlo, Rose!”
E lo intendeva sul serio. Era una misura estrema, pericolosissima…mai avrebbe pensato di vederlo, figurarsi farlo. E Rose, una ragazzina diciannovenne terrestre, era stata più coraggiosa di lui.
“Questa è un’aberrazione!” gracchiò la voce metallica dell’imperatore dei Dalek.
“STERMINARE!” gli fece eco uno dei suoi Dalek. Ma le cose erano cambiate… non era più lui la creatura più potente in quella parte dell’universo. Tentò di colpire Rose, ma a Rose bastò un semplice gesto della mano per bloccare il raggio laser e rispedirlo indietro, come se non fosse mai stato lanciato.
“Io sono il lupo cattivo” disse Rose al Dottore. “ mi sono creata da sola. Ho preso le parole, e poi le ho sparse nel tempo e nello spazio” continuò, facendo un altro gesto con la mano, e spargendo le lettere del nome BAD WOLF, in modo che lei le potesse ritrovare in Gwyneth, nel progetto Blaidd Drwg, nei graffiti del Powell Estate. “Un messaggio per condurmi qui da te.”
“Rose, adesso devi smetterla. Devi smetterla, ti prego! Ora hai l’intero Vortice del Tempo che scorre nella tua testa, finirai per bruciare!”
E morire. E lui non voleva veder morire di nuovo la donna che…
Che amava? Era questo?
“Ti voglio al sicuro, mio Dottore. Protetto da quel falso dio.”
Il Dottore la guardò ancora a bocca aperta. Se Rose avesse saputo cosa esattamente quelle parole volessero dire per lui…
L’imperatore interruppe quel momento.
“Tu non puoi farmi del male, io sono immortale.”
Gli occhi di Rose ritornarono color dell’oro.
“Tu sei il nulla. Io vedo tutto, il tempo, lo spazio, ogni singolo atomo della tua inutile esistenza e li divido tra loro!” Un gesto della sua mano, di nuovo, e l’intera razza Dalek venne eliminata, nave dopo nave.
“Ogni cosa ritornerà polvere… Ogni cosa… Il male muore… La Guerra del Tempo finisce!”
“Io non posso morire! Io non posso morire!” urlò l’imperatore dei Dalek mentre la nave madre si dissolveva intorno a lui, incredulo nel vedere che la sua immortalità non era tale… incredulo nel sapere di essere stato sconfitto da una ragazzina terrestre che aveva dimostrato più coraggio e spirito di sacrificio di chiunque nell’universo.
Tutto era tornato polvere, come Rose aveva detto. Tutto era silenzio. Tutti erano morti. Satellite Five era deserta, eccetto che per loro due…
“Rose, ce l’hai fatta, ora basta. Fermati, o morirai!”
“Non lascerò andare tutto questo. Io porto la vita!” disse Rose, e mentre lo diceva si riferiva a Jack, che si era sacrificato per dare al Dottore il tempo di terminare la sua arma. Vedeva tutto… vedeva che Jack non aveva ancora finito il suo viaggio. E aveva agito in modo da aiutarlo. Ora poteva. Poteva fare tutto… Vedere ogni singolo angolo dell’universo, in ogni singolo momento della sua esistenza…

Gallifrey…

“Ma questo è sbagliato! Non si possono controllare la vita e la morte!” ribatté il Dottore, attirando la sua attenzione nel presente.
“Ma io posso!” rispose Rose. Il sole e la luna, il giorno e la notte…ma perché sento dolore?”
Le belle sensazioni che aveva provato si stavano ritorcendo contro di lei. Ogni cosa che vedeva ora le procurava delle fitte fortissime. Il Dottore aveva ragione, stava per bruciare, non poteva sopportare tutto questo…
“Il potere ti ucciderà ed è solo colpa mia!”
Il Dottore… stava piangendo?
Per lei?
“Io vedo ogni cosa. Tutto ciò che è, ciò che è stato, e ciò che sarà.”

Theta…

Quel nome apparve nella sua testa all’improvviso, come prima quel nome, Gallifrey. Non lo aveva mai sentito… eppure sapeva che era il nome del Dottore. Come sapeva che Gallifrey era il nome di un pianeta. Anzi, del pianeta del Dottore, andato distrutto durante la guerra con i Dalek. Si rese conto che se prima lei aveva potuto vedere quello che voleva, ora la cosa stava funzionando nel verso opposto. Qualcun altro le stava facendo vedere qualcosa. Rose non si oppose. Chiunque fosse le stava dando la forza di sopportare il Vortice… di renderlo meno doloroso…
“È quello che vedo anch’io, tutto il tempo. E questo non ti fa impazzire?”
Rose stava per rispondere di no, ma la forza del Tardis si fece più intensa. Il dolore era ritornato. Questa volta non se ne sarebbe andato…
“La mia testa…” si lamentò Rose.
“Vieni qui…” mormorò piano il Dottore, prendendole le mani e attirandola vicino a lui.
“Mi sta uccidendo…”
“Penso che ti serva un dottore.”
Rose stava per soccombere, e il Dottore lo sentiva chiaramente. La attirò verso di sé, e fece l’unica cosa che poteva liberarla di quel fardello che non era fatto per lei. Nessuno sopravviveva ad un vortice del tempo nella testa. Un Signore del Tempo, d’altro canto, aveva altri sistemi per garantirsi una sopravvivenza. Avvicinò il suo viso a quello di Rose, e la baciò con dolcezza. Subito sentì la fortissima energia del vortice passare da Rose al suo corpo, distruggendo le sue cellule… al termine, avrebbe dovuto rigenerarsi…sarebbe cambiato di nuovo… ma per Rose avrebbe fatto questo ed altro. Lei per lui lo aveva fatto.
Ma non si sarebbe mai aspettato quel che sarebbe successo. Rose aveva interrotto il bacio e il contatto, e usando l’energia e i poteri di controllo del tempo che il vortice le aveva dato e di cui era ancora in possesso, prese l’energia che il Dottore le aveva sottratto.
“Come ho detto. Ti voglio al sicuro, mio Dottore.”
“Rose non farlo, per l’amor del cielo, non farlo!”
Gli occhi di Rose ripresero la sfumatura dorata, e ben presto la nebbia dorata l’avvolse completamente, rendendo invisibile anche la sua sagoma. Il Dottore, abbagliato dalla luce dovette ripararsi gli occhi con un braccio per non finire accecato. E un attimo dopo, era tutto finito. Il vortice era ritornato nel Tardis, e Rose era scomparsa.
No, si corresse il Dottore, scivolando a terra e piangendo come non gli capitava da quando Gallifrey e sua moglie erano state distrutte. Rose era morta.
Ed era colpa sua. Era tornata indietro per salvare lui…
A terra notò uno degli anelli di Rose, unica cosa che fosse rimasta di lei. Lo strinse forte nella mano, e rialzatosi in piedi camminò dentro al Tardis.
Jack lo raggiunse poco dopo. Era ancora disorientato da quello che gli era successo, dal come fosse possibile che lui fosse ancora vivo, e aveva tutte le intenzioni di rimbecillire il Dottore di domande… poi notò le luci.
Normalmente il Tardis era luminoso, lo sentivi pulsare di vita ed energia. Adesso era come se ci fosse qualcosa che non andava. Le luci erano basse, quasi funeree. Come se la nave fosse… triste.
Ma il Dottore era vivo, ne era certo. Chi altri avrebbe potuto annientare i Dalek?
Rose era a casa, al sicuro.
E lui era vivo, anche se non sapeva come.
Quindi che diavolo era successo?
Poi sentì quello che sembrava l’eco di un urlo. Jack corse alla ricerca del Dottore.
C’era solo una cosa che poteva affliggere il Dottore e il Tardis a quel modo, ma era impossibile… Rose era al sicuro nel ventunesimo secolo…poi trovò il Dottore seduto sul pavimento in quella che era la stanza di Rose (o quello che ne rimaneva), distrutto.
Non doveva aver accettato di essere tenuta al sicuro, ed era tornata da lui pur sapendo che avrebbe pagato cara questa decisione.
Jack sorrise amaramente pensando a quanto questo fosse tipico di Rose Tyler.

Aveva fatto del suo meglio, ma non poteva aiutare chi non voleva essere aiutato. Il Dottore voleva soffrire. Jack alla fine aveva rinunciato a provare, e la sua decisione di lasciare il Tardis non fu per niente una sorpresa. L’unica cosa che chiese fu di essere lasciato nella Cardiff del ventunesimo secolo, che era anche l’ultimo posto dove le cose erano andate bene per lui, il Dottore e Rose.
Il Dottore non disse una parola, nemmeno quando Jack gli domandò se questo suo desiderio non avrebbe finito per cambiare la storia. Come spiegargli che sarebbe stato esattamente dove sarebbe dovuto essere? O quel che avrebbe fatto? Meglio che Jack lo scoprisse da solo, e pensasse che non gli importava più di tanto quel che avrebbe fatto d’ora in avanti. Avrebbe reso le cose più facili.
Scomparso anche Jack dalla sua vita, il Dottore si gettò a capofitto nei suoi viaggi. Ma non riusciva a sfuggirle. Rose era sempre lì nella sua testa, che gli sorrideva, che lo fulminava per un commento sarcastico, che lo guardava con negli occhi quel misto di amore e fiducia.
Avrebbe potuto evitare la questione in eterno, ma probabilmente fu proprio questo che gli fece decidere di inserire le coordinate spazio temporali per la Londra del ventunesimo secolo, e più specificamente per il Powell Estate. Rose era morta ormai da due mesi, e sua madre e Mickey l’Idiota non lo sapevano. Ora sarebbe riuscito a dare la notizia senza crollare a pezzi e a mantenere una certa aura di dignità, raccontando come Rose fosse morta salvando lui, la Terra, e l’intero universo.
Il Tardis si fermò, probabilmente allo stesso angolo dove si fermava sempre quando arrivava da quelle parti. Il Dottore poggiò entrambe le mani sulla consolle, fece un respiro profondo, dopodiché uscì dalla sua nave, preparandosi ad affrontare l’imminente uragano.

Appena uscito dal Tardis, il Dottore non fece in tempo a contare fino a cinque che Jackie Tyler si era già precitata fuori di casa, e verso di lui.
“Due mesi! DUE MESI! ‘Non lo farò mai più mamma, promesso’… Promesso, un cavolo! Vai via a quel modo, e non ti fai più sentire! Sono morta d’ansia! Rose Tyler, vieni fuori da quella cabina blu all’istante, voglio proprio sentire come ti giustifichi!”
Quasi non aveva notato il Dottore, e di questo lui era grato. Ritardava l’inevitabile, anche se di poco.
Jackie entrò nel Tardis strillando il nome Rose un paio di volte, e una volta uscita notò finalmente il Dottore.
“E tu” ringhiò Jackie “niente da dire a tua discolpa?”
“Ho fatto quanto mi è stato possibile, Jackie” mormorò il Dottore con aria assente. “L’avrei salvata, e protetta. L’avevo promesso. Ma è stata Rose a non permettermelo.”
Quasi non si era reso conto di aver espresso quel pensiero ad alta voce, ma quelle parole appena sussurrate avevano catturato in pieno l’attenzione della donna.
“Ma che cosa stai blaterando? Che cosa non ti ha permesso? Dov’è Rose? Dov’è mia figlia?”
Il Dottore distolse lo sguardo e chiuse gli occhi. Sbagliava, non era più forte di quello che era due mesi prima. E ora la tempesta lo avrebbe colpito in pieno.
Jackie indietreggiò barcollando di qualche passo, lentamente realizzando perché Rose non era lì con loro. Scuoteva la testa, continuando a ripetere che non poteva essere vero, poi iniziò a piangere e urlare. Il Dottore aveva fatto per metterle una mano sulla spalla, ma Jackie si era ritratta all’istante, furiosa.
“Non osare! È solo colpa tua! Ti sei portato via la mia bambina, l’hai portata via dalla sua casa, dalla sua famiglia, dal suo pianeta! Avevi giurato che era al sicuro! Dov’era questa sicurezza, eh? Dov’eri tu? Vattene, non voglio più vederti! Mickey aveva ragione su di te, sei solo un portatore di disgrazie! Vattene! Se mia figlia è morta è solo colpa tua!”
Jackie aveva sottolineato ogni frase con una pioggia di colpi contro il Dottore, che non accennò minimamente a difendersi. Meritava il suo odio, il suo disprezzo, e ogni cosa che stesse facendo e dicendo.
Silenziosamente, iniziò a piangere anche lui.

A Mickey, che aveva sentito il rumore del Tardis, e si era catapultato in strada per correre da Rose, bastò solo un secondo per capire che quello che aveva temuto era successo. Rose non era tornata. Si avvicinò a Jackie, che si aggrappò a lui, e Mickey ricambiò l’abbraccio stringendola forte, facendosi forza per non dare sfogo alla disperazione che provava dentro di sé.
Guardò il Dottore, e sentì una gran rabbia montargli dentro. Quell’uomo – no, non uomo, era un alieno, nemmeno una persona – gli aveva portato via per sempre la sua Rose.
In silenzio, ignorando le urla di Mickey che voleva risposte, il Dottore ritornò lentamente dentro al Tardis, chiudendo la porta. Ignorò le urla di Mickey e Jackie, i pugni e i calci sferrati contro la porta, incuranti di cosa gli altri avrebbero potuto pensare o dire.
Ad un certo punto smisero.
E per la prima volta da quando aveva visto Rose scomparire di fronte ai suoi occhi, si sentì completamente, disperatamente solo.


Edited by Jade_Cameron - 29/5/2006, 23:31
 
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maritahouse
view post Posted on 29/5/2006, 20:49




jade ma è bellissima!... anche se non so quasi niente del doctor who attuale (lo vedevo quando ero bambina tom backer, fine anni 70) l'ho trovata veramente bella, estremamente ben scritta, toccante.
grazie
 
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MelissaJo
view post Posted on 29/5/2006, 21:46




Brava Jade! :Azzurro05:
Ma.... ma..... questa è solo la prima parte, vero? Io non so praticamente nulla del Doctor Who: aspetto il capitolo successivo, così avrò modo di conoscerlo meglio.
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 29/5/2006, 22:47




Grazie... :AngelStar29:
Spero vi piaccia anche il resto.
visto che non tutti hanno seguito la serie nuova (e nel thread del Dottore, a parta Marita, ci siamo solo io, Jana e LaurieLo) ecco quello che bisogna sapere in soldoni.

Il Dottore è un Signore del Tempo, unico superstite della sua razza, che viaggia con la sua nave, il Tardis, che all'esterno ha le sembianze di una cabina blu. Il suo pianeta e la sua gente sono andati distrutti durante la Guerra del Tempo, combattuta contro i Dalek. Alla fine, per distruggerli, il Dottore ha dovuto annientare anche la sua gente.
Non si sa quanto dopo esattamente, ma incontra Rose durante una delle sue avventure (Se guardate il mio avatar... lui è il Dottore, lei è Rose) e lei molla allegramente tutto per seguirlo. I due ad un certo punto prendono a bordo Jack Harkness, un ex Agente del Tempo e truffatore (ma in fondo bravo ragazzo) del cinquantunesimo secolo. motivo ricorrente sono le parole Bad Wolf, che Rose e il Dottore ritrovano in ogni luogo che vanno, e che pensano siano un avvertimento per qualcosa.
E così si arriva alla Gamestation nell'anno 200.100.
I Dalek, dati per distrutti, in realtà erano sopravvissuti e avevano ricostruito l'esercito usando i paria della razza umana. Il Dottore, visto il pericolo, rispedisce Rose a casa sua, ma Rose riesce a guardare nel cuore del Tardis e a ritornare indietro.
Quel che succede poi l'avete letto, ho tenuto i dialoghi originali.
In realtà l'episodio finisce con Rose che si salva senza ricordare niente e il Dottore che si rigenera... io invece da lì creo il mio AU.

Ciao!
 
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LaurieLo
view post Posted on 30/5/2006, 11:05






bella idea di riprendere il finale del ns epi preferito e ripartire da lì! Kudos, Jade, go on!!
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 31/5/2006, 09:15




Parte seconda... enjoy!


Non ricordava per quanto tempo fosse rimasto chiuso lì dentro in completa solitudine, ma ricordava chiaramente il momento in cui aveva sentito battere con forza alla porta del Tardis.
Mickey l’Idiota che probabilmente vorrà la mia testa, pensò il Dottore. E invece no.
“Apri la porta! Subito!”
Era Jackie, e Jackie sicuramente avrebbe voluto la sua testa, dopo aver passato giorni a rimuginare e metabolizzare la notizia della morte della sua unica e adorata bambina, e aver evidentemente realizzato come fargliela pagare.
Sbagliava di nuovo. Beh, quasi. Dopo aver ricevuto un pugno da ko in piena faccia, una Jackie molto più calma del solito aveva spiegato ad un dolorante Dottore ancora a terra che voleva vedere i luoghi che Rose aveva visto prima di morire. Voleva capire che cosa avesse portato la figlia lassù ad incontrare una morte prematura, e non se ne sarebbe andata fino a quando il dottore non avrebbe detto di sì.
“Mi ha detto che se avessi visto quello che c’era lassù, non sarei mai stata a casa. Beh, ora voglio proprio vedere cosa c’è lassù. Voglio vedere per che cosa Rose è morta!”
Il Dottore sulle prime aveva risposto di no, ancora sconvolto, ma Jackie gli aveva dato il tormento, ogni momento, e aveva convinto Mickey ad aiutarla.
Alla fine aveva capitolato, anche se non avrebbe voluto. E aveva di nuovo inserito le coordinate spazio temporali di Satellite Five, nell’anno 200.100. Volevano sapere com’era morta? Li avrebbe accontentati. Ma non potevano obbligarlo a rivivere tutto. Loro avrebbero visto… lui si sarebbe rifugiato in quella stanza del Tardis completamente isolata dal resto, e lì sarebbe rimasto fino a quando tutto non sarebbe finito, di nuovo.
Il Tardis si materializzò nella stanza al 500° piano della stazione orbitante, dove era stato nascosto quando erano stati trasportati a forza lì sopra, dentro le letali versioni dei reality del ventunesimo secolo che venivano trasmesse da Satellite Five. Il Dottore sbirciò fuori dalla porta. Vide sé stesso intento a costruire l’amplificatore di onde delta, che avrebbe dovuto distruggere i Dalek e che avrebbe finito col distruggere tutta l’umanità. Era quasi il momento…
“Che sono quelle saliere semoventi?” bisbigliò Mickey.
“Sono Dalek. Le più letali creature nell’universo. C’erano un centinaio di terrestri su questa stazione satellitare… a questo punto, gli unici esseri viventi sopravvissuti siamo io e Jack Harkness.”
“Dov’è Rose?” domandò Jackie.
“Deve ancora ritornare… ed è questione di pochi minuti. Non fiatate, non muovetevi” disse mentre se ne andava di nuovo dentro il Tardis.
“Dove diavolo stai andando, Dottore?”
Aveva usato un tono di accusa, ma se ne pentì subito. Il Dottore si girò di scatto verso di lei, con gli occhi lucidi e pieni di dolore.
“L’ho vista morire una volta, Jackie! Niente nell’universo mi costringerà a vederla morire una seconda!”
E sparì all’interno del Tardis.
Rimasti da soli, Jackie e Mickey in silenzio rimasero a guardare l’altro Dottore fronteggiare l’Imperatore dei Dalek, fino a quando…
“Tardis in materializzazione!”
“Non fuggirai, Dottore!”
Ma il Dottore sembrava più sorpreso degli alieni che lo volevano morto. Il Tardis non poteva ritornare da lui, come diavolo era stato possibile?
Poi la porta si aprì, e una luce fortissima uscì dalla sua nave. Riusciva a malapena a scorgere una sagoma… e poi la nebbia dorata si dissolse, facendo vedere Rose.
“Oh mio Dio, eccola” disse Mickey a Jackie.
“Cos’è quella luce? Non mi piace, non mi piace per niente…”
“Questa è un’aberrazione!” gracchiò la voce metallica dell’imperatore dei Dalek, richiamando la loro attenzione su quanto stava avvenendo.
Un Dalek tentò di colpire Rose, ma a Rose bastò un semplice gesto della mano per bloccare il raggio laser. Jackie si mise una mano sulla bocca per non urlare. Non poteva credere a quel che stava vedendo!
“Io sono il lupo cattivo” disse Rose al Dottore. “ mi sono creata da sola. Ho preso le parole, e poi le ho sparse nel tempo e nello spazio” continuò, facendo un altro gesto con la mano, e spargendo le lettere del nome BAD WOLF “Un messaggio per condurmi qui da te.”
Bad Wolf. Questa volta fu il turno di Mickey di essere stranito. Tutte le volte che aveva visto quei graffiti… il Blaidd Drwg Project… ed era stata Rose, in quel momento, a farli, a fare in modo che Blon la Slitheen chiamasse così la futura centrale nucleare di Cardiff… incredibile. Davvero incredibile. Jackie, totalmente sconvolta, rammentò di aver visto anche lei quei graffiti. La testa le girava, troppe cose, troppo in fretta… ma non poteva smettere di guardare.
“Rose, adesso devi smetterla. Devi smetterla, ti prego! Ora hai l’intero Vortice del Tempo che scorre nella tua testa, finirai per bruciare!”
“Ti voglio al sicuro, mio Dottore. Protetto da quel falso dio.”
Pur nello stato di confusione mentale in cui si trovava, Jackie si fece comunque un appunto di chiedere al Dottore che intendesse sua figlia con quella frase. Lo aveva sempre sospettato che quei due non gliela raccontassero giusta…
L’imperatore interruppe quel momento.
“Tu non puoi farmi del male, io sono immortale.”
Gli occhi di Rose ritornarono color dell’oro.
“Tu sei il nulla. Io vedo tutto, il tempo, lo spazio, ogni singolo atomo della tua inutile esistenza, e li divido tra loro! Ogni cosa ritornerà polvere… Ogni cosa… Il male muore… La Guerra del Tempo finisce!”
L’imperatore dei Dalek urlò che non poteva morire, ma il suo destino era segnato.
E poi, silenzio. Satellite Five era deserta, eccetto che per loro due… e per i due visitatori.
“Rose, ce l’hai fatta, ora basta” urlò il Dottore. “Fermati, o morirai!”
Jackie piangendo implorava la figlia di dare retta al Dottore, ma Rose non aveva la minima intenzione di lasciar andare quel potere immenso. Diceva di essere perfino in grado di portare la vita.
“Ma questo è sbagliato! Non si possono controllare la vita e la morte!” ribatté il Dottore
“Ma io posso!” rispose Rose. “Il sole e la luna, il giorno e la notte…ma perché sento dolore?”
“Il potere ti ucciderà ed è solo colpa mia!” disse il Dottore abbassando la testa, per rialzarla subito appena sentite le nuove parole di Rose.
“Io vedo ogni cosa. Tutto ciò che è, ciò che è stato, e ciò che sarà.”
“È quello che vedo anch’io, tutto il tempo. E questo non ti fa impazzire?”
“La mia testa…” si lamentò Rose.
“Vieni qui…” mormorò piano il Dottore, prendendole le mani e attirandola vicino a lui.
“Mi sta uccidendo…”
“Penso che ti serva un dottore.”
Il Dottore la attirò verso di sé, avvicinò il suo viso a quello di Rose, e la baciò con dolcezza. Jackie, che nella sua testa aveva pensato a quanto fosse scontata quella battuta, spalancò gli occhi. Mickey distolse lo sguardo. Eppure lo aveva sempre saputo, in fondo… fin da quando Rose gli aveva dato quel bacio d’addio ed era corsa dentro quella cabina blu. Come avrebbe potuto competere? Lui poteva offrirle una serata al pub… il Dottore, l’intero universo in tutte le sue epoche. Ma una cosa era sapere di aver perso la donna che si ama, un’altra è vederlo con i propri occhi. Jackie continuava a piangere silenziosamente
Rose all’improvviso interruppe il bacio e il contatto, e usando l’energia e i poteri di controllo del tempo che il vortice le aveva dato e di cui era ancora in possesso, si riprese l’energia che il Dottore le aveva sottratto. Il Dottore non se lo aspettava, e neanche Mickey e Jackie.
“Come ho detto. Ti voglio al sicuro, mio Dottore.”
“Rose non farlo, per l’amor del cielo, non farlo!” urlò il Dottore, e Jackie vide che aveva fatto per riafferrarla e ristabilire un contatto. Voleva salvarla… ma Rose sapeva essere così testarda. Soprattutto se era convinta di fare la cosa migliore per la persona che amava.
Gli occhi di Rose ripresero la sfumatura dorata, e ben presto la nebbia dorata l’avvolse completamente, rendendo invisibile anche la sua sagoma. Jackie si sentì mancare le gambe, e Mickey prontamente le evitò di cadere. Voleva portarla via, ma Jackie si impuntò. Voleva restare, vedere come Rose era morta. Entrambi sapevano che ormai era questione di poco. Il Dottore, abbagliato dalla luce dovette ripararsi gli occhi con un braccio per non finire accecato. E un attimo dopo, il vortice era ritornato nel Tardis, e Rose era scomparsa.
Jackie guardò il Dottore cadere a terra in lacrime, e si pentì di aver pensato che fosse un essere senza emozioni, per come le aveva detto di Rose, o per aver aspettato tanto. Aveva di nuovo giudicato troppo in fretta, senza sapere… ma come avrebbe potuto fare altrimenti? Era Rose ad avere un legame con lui, non lei. Il Dottore la riteneva una stupida scimmia (come d’altro canto tutti i terrestri), e Jackie pensava di lui che fosse un alieno pericoloso e incurante di pericoli o della distruzione che si lasciava alle spalle. Non esattamente il terreno migliore su cui intavolare delle trattative amichevoli. Ma ora, forse, le cose potevano cambiare. Osservarono il Dottore e quell’uomo che Mickey chiamò Capitan Jack sparire nel Tardis, e solo dopo parecchi respiri profondi riuscirono a voltarsi e a camminare lentamente verso la nave. Il Dottore era al suo posto, controllando la strumentazione. Comportandosi normalmente… ma continuava a dar loro le spalle, e non parlava eccetto che per lo stretto necessario.
“Ha avuto coraggio, la mia Rose. Ha salvato l’universo” disse Jackie per rompere il ghiaccio.
“Doveva lasciare che la salvassi. Lei aveva solo una vita, io ne ho altre quattro da vivere.”
“È stata coraggiosa” ripeté Jackie. “E nessuno può dire il contrario.”
“Non lo sto dicendo, Jackie. E ora, a casa. Pianeta Terra… Londra… Powell Estate… 2006… ecco fatto” disse, voltandosi a guardare i suoi ospiti con una pallida imitazione del suo solito sorriso. Forse avrebbe dovuto guardare la consolle. Le coordinate stavano mutando, il Tardis stesso le stava mutando, stabilendo le uniche coordinate spazio-tempo che il Dottore non avrebbe mai osato mettere.

Quando si accorse della modifica, oltre che a sciorinare tutti gli insulti gallifreiani che conosceva tentò di modificare la rotta. Ma la nave testardamente glielo impediva, e il nervosismo del Dottore cresceva esponenzialmente con ogni tentativo andato a vuoto.
Poi la nave si fermò.
Il Dottore si bloccò di fronte alla consolle, e Mickey e Jackie si limitarono a guardarlo come se fosse pazzo, rimanendo in silenzio. Se avessero parlato, probabilmente in Dottore li avrebbe sbranati… era sconvolto. Dovunque fossero, non era un posto dove il Dottore voleva essere. La domanda comunque rimaneva: dove erano finiti?
“Dottore…” iniziò Mickey, ma proprio in quel momento il Dottore decise di scuotersi e di correre fuori.
Fissò il cielo arancione, che mai avrebbe pensato di rivedere. Si guardò intorno. Scorse in lontananza la Cittadella, come era soprannominata Gallifrey, la città capitale che dava anche il nome al pianeta.
E realizzò dove si trovava.
Mickey e Jackie fecero capolino fuori dal Tardis. Erano in una landa desolata e disabitata, interrotta solo da un’arena ormai caduta in disuso. Sullo sfondo, si vedeva una città, come non ne avevano mai viste… e su tutto questo troneggiava un cielo arancione.
“Il cielo è arancione! Mickey, il cielo è arancione! Dove siamo? Oh, mio Dio, dove diavolo siamo? E ritorneremo a casa? Cosa facciamo se non ritorniamo a casa? E se…?”
Mickey e il Dottore, senza staccare gli occhi dalla Cittadella, urlarono all’unisono a Jackie di stare zitta.
“Dottore, dove siamo?”
“Nell’unico posto dove avevo giurato di non tornare” mormorò l’alieno. Disse che non potevano stare lì, ma che prima doveva riparare un certo circuito del Tardis. Non poteva rischiare che la nave venisse trovata, ma se Jackie e Mickey avessero letto i pensieri del Dottore, avrebbero visto che era per motivi diversi da quelli che pensavano loro.
Il silenzio di Jackie durò giusto fino a quando il Dottore iniziò a riparare il circuito. Stringeva convulsamente il cacciavite sonico, desiderando farlo con il collo di quella donna. Perché se l’era presa a bordo? Mickey l’Idiota era un discorso, ma la madre di Rose…
Rose. Era la prima volta in due mesi che riusciva a pronunciare il suo nome. La vedeva ancora nella sua mente, quando era intento a fare riparazioni. Cercava di aiutare, facendo alle volte un disastro, così rimaneva ad osservare in silenzio… per cinque minuti. Ma i suoi commenti lo facevano sorridere, e anche se non glielo aveva mai detto e lei pensava di rompergli le scatole, a lui piaceva averla intorno…

Dottore, uscirai mai da là sotto?

Anche la sua giovane moglie lo faceva, tanti anni prima. Quando aveva visto Rose aveva creduto di sognare. Una terrestre, ma così somigliante a quella Signora del Tempo che lo aveva stregato al loro primo incontro. Lo stesso sguardo, la stessa cocciutaggine, lo stesso spirito. Gliela ricordava così tanto che quasi non aveva pensato quando le aveva offerto un posto sul Tardis. Era anche il motivo per cui le aveva dato una seconda possibilità, certo che l’avrebbe colta.
Ma ora se n’erano andate entrambe. E lui era ancora lì…
“Hai intenzione di rispondermi sì o no?” tuonò Jackie, e il Dottore, improvvisamente distratto, finì col bruciarsi una mano. Ora basta!
“Per l'amor del cielo, donna, vuoi chiudere quella bocca? Sto cercando di camuffare il Tardis, per impedire agli Altri di trovarlo!”
“Gli Altri?”
“Reietti della Cittadella. Hanno rifiutato la tecnologia di Gallifrey, vivono in tribù in questo territorio.”
“Gallifrey?”
“È il mio pianeta.”
“Ma non avevi detto a Rose che era andato polverizzato con i Dalek durante la Guerra del Tempo?”
Il Dottore sorrise sarcastico “Sì, esatto, Ricky, grazie per avermelo ricordato. Dobbiamo essere capitati indietro nel tempo…”
Riguardò la consolle, e gli prese un altro colpo.
“Cinquanta anni prima della Guerra del Tempo, per l’esattezza” mormorò. Cinquant’anni… quando i problemi con il Consiglio erano iniziati… sua moglie era ancora viva, e suo fratello…
Rivederli, un solo istante. Poi avrebbe riportato a casa i suoi passeggeri involontari, Tardis permettendo. Se lo aveva portato lì, ci doveva essere un motivo, non poteva essere un semplice malfunzionamento di un circuito.
Il circuito ricominciò a funzionare, sebbene in modo non esattamente perfetto. Avrebbe retto per un po’, e il Dottore sperava che quel tempo fosse sufficiente, per lui e per loro.
Spiegare di fronte ad un altro tribunale perché avesse infranto altre leggi dei Signori del Tempo non era esattamente quel che voleva fare.
Iniziarono a camminare, in direzione della Cittadella, quando l’attenzione del Dottore venne catturata da un drappello di persone avvolte in mantelli neri.
“E quelli?”
Il Dottore non rispose a Mickey. Potevano essere studenti, ma era meglio non rischiare. Spiegare chi erano poteva solo farli finire in guai ancora più seri. Non dovevano farsi vedere, e l’unico posto abbastanza vicino per nascondersi era l’Arena.
Solo che anche qualcun altro aveva scelto quel posto per stare un po’ in solitudine...

Relenaswatisaram odiava quelle spedizioni. Preferiva stare alla Cittadella, circondata dai libri e dai guaritori da cui stava apprendendo la professione. Ma il Cardinale voleva che tutti gli studenti sapessero cosa c’era al di fuori della loro bella e ordinata città, e così che agli studenti piacesse o meno, una volta ogni due mesi prendevano un mantello per ripararsi dalla luce e dalla polvere ed esploravano con un professore qualche porzione del territorio circostante Gallifrey.
Ormai era diventata parecchio esperta nell’arte di sparire durante queste esplorazioni. Se proprio doveva stare fuori, preferiva passare il suo tempo sulla Tomba di Rassilon, il fondatore della loro civiltà. Era anche il posto dove anni prima era stata trovata, priva di conoscenza e senza memoria. In principio ritrovare la memoria le era parso fondamentale… poi la sua vita aveva preso la piega che aveva preso, e aveva smesso quella ricerca ossessiva. Se i ricordi fossero tornati, bene, altrimenti viveva un presente che la rendeva molto felice.
Ma se era così felice, le diceva una vocina nella testa, perché continuava a tornare sempre su quella tomba?
Guardava il monumento, leggeva le iscrizioni, e rimaneva in silenzio per ore a riflettere. Sebbene lei fosse in tutto e per tutto un’abitante di Gallifrey, c’erano cose che sfuggivano alla sua comprensione. Una per tutte, il suo file dentro quell’enorme computer multidimensionale che era Matrix, che conteneva informazioni su tutti i signori del Tempo mai esistiti e una dettagliatissima cronologia storica di tutto il pianeta. Quando aveva ottenuto di poterlo consultare, aveva capito che era soltanto la metà di quello che era un file normale. C’era scritto l’essenziale, ma non c’erano i nomi dei suoi genitori, o dove fosse nata. Sospettava da parecchio che fosse nata su un altro pianeta da due Signori del Tempo, e questo spiegava la scarsezza di informazioni sulla sua nascita e la sua infanzia, ma fino ad un certo punto. Era come se prima di riaprire gli occhi lì sulla tomba di Rassilon, fosse a mala pena esistita…
Delle voci la riscossero dalle sue riflessioni, e si nascose dietro una colonna. Il fatto che venisse spesso in quel posto, non implicava per niente che fosse consentito.
Relena guardò con curiosità i tre stranieri, il loro strano abbigliamento. Strano perfino per degli Altri. Viaggiatori, concluse, sentendo un brivido di eccitazione scuoterla. Non aveva l’esperienza necessaria per poter abbozzare al di là del ragionevole dubbio un’epoca o un pianeta… non era mai stata nello spazio a bordo di una delle magnifiche navi di Gallifrey, l’unico contatto con le stelle ce l’aveva alzando gli occhi al cielo. Ma dai libri che aveva letto… dai racconti degli altri viaggiatori… forse poteva arrivarci. Era brava con i ragionamenti deduttivi.
Sembianze umane. Questo abbassava la ricerca a un centinaio di pianeti. E tra le opzioni, il pianeta Terra sembrava molto probabile.
Sì, decisamente Terra. Solo i terrestri, diceva Rani, potevano andare in giro guardandosi attorno come bambini in gita scolastica. Rispetto alle altre civiltà, avevano scoperto relativamente tardi la tecnologia dei viaggi spaziali. E quelli avevano l’aria di non avere una grande esperienza di viaggio… Quand’era che i terrestri avevano iniziato sul serio a viaggiare e colonizzare? Quarantesimo secolo? Ma non coincideva con quello che vedeva. Gli abiti erano di foggia molto più antica… primi anni del ventunesimo secolo.
Viaggiatori spazio temporali?
Questo portava al cinquantesimo, forse cinquantunesimo secolo terrestre. Non spiegava però come fossero riusciti a passare il campo di forza che proteggeva il pianeta, o la loro semplice presenza lì.
L’unico episodio precedente riguardava i Sontaran, alieni che avevano tentato di invadere Gallifrey, e la barriera era stata sabotata dall’interno…
I terrestri, o almeno due di loro, continuavano a confabulare. La donna pareva sull’orlo di una crisi di nervi. Il ragazzo scuro tentava di calmarla, ma non era troppo calmo nemmeno lui. Il terzo invece era incredibilmente rilassato, e totalmente a suo agio… no, forse no, si corresse Relena. Aveva un’espressione dolorosa sul viso, come se soffrisse a trovarsi lì.
Un secondo più tardi, i loro sguardi si incrociarono.
Relena si nascose di nuovo dietro la colonna. Ma la curiosità la spinse di nuovo a sbirciare gli intrusi.
Il terzo doveva aver detto agli altri di averla vista, perché stavano tutti guardando nella sua direzione. Quell’uomo le stava pure sorridendo e facendo un cenno di saluto!
Sfacciato, pensò Relena. Ma non sembravano minacce, e così decise di rischiare.
“In nome di Rassilon, chi siete?”
“Siamo viaggiatori, capitati qui per caso. Forse puoi aiutarci?”
“Viaggiatori? D’accordo, siete abbastanza strani per esserlo. Capitati qui per caso? Non mentitemi. Nessuno passa la barriera che circonda Gallifrey per caso. E dov’è la vostra nave?”
“Quante domande… posso almeno sapere come ti chiami e che faccia hai?”
“Anch’io vorrei sapere con chi parlo. Dopo di voi.”
Testarda, pensò il Dottore.
“Allora… loro sono Mickey Smith e Jackie Tyler. Io sono…John Smith” disse il Dottore, promettendo a sé stesso che la prossima volta avrebbe, magari, pensato a qualcosa di un attimo più originale.
“Piacere di conoscervi, Mickey, Jackie e John” disse Relena levandosi il cappuccio che le copriva metà del viso “Io sono Relenaswatisaram, Relena in breve… che c’è?”
Relena se lo domandava sinceramente. Appena levato il cappuccio, le tre persone di fronte a lei avevano iniziato a fissarla con occhi sbarrati e bocca aperta, come se avessero visto un fantasma.

Quando Relena aveva detto il suo nome, il Dottore aveva sentito un tuffo a entrambi i cuori. Relena era la moglie che aveva avuto in gioventù e che aveva dovuto lasciare, anche se mai aveva smesso di amarla… ma quando quel cappuccio le era caduto sulle spalle, si era definitivamente sentito mancare.
E aveva capito… non era Rose che per un caso assomigliava a Relena.
Rose era Relena.

Edited by Jade_Cameron - 31/5/2006, 10:26
 
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LaurieLo
view post Posted on 31/5/2006, 10:05






'azz.

Sempre più sconvolta.
 
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MelissaJo
view post Posted on 31/5/2006, 14:05




fantastico! molto molto avvincente.
Se la fanfic va avanti così, mi sa che avete trovato in me una nuova seguace della serie televisiva.
Brava Jade image
 
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maritahouse
view post Posted on 31/5/2006, 20:30




mamma mia... incredibile... stupefacente
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 2/6/2006, 16:04




Parte terza...

Relena era stata considerata, fin dal risveglio nella casa di guarigione, un personaggio strano. Era una gallifreiana, che però quasi non esisteva. Aveva conoscenza di cose al di fuori del pianeta, e non era mai stata in viaggio nello spazio. La sua amnesia era così totalmente refrattaria agli stimoli che ogni tentativo procurava alla ragazza delle emicranie lancinanti, e neanche la tecnologia medica di Gallifrey aveva potuto fare niente. Desiderosa di recuperare il tempo perduto e di dimostrare la sua gratitudine ai guaritori che l’avevano curata, aveva iniziato gli studi di medicina. Fulminata dal geniale e ribelle scienziato che tutti chiamavano ‘Dottore’, si erano sposati andando contro tutto e tutti…
Sì, la consideravano strana soprattutto per quest’ultima cosa. Nessuno normale o con il cervello a posto, si diceva, poteva legarsi a quel personaggio. Relena invece ne era stata attratta come da una calamita. C’era qualcosa di così familiare in lui che l’aveva fatta sentire da subito protetta e sicura.
Ora guardava quello straniero, e stranamente avvertì la medesima sensazione. Le rimproveravano che era sempre portata a fidarsi anche quando non avrebbe dovuto, ma anche se dagli insegnamenti ricevuti la sola presenza di stranieri sul suolo di Gallifrey doveva essere considerata un crimine, decise di aiutarli comunque.
Si fidava del suo istinto, e ad ogni modo avrebbe sottoposto la faccenda a suo marito. Non si sarebbe lasciato sfuggire l’idea di incontrare degli alieni. E poi si sarebbe fatto una risata, complimentandosi con sé stesso su come era riuscito a portare anche la sua integerrima mogliettina verso il ‘lato oscuro’, come umoristicamente chiamava le sue posizioni.
Certo, sempre che quei tre smettessero di fissarla come se le fosse spuntata una seconda testa.
“Che cosa c’è?” ripeté Relena.
“Niente” si affrettò a dire il Dottore. “Assolutamente niente.”
Relena fece l’espressione che il Dottore identificò come quella che significava ‘Ti darò il beneficio del dubbio… per ora’. La conosceva piuttosto bene, suo malgrado.
“Non possiamo restare qui, dobbiamo andare. Vi porterò a casa mia, lì penseremo a qualcosa. Non attirate l’attenzione su di voi… quegli abiti strani lo faranno abbastanza da soli.”
Relena indicò la strada, rimettendosi il cappuccio sulla testa, e Jackie in quel momento tentò di nuovo di rivolgersi a lei. Di nuovo il Dottore intercettò l’azione e la fulminò con gli occhi. La donna, furibonda, voleva ucciderlo. Quella era sua figlia, come si permetteva di impedirle di parlarle? Guardò Mickey in cerca di appoggio, ma il ragazzo aveva un’aria pensierosa e per niente felice.
“Mickey, ma che ti prende? È viva!” bisbigliò, indicando la figura nera che camminava di fronte a loro, distante pochi passi. “Rose tornerà a casa con noi!”
“Non ci ha riconosciuto, Jackie. Rose non sa chi siamo.”
“Lo ricorderà.”
“Potrebbe non ricordarlo mai” aggiunse il Dottore con aria assente, con lo sguardo fisso su Relena.
“Non osare nemmeno pensarlo! Tutto quello che la mia Rose ha passato e sta passando, è solo colpa tua!” sibilò Jackie, con uno sforzo immane per non mettersi a urlare.
Jackie però non sapeva chi era Relena per lui. Il Dottore sapeva per certo che fino all’ultimo Relena non aveva mai ricordato esattamente chi fosse, eccetto per quelle scarne informazioni in Matrix. Avevano passato notti su notti a fare congetture e ipotesi. Talvolta c’era stato qualche flash, troppo veloce per essere fermato. Mai niente di concreto su cui basarsi. Avrebbe dovuto aspettare la morte di Relena per scoprire chi fosse davvero sua moglie, e per scoprirlo avrebbe dovuto incontrarla nel suo passato, che per lui invece era il futuro. Veramente ironico.
Non ottenendo risposta dal Dottore, Jackie iniziò a bofonchiare tra lei e lei. Tentava di coinvolgere Mickey, ma il ragazzo rimaneva chiuso nel suo silenzio.
All’improvviso sentirono una voce strillare il nome di Relena, e ben presto videro un ragazzo bruno correre a perdifiato verso di loro, con il mantello nero stretto in un pugno. Altro pugno allo stomaco per il Dottore. Il ragazzo era Rath, suo fratello minore.
“Relena, alla buon’ora!” disse Rath fermandosi a riprendere fiato. “il Professore si è fatto venire una crisi quando ha fatto una domanda e tu non c’eri. Di rabbia. Stavolta hai passato il segno…”
“E che fa, mi impedisce di laurearmi?” disse Relena ridendo. “Ho finito i miei studi a tempo di record, e il mio progetto di ricerca lo interessa troppo per ostacolarmi in questo modo. Poi, non è che sia andata tanto lontano… mi hai trovato subito, mi pare.”
“Le due metà della stessa mela. Tu e mio fratello siete proprio uguali. E infatti, ho quasi paura a chiedere chi siano loro” disse indicando con la testa le tre persone vicino alla giovane.
“Ecco” disse Relena torcendosi le mani “qui mi servirebbe il tuo aiuto. Anzi, a pensarci bene, il tuo mantello” e con improvvisa ispirazione si levò di dosso il suo, dandolo a Jackie.
“Forza, mettilo, passerai inosservata… spero.”
Lanciò un’occhiataccia a Rath, che non si era levato il suo mantello, e il ragazzo se lo levò in cinque secondi, dandolo poi a Mickey. Il Dottore soffocò una risata. L’occhiata intimidatrice di Relena… anche quello sguardo lui lo conosceva piuttosto bene.
“Che hai da ridere tu?” domandò piccato Rath al Dottore.
“Rath, cuccia. A proposito, quando torna a casa Theta?”
“Non lo so, sei tu sua moglie… a rigor di logica dovresti dirlo tu a me.”
“E quando mai mi ha detto quando torna? Lo sai com’è fatto.”
“D’accordo che volevi imparentarti a tutti i costi con me, ma mio fratello… insomma, Relena, potevi trovarti uno più tranquillo.”
“E chi ha mai detto che voglio una vita tranquilla? Forza, andiamo… e tu” disse puntando un dito al Dottore “evita di farti notare.”
“Sarò invisibile” disse il Dottore, sorridendo. Relena gli gettò un’occhiata molto dubbiosa al riguardo, e fu allora che notò la bruciatura sulla sua mano.
“E quella?” disse avvicinandosi ed iniziando ad esaminare l’ustione con fare esperto. Da una tasca tirò fuori quello che Mickey riconobbe come il cacciavite sonico, ma lo rimise via altrettanto velocemente. Relena guardava l’ustione come se ne avesse già viste un migliaio uguali.
“Ustione provocata da corrente elettrica, probabilmente durante una sessione di manutenzione dopo l’atterraggio. Passiamo all’ospedale per prima cosa, ti curerò la mano.”
Jackie la guardò sorpresa “Sei un dottore? Ma sei troppo giovane per esserlo!”
Relena si fece una bella risata “Qui su Gallifrey? Non credo proprio!”
“E poi Relena ha grandi piani” disse Rath, beccandosi una gomitata dalla donna.
“Zitto, Rath! E poi non è vero, è una tua idea.”
“Certo, Lady Presidente, la prego di accettare le mie umili scuse.”
Relena alzò gli occhi al cielo “La finirai mai?” disse mentre riprendeva a camminare verso la città.
“Nega che non ti piacerebbe.”
“Non mi interessa, è diverso. E poi è una carica che hanno offerto al Dottore, mica a me…” disse Relena, e fu un bene che camminasse con Rath qualche passo avanti i tre stranieri. Avrebbe trovato le occhiate curiose di due di loro verso il loro terzo compagno veramente molto strane.
“Lui non accetterà mai. Sai come la pensa sul mettere radici in pianta stabile.”
“Il Dottore?” interruppe Mickey, incapace di trattenersi oltre.
“Già” rispose Relena. “Sarebbe la soluzione ai nostri problemi, e pertanto non accadrà mai. Dovrebbe succedere l’apocalisse perché decida di lasciare la sua nave e ritorni in seno all’aristocrazia di Gallifrey.”
“Ah sì?” mormorò Mickey, lanciando di nuovo un’occhiata molto curiosa al Dottore, che non tradiva nessuna emozione, come se non stessero nemmeno parlando di lui.
“Digli che Korshei è interessato, e vedrai come ritorna di corsa!”
Relena si limitò a sorridere.
Il Dottore invece strinse i pugni e il suo sguardo diventò gelido. Mickey, che ancora lo stava guardando, distolse subito lo sguardo. Chiunque fosse Korshei, non era un amico.
“Quei due sono rivali fin da prima dell’Accademia Prydoniana, sempre a cercare di superarsi a vicenda. Dubito la finiranno mai… e tu ne sai qualcosa, eh, Relenaswatisaram?” ridacchiò Rath.
Relena stava per rispondergli a tono, ma girò la testa nel momento meno opportuno. Non vide un sasso che sporgeva dal terreno, e finì con l’inciamparci… La donna si vedeva già a terra coperta di polvere, quando sentì una mano afferrarla con forza all’avambraccio, impedendole di cadere. Relena si voltò per vedere chi l’avesse aiutata, e si trovò a fissare gli occhi azzurri del terzo sconosciuto. Di nuovo la sensazione di famigliarità la travolse. La sua testa stava cercando di dirle qualcosa… ma cosa?
“Grazie” mormorò Relena, fingendo poi di levare della polvere dal vestito. Tutto, pur di non guardare di nuovo quell’uomo negli occhi. Il Dottore però non aveva ancora lasciato andare il suo braccio, e - incredibile a dirsi – suo fratello dovette lanciargli un’occhiata rovente affinché lo facesse. Già, era vero, Rath era molto protettivo di Relena. Avevano fatto gli studi assieme, erano entrambi guaritori, erano legati da una grande amicizia, e tutti credevano avrebbero fatto una splendida coppia… e invece…
Ma se ricordava giusto, non era l’unico a cui Relena aveva fatto girare la testa, e il solo pensiero lo rese cupo di nuovo. Non aveva pensato che il Maestro sarebbe stato presente anche lui. E Rani, con ogni probabilità, non era ancora stata esiliata per le sue ricerche. Korshei aveva colto ogni occasione per portargli via Relena, e Rani stava spingendo Relena a intraprendere la strada della ricerca. Non che ci fosse niente di male in quest’ultima cosa, anche lui sperava che Relena si desse alla ricerca, ma non voleva che fossero Rani e le sue teorie a convincerla.
Relena, la benedicesse il cielo, li vedeva come amici, ma niente levava dalla testa al Dottore che fosse soltanto uno stratagemma per arrivare a lui.
Il gruppetto rimase in silenzio fino all’ingresso a Gallifrey. Lì, finalmente, Relena si rilassò. Era tornata nel suo elemento.
“Se qualcuno non apprezza di tornare in questa meraviglia di città dopo un soggiorno forzato in quella landa deserta e polverosa, mi offro volontaria io per aprigli la testa e vedere che ha dentro!”
“E io ti passerò il bisturi, Relena… oh-oh.”
“Cosa c’è?” domandò Relena, guardando nella direzione di Rath. S’illuminò quanto Rath – e il Dottore – diventarono scuri. Ad avvicinarsi, a passo leggermente di corsa, era una splendida donna dai capelli rossi, raccolti sulla testa in quella che una volta era una pettinatura ordinata e ora era semi disciolta, ma che nulla toglieva al suo fascino.
“Relena, che piacere vederti, stavo venendo a cercarti!”
“Rani!” esclamò Relena facendo un cenno di saluto. Rath si mise in disparte con Mickey, il Dottore e Jackie, ma continuava a lanciare occhiate non molto amichevoli alla donna, che invece parlava e rideva con Relena.
“E quella chi è?” domandò Jackie.
“Il suo nome, mi pare sia Ushas… ma per tutti, da tempo è solo Rani.”
“Rani significa ‘Regina’” disse il Dottore. “C’è qualche motivo per cui ha deciso di chiamarsi così?”
A Rath non sfuggì la nota sarcastica, e gli rivolse un sorriso “A parte un ego più grande di quello di mio fratello? Beh, Theta pensa che Rani non stia facendo niente di buono nel suo laboratorio, e neanch’io, mentre Relena… beh, è Relena. Non sarebbe lei, se non desse a tutti almeno un’altra chance… e un’altra… e un’altra…”
“È giovane. Muterà opinioni.”
Rath annuì “Sai, anche mio fratello dice le stesse cose. Con le stesse parole.”
Il Dottore si diede dello stupido. C’era mancato poco, troppo poco! Era questo il motivo per cui non era mai voluto ritornare su Gallifrey nemmeno una volta, anche solo per dire addio. Sapeva che non sarebbe riuscito a non tradirsi, e ora ne aveva la riprova. Doveva fare attenzione. Anche se faceva un male d’inferno.
“Davvero? Allora dovrò conoscerlo.”
“Aspetta e spera. Quando se n’è andato parlava di una tempesta di plasma nel quadrante nord-nord- est della Galassia di Andromeda… da quel genere di avventure si sa quando parte ma mai quando torna, e mi domando sinceramente come faccia Relena. Non è bello essere lasciati indietro.”
In quel momento Relena salutò Rani, che proseguì per la sua strada. Salutò anche Rath, che ricambiò senza molto entusiasmo, e lo sguardo della donna si soffermò brevemente sulle due figure incappucciate, e sull’uomo che stava loro accanto. Lui in particolare.
A parte essere da molto tempo a questa parte l’unico essere vivente di genere maschile a trovare di suo gusto, aveva qualcosa che non riusciva a inquadrare.
Il Dottore cercò di resistere all’esame di Rani senza esplodere, e le fece un cenno di saluto con uno dei suoi soliti sorrisi. Rani immediatamente si dileguò, perché nessuno si accorgesse di cosa stesse facendo, ma si voltò un paio di volte per osservare meglio quell’uomo.
Sì, decisamente qualcosa le sfuggiva.
Poco male, pensò. Le cose che mi sfuggono, raramente lo fanno a lungo.
E distese le labbra in un sorriso che niente aveva di rassicurante.



 
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LaurieLo
view post Posted on 3/6/2006, 12:10





ancora ancora!!
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 8/6/2006, 17:05




Ragazze... Son partita per la tangente, ovvero a scrivere il finale. Se ritorno in carreggiata, posto la parte nuova dopo l'esame di Storia contemporanea.

Ciao!
 
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LaurieLo
view post Posted on 8/6/2006, 17:59






moriremo nel frattempo di curiosità, ma ti capiamo!
 
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maritahouse
view post Posted on 8/6/2006, 22:02




ok Jade, vada per l'esame (in bocca al lupo) ma solo se prometti che poi (si certo, dopo che ti sarai ben bene riposata) continuerai con la storia... mi piace troppo!
 
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Jade_Cameron
view post Posted on 20/6/2006, 12:57




Rieccomi qui!
Un esame andato, alla fine della sessione ne mancano ancora due... speriamo bene.
Intanto, ecco la nuova parte!

Quando arrivarono all’ospedale, a Jackie ci vollero un paio di minuti per convincersi che quello era realmente un ospedale. Era grande, luminoso, immerso in un’area verde e apparentemente separato dal resto della città, perché non si avvertiva nessun suono proveniente dall’esterno. Sorridendo soddisfatta dell’ammirazione che i visitatori dimostravano al suo regno, Relena fece sedere il Dottore di fronte a lei, e iniziò a curare la sua mano.
“Sono un’esperta mio malgrado con questo tipo di lesione. Mio marito se le fa di continuo.”
Mickey e Jackie si voltarono di scatto e urlarono all’unisono “MARITO?!”
Relena, esasperata, li guardò come se fossero impazziti “Vi sembro troppo giovane anche per questo?”
“Ecco, no… ma…” balbettò Mickey, guardando Jackie in cerca di aiuto.
“Ma non hai la fede al dito!” buttò lì la donna, e Mickey annuì vigorosamente.
Allora Relena mostrò la sottile catenina che portava al collo sotto i vestiti, e i due anelli appesi. Jackie li guardò con tanto d’occhi: il primo, che doveva essere quello di fidanzamento, era di quello che a lei sembrava oro, con tre – almeno così pensava, non sapeva quale fosse la gemma per i fidanzamenti per gli alieni – diamanti. L’altro non aveva pietre, era un anello molto elaborato con inciso uno stemma.
“Così so sempre dove sono” disse Relena rimettendoli a posto, e tornando ad occuparsi della mano del suo paziente.
“Scelta saggia” commentò debolmente Jackie, sedendosi. Mickey era ancora sconvolto.
La sua ragazza, che lui aveva creduto morta – e visto morire, tra le altre cose – era viva, e sposata ad un alieno.
Faceva fatica a pensare a come potesse andare peggio.
“Il motivo sull’anello” chiese Jackie “che significa?”
“Lo avete già visto. Si trova sulla tomba di Rassilon, dove ci siamo incontrati… è il suo sigillo. Il Dottore ha pensato che fosse appropriato, visto che mi hanno trovato lì.”
“Non capisco. Che c’entra il Dottore con tuo marito?” domandò Jackie, confusa, e il Dottore s’irrigidì, desiderando ardentemente di fuggire…
“Oh, parecchio, visto che il Dottore è mio marito.”
Mickey, che si era domandato come la cosa potesse andare peggio, aveva appena ottenuto la sua risposta.

Relena, che non aveva idea di cosa avesse appena detto, finì di medicare la mano al Dottore, e poi si alzò dicendo che doveva vedere un paio di cose e che poi potevano andare. Disse che sarebbe tornata subito, e li lasciò da soli.
Proprio quello che Jackie aspettava.
“Il Dottore è suo marito. C’è qualche possibilità che quel Dottore non sia tu?” domandò, avvicinandosi minacciosamente.
“No, direi nessuna… mi spiace” rispose il Dottore, sorridendole a mo’ di scusa, ma questo servì solo a far arrabbiare di più la donna.
“E da quanto lo sapevi?”
“Da quando l’ho rivista… ma Jackie” disse, improvvisamente serio “ti giuro di credermi, non sapevo fosse Rose. Quando l’ho incontrata ho pensato ad un caso, una somiglianza fortuita, mai sarei andato a pensare una cosa del genere.”
Mai avrei pensato che la donna che amavo e la ragazza di cui mi sono innamorato fossero la stessa…
“Rose è tua moglie…” balbettò Mickey. “Balle, tu lo sapevi fin dal principio, l’hai vista e te la sei presa, e chi se ne frega del resto! Di chi si lasciava dietro! O della possibilità che questa volta lei potesse amare qualcuno che non fosse…”
Mickey stava per dire ‘che non fosse te’, ma non ebbe il coraggio di continuare. Il Dottore, furioso, si era alzato in piedi e aveva sollevato Mickey per il collo della maglietta.
“Ho detto che non lo sapevo. E se ben ricordo, non ho obbligato nessuno a seguirmi o ad entrare nel Tardis” commentò senza levargli gli occhi di dosso.
Mickey deglutì nervosamente. Gli occhi del Dottore si erano ridotti a due fessure gelide, e ci sarebbe voluto un uomo ben più coraggioso di lui per anche solo pensare di dirgli qualcosa come ‘Ti prego, scusa, mettimi giù’.
Fortunatamente il Dottore decise che non sarebbe venuto niente di buono dal prendersela con Mickey l’Idiota, e gli rifece toccare terra. Quando Relena ritornò, qualche minuto più tardi, non c’era più nessuna traccia dello scontro appena avvenuto.
Mickey però era ancora risentito. Guardava il Dottore fissare Rose – quella era Rose, non Relena, non gli importava quel che dicevano gli altri – come un ragazzino al primo amore, e aveva solo voglia di colpirlo… anche se il Dottore aveva dimostrato ampiamente che da uno scontro fisico non sarebbe di certo stato lui quello a uscire ammaccato.
Ma Relena non rimase sola con loro a lungo. Dalla stessa porta arrivò un uomo dai capelli e gli occhi scuri, con un pizzetto curato. Anche lui aveva la stessa ferita sulla mano, constatò il Dottore con rabbia. E sapeva che non era un caso.
“Grazie, Relena. Non ho idea di come abbia potuto essere tanto distratto…”
“Ah no? Perché è la terza volta in un mese, Korshei.”
“Beh, un’idea ce l’ho sul perché abbia sempre la testa altrove…” disse Korshei sorridendo maliziosamente. Relena gli sorrise brevemente, cercando di non dare a vedere che era a disagio. Il Dottore semplicemente desiderò che la sua versione più giovane entrasse e rompesse la faccia al Maestro, che ci stava provando con sua moglie. Ma, se ricordava giusto, lui doveva essere da qualche parte nell’anno 6500… uscito dalla tempesta di plasma, gli era sembrato un peccato non andare a vedere la rivolta degli Arquiliani…
“Sono sempre sposata” disse Relena, finendo di medicare la ferita. Korshei le afferrò la mano.
“Sì, ma non con me. Io non ti lascerei mai da sola… come invece fa lui.”
“Sfortuna vuole che sia innamorata persa, allora. La prossima volta, metti una protezione.”
Vedendo che la conversazione non andava dove voleva, Korshei salutò Relena e se ne andò. Neanche aveva notato gli estranei assieme a loro nella stanza, e fu un bene. Se avesse rivolto la parola al Dottore, sarebbe stata una tragedia.
“Capita spesso che parta all’attacco?” domandò a Relena, cercando di mascherare il risentimento.
“Abbastanza. Non accetta che non abbia scelto lui quando ho avuto l’occasione. È ricco, aristocratico, ben inserito, benvoluto dal Consiglio…”
“Sarebbe stato meglio” commentò Jackie fissando il Dottore, giustificandosi poi con Relena dicendo che, vista la sua situazione, le avrebbe garantito maggior appoggio.
“Può darsi. Ma non lo amo, non l’ho mai amato, e se il Dottore morisse domani non correrei di certo da lui. Credo invece che imparerei a portare il Tardis e me ne andrei. Forse così arriverei a capire perché non è mai voluto restare su questo pianeta in pianta stabile.”
“Ci soffri parecchio.”
“Sembra che non possa avere il Dottore senza avere anche il mal di cuore, Jackie, ma per avere l’uno posso anche sopportare l’altro. E ora, possiamo cambiare argomento?”

***

Sembra che non possa avere il Dottore senza avere anche il mal di cuore, ma per avere l’uno posso anche sopportare l’altro…


Il Dottore continuava a pensare a quello che aveva detto Relena, mentre li accompagnava per vie secondarie alla sua casa.
L’aveva fatta soffrire così tanto?
Relena non aveva mai detto niente. Neanche una parola… ma certi malumori di Rath parlavano anche per lei, a pensarci bene, visto quanto erano vicini i due. E lei non gli avrebbe mai chiesto di lasciare quello che per lui era vitale, anche se era quello che avrebbe voluto.
Erano stati degli incoscienti a sposarsi, anche se erano innamorati, ma che altro c’era da fare? Relena aveva rischiato di finire imprigionata, perché più di qualcuno non credeva alla sua amnesia e la credevano una spia, o peggio esiliata da qualche parte. E poi c’era Korshei, che aveva deciso di prendersi Relena solo perché il Dottore la voleva. Il matrimonio era stato visto da entrambi come l’unica soluzione per avere un po’ di pace, ma non sapeva di stare votando la sua dolce sposa ad una vita di perenne e dolorosa attesa e sé stesso ad un altrettanto eterno senso di colpa nei suoi riguardi per non poter cambiare la sua natura, nemmeno per lei.
Ma questo era già successo, molto tempo fa. Ora poteva solo guardare, e cercare di comprendere.
“Siamo silenziosi” commentò Relena, continuando a camminare.
Né Mickey, né Jackie e né il Dottore sapevano che risponderle. Avevano tutti qualcosa si cui meditare.
“D’accordo… per quanto strano che sia. La casa non è lontana.”
La casa, come Relena la chiamava, aveva le dimensioni di una piccola villa. Era bella, ma sembrava aver bisogno di un restauro. Il giardino invece era ordinato e curato, con due file di alberi dalla chioma argentea, ed erba verde mela.
“Sono io o sento profumo di mela?” domandò Jackie guardandosi intorno.
“È l’erba. Si chiama erbamela. Il Dottore me l’ha portata da un posto chiamato New Earth, ha attecchito subito… gli alberi invece sono di qua. E quelle” disse indicando del fogliame che sporgeva da un muro “sono il mio orgoglio. Un altro regalo del Dottore.”
“Cosa sono?”
“Rose” rispose il Dottore, prima di Relena.
“Esatto” fece lei, guardandolo strano. “E come lo sai?”
“Le foglie. ho riconosciuto le foglie."
"Sono rose di Kegron Pluva, piuttosto rare in verità. Ed è ancora più raro che attecchiscano da qualche altra parte, pertanto ucciderò chiunque si avvicini senza le dovute cautele.”
“Rose…” commentò Jackie tra sé e sé.
“E c’è un motivo particolare per questo regalo?” chiese il Dottore, che conosceva già la risposta.
“Beh, sì. ‘Rose’, rosa in inglese, è stata la prima cosa che ho detto quando mi sono svegliata, o così mi ha detto Theta, visto che è stato lui a trovarmi. E visto che un nome ce l’ho già, alle volte lui mi chiama Rose, come soprannome. Ma non stiamo qui, entriamo…”
Se la casa all’esterno poteva aver bisogno di qualche lavoro, non era così per l’interno, tutto nei toni del bianco. I muri erano ricoperti di scaffali ricolmi di libri, ed erano la costante di molte stanze attraverso cui Relena guidò i suoi ospiti.
“Leggete parecchio” commentò Mickey, guardandosi intorno. Incredulo. Ricordava ancora benissimo che Rose aveva lasciato la scuola senza nemmeno prendere il diploma per colpa di quel musicista che l’aveva lasciata in mezzo ai problemi. Pensare a lei come ad un medico, e in generale ad una donna di cultura… beh, era strano. E guardando Jackie, vide che più o meno stava pensando le stesse cose…
“Molti sono del Dottore… È praticamente un esperto in ogni cosa nota nell’universo. Certo, smettesse di stare sempre in giro e prendesse il suo posto nell’aristocrazia, come in molti vorrebbero, riuscirebbe a fare molto di più per il pianeta. Lui crede però che le risposte alle sue domande siano tutte lassù, e che questo non è realmente il suo posto.”
“Ma tu non lo credi” commentò il Dottore.
“Io credo che le risposte che uno cerca possano anche essere nascoste nei luoghi più remoti, ma che quelle per le domande più importanti alla fine scopri di averle sempre avute sotto gli occhi. Il punto è… come fai a trovarle, se sei alla ricerca di altro?”
“Dovresti dirglielo.”
“Non credo lo farò, invece. Deve arrivarci da solo.”
E ci arriverò, avrebbe voluto risponderle il Dottore. Ma per arrivarci dovrò perdere te, Rath, Lyria, tutta la nostra gente e Gallifrey.
Stava per dirle che forse sarebbe stato meglio dare voce a questi suoi pensieri – e al diavolo tutti i rischi di modificazione della storia – quando Relena si bloccò immobile all’entrata di una stanza. Mickey e Jackie superarono il Dottore per vedere che cosa Relena avesse visto, e videro che la stanza dove si trovavano adesso aveva solo pareti di vetro, alcune schermate da tende, ed era totalmente circondata dal giardino. All’interno, ogni vaso disponibile era stato riempito di rose rosse.
Relena distese le labbra in un grandissimo sorriso appena vide che da dietro una tenda era comparso qualcuno che non si aspettava di rivedere ancora per molto tempo.
“Oh mio dio, sei tu!” esclamò Relena correndo tra le braccia di suo marito, che l’abbracciò stretta sollevandola da terra.
“Mi dispiace di essere stato via così tanto, stavolta.”
“Voglio sapere tutto. Ma prima, devo presentarti delle persone…”
Il Dottore la rimise giù, e con aria confusa gli domandò di chi stesse parlando. Relena sospirò, e indicò i tre sulla porta.
“Ah. Vero. Scusate, non vi avevo visti” disse avvicinandosi.
Il Dottore guardò il sé stesso più giovane venire verso di loro. Vero, nove reincarnazioni fa aveva i capelli sul castano, leggermente rossiccio… mai più avuti da allora, un peccato. Con questa reincarnazione però aveva avuto il piacere di riavere i suoi vecchi occhi azzurri, gli stessi che li stavano fissando con curiosità.
“Molto piacere di conoscervi. E spero non vogliate tenere per voi come dei terrestri siano capitati qui… e vale anche per te, Rose.”
“Eccolo che inizia…”
“Sì, voglio sapere tutto di come tu, che hai sempre seguito tutte le regole del Consiglio, le hai infrante senza battere ciglio per portarli qui.”
“Mi appellerò alla loro clemenza, e scaricherò le mie colpe sulla tua pessima influenza.”
“Sì, fallo. Cercano da sempre un motivo per allontanarmi, forse sommandolo agli altri…”
Osservare e comprendere, si ripeté il Dottore osservandoli.
Anche se faceva un male d’inferno.

Edited by Jade_Cameron - 20/6/2006, 16:14
 
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